Enjoy food, travels and life

Dall'albergo di Foz do Iguaçu, ancora intontiti, chiamiamo un taxi alle sei di mattina per farci portare alla rodoviaria, stazione degli autobus, dove il giorno precedente abbiamo comprato i biglietti del pullman che ci avrebbe condotto alla prossima nostra meta: Curitiba. Si tratta di una grande città cosmopolita a sud del Brasile, famosa per il suo animo "green" attento alla salvaguardia dell'ambiente, di cui ci avevano parlato veramente bene e che avevamo deciso quindi di visitare.

L'autobus, grande e spazioso, è soprattutto molto pulito. Il viaggio che ci attende è lungo e cerchiamo i posti davanti al secondo piano per poter allungare le gambe. Lungo il tragitto la nostra attenzione viene catturata da una cosa molto curiosa: da una macchina completamente scassata, coinvolta in un incidente con un'altra macchina fantasma (ossia già volatilizzata), vediamo un paio di persone che incuranti dei danni all'auto, si caricano in braccio stecche e stecche di sigarette e scappano via correndo ai lati della strada scomparendo nella vegetazione.
Alcune stecche nell'urto si sono aperte e hanno sparpagliato il loro contenuto sull'asfalto; nessuno si ferma, il traffico incuriosito rallenta leggermente, ma poi prosegue. Probabilmente abbiamo appena assistito ad un incidente di percorso di alcuni contrabbandieri di sigarette. Poco più avanti troviamo un'altra auto che fa scendere un uomo che ancora una volta scappa correndo a più non posso con il suo grosso carico nel bel mezzo della vegetazione scomparendo in un nanosecondo.

A parte questa cosa inconsueta la prima parte del viaggio trascorre nella monotonia totale, con poche e brevi soste (scandite perfettamente nei tempi dall'autista) fra cui una anche per il pranzo, con il paesaggio che alterna colline a zone più pianeggianti, fino alle montagne dove Curitiba svetta ad una quota di oltre 900 m.

Poco dopo essere ripartiti veniamo fermati dalla polizia che ci informa che è in corso un'ispezione. "Che sia per via dell'incidente di prima?", "Saranno mica loro a mettere qualcosa nel vano valigie e poi a tirarci grane?" (alcuni amici ci avevano messi in guardia anche su questa possibilità). Gli agenti non solo ispezionano il vano al di sotto dell'autobus rovistando fra valigie e borsoni, ma salgono anche per ispezionare sedili, cappelliere e tutti i nostri volti, guardandoci lentamente uno per uno.

A causa di questa ispezione, dove l'autista è stato intrattenuto a lungo, abbiamo un'ora di ritardo sulla tabella di marcia e arriviamo a destinazione stanchi morti, quando ormai è calata la sera.

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Dopo esserci ripresi dalle oltre dodici ore di gambe rattrappite, chiappe quadrate e schiene contorte, nonostante lo spazio privilegiato, andiamo alla scoperta della città rigorosamente a piedi, che contrariamente al viaggio estenuante appena concluso si rivela subito per quello che è: piacevolissima!
Siamo ammaliati, affascinati da tanto verde, pulizia e cura.
La prima nostra meta è il Bosque João Paulo II, parco dedicato a Papa Giovanni Paolo II e inaugurato nel 1980 proprio in occasione di una sua visita.
Il parco, a ingresso gratuito, commemora i numerosi immigrati polacchi in questa città praticamente con un museo all'aperto, attraverso la ricostruzione di una serie di "casette" arredate con oggetti d'epoca nello stile del tempo in cui arrivarono i pionieri alla fine dell'Ottocento.


Poco dopo visitiamo l'Opera de Arame, una struttura adibita a splendido teatro completamente realizzata in tubi di ferro e inaugurata nel 1992. Intorno ad essa c'è la possibilità di fare una breve passeggiata immersi nel verde fra fontane, una cascata di svariati metri di altezza ed un laghetto dove pullulano pesci di dimensioni davvero ragguardevoli.


Per pranzo ci fiondiamo in una churrascaria che ci avevano consigliato. Come noto, ci hanno continuato a portare cibo sino a che non abbiamo dato segno di essere sazi. La carne era di una bontà stratosferica, tenera e succosa e il buffet curato e ricchissimo.
Nel pomeriggio veniamo condotti (nonostante non amiamo particolarmente questi luoghi) a visitare il parco zoologico dove vediamo una marea di animali rari e davvero splendidi, che sicuramente in natura non avremmo mai avuto occasione di vedere così da vicino.

Infine visitiamo lo stupendo Jardim Botânico, un immenso giardino botanico/parco con laghetti, fiori e piante di ogni genere. Un luogo straordinariamente curato in ogni dettaglio dove rimaniamo incantati.


Entriamo nella serra principale caratterizzata da un'architettura davvero particolare in ferro e vetro e poi, sebbene il tempo stia volgendo al peggio, trascorriamo un bel po' di tempo passeggiando fra le file dei giardini profumatissimi, o sulle sponde di laghetti che abbelliscono il parco. Questo luogo ci regala sensazioni bellissime.


A corredo di questa meraviglia si staglia tutto intorno lo skyline della città con i suoi alti grattacieli e la sua modernità da un lato, e case più basse e quartieri prettamente residenziali da un altro.

Mentre lascio ancora qualche immagine del parco faccio un breve racconto della nostra seconda giornata. I nostri ospiti ci portano a pescare in una fantastica tenuta privata dove in due (o tre? non ricordo) laghetti si trovavano pesci di varie specie e dimensioni. Dopo un primo rifiuto da parte nostra nel provare a pescare qualcosa, ma vista l'insistenza, la gentilezza e l'ospitalità, per non risultare sgarbati decidiamo di provarci anche noi, ammettendo (non so se per fortuna o per sfortuna) di ottenere pessimi risultati. Io ne prendo tre, Massimiliano altrettanti, ma i nostri ospiti ci deridono un bel po' visto il loro numeroso "bottino". Ogni volta che prendono un pesce, tolgono l'amo e lo rigettano in acqua. Ci metto un po' a trovare il coraggio per salvare la mia seconda e terza preda togliendo l'amo da sola dalla bocca del pesce, dopo aver fatto un po' di pratica coercitiva su quelli pescati da uno dei nostri ospiti.


L'ospitalità qui è senza dubbio sacra. Siamo trattati da re, accolti da sorrisi, abbracci, un sacco di domande e travolti da una montagna di cibo buonissimo.
Per restare in tema di cibo favoloso, la sera successiva siamo condotti nel quartiere di Santa Felicita, pieno straripante di ristoranti giganteschi che, a detta di chi ci fa da cicerone, riescono a coprire anche quattromila coperti alla volta grazie alle loro numerosissime ed ampie sale. Inutile dire il numero di personale che lavora in questi luoghi, camerieri per le varie sale e cuochi per le varie cucine (sì più di una!).

Il ristorante in cui entriamo noi è non solo effettivamente gigantesco, ma anche lussuosissimo; sta ospitando almeno tre matrimoni (che non sono mica a numero ristretto!) contemporaneamente e in cui penso di aver trovato le persone più eleganti che abbia mai visto, al massimo forse su qualche rivista patinata in occasione di qualche gala.
Fortunatamente all'ingresso nessuno ci squadra per come siamo vestiti, perché mai e poi mai nella mia valigia per questo viaggio all'avventura avevo messo qualcosa di elegante.
Siccome vogliamo offrire noi la cena, dopo tanta gentilezza per i giorni trascorsi, siamo comprensibilmente molto preoccupati all'idea di dover lasciare un rene ciascuno e di dover fare i lavapiatti per i sei mesi successivi per poter pagare il conto. Inutile dire che la cena è favolosa, i camerieri continuano a passare offrendo prelibatezze a cui è davvero difficile resistere. Dopo qualche giro cerco di chiedere porzioni ridotte per poter assaggiare il ben di Dio che ci stanno servendo. Alla fine della cena proviamo a pagare, fallendo miseramente, ma almeno riusciamo a vedere il conto: 125 Reais per cinque persone!
25 Reais a testa (col cambio del periodo circa 10 €): niente per quello che ci hanno dato da mangiare, la qualità del servizio e la location! Siamo sbalorditi!


L'ultimo giorno saliamo sulla Torre Panoramica della Brasil Telecom, il cui tariffario potete trovarlo al link indicato. Il visitatore ha la possibilità di salire fino a 95 m di altezza, quota dalla quale si gode di una splendida vista della città praticamente a 360°. Una volta ridiscesi facciamo una passeggiata nei dintorni godendoci le ultime ore in questa meravigliosa città.


Curitiba ci è piaciuta moltissimo: è grande, moderna e straordinariamente pulita, soprattutto se confrontata con le altre grandi metropoli brasiliane; inoltre è una città verde, piena di parchi bellissimi. L'unico neo è il traffico e il conseguente inquinamento. Nonostante che sia dotata di uno dei sistemi di gestione del traffico e dei mezzi pubblici più avanzati al mondo con rete capillare e intuitiva, lo smog purtroppo rende l'aria irrespirabile in certe zone particolarmente dense e frequentate.

Una piccola nota finale davvero curiosa che ci hanno raccontato i nostri ospiti e di cui, ovviamente, non sappiamo stabilire la veridicità è che se in Amazzonia lo scoppio dei mortaretti significa, come mezzo di comunicazione fra villaggi, uno specifico avvenimento come per esempio l'arrivo o la partenza di un prete missionario, qui a Curitiba significa: "E' arrivata la droga!"

E dulcis in fundo: se qualcuno vi fa un gesto del tipo OK con le dita congiungendo indice e pollice a cerchio e le altre dita alzate, ma con il palmo rivolto verso l'alto, non vi sta dicendo che è tutto a posto, né facendovi un complimento, ma vi sta mandando a quel paese. (Marçia docet, siete avvisati!)


Le castate di Iguaçu sono uno spettacolo visto il quale ogni altra cascata al mondo sembra un misero rivoletto d'acqua. La loro portata è incredibile, la maestosità impressionante, la vista indimenticabile.
Queste cascate sono composte da un sistema di 275 cadute, fino ad un'altezza di settanta metri, del fiume Iguaçu.
Il panorama è mozzafiato e il complesso è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.

Il turista ha la possibilità di visitarle sia sul versante argentino che quello brasiliano, nonché da sotto con i battelli che viaggiano proprio al di sotto delle cascate nelle acque torrentizie.
Sebbene che siamo andati nella stagione secca lo spettacolo è stato comunque impressionante.

cascate di iguaçu magnifiche gigantesche brasile acqua

La maggioranza delle cascate ricadono nel territorio argentino, mentre dal lato brasiliano in assoluto si gode della visione più panoramica. E' bene ricordarsi di portare un buon impermeabile perché gli spruzzi e il vapore che resta nell'aria inzuppa i vestiti. C'è anche la possibilità di acquistarne sul posto se se ne è sprovvisti. Noi eravamo fra i pochi attrezzati.


Vale poi anche la pena visitare la diga di Itaipu che non a caso è stata inserita nelle sette meraviglie del mondo moderno. Una diga gigantesca che per un bel periodo è stata fra le più grandi al mondo.
Un tour organizzato permette di fare un giro con guida tutto intorno alla diga.



Oramai c'eravamo abituati: ad ogni città che visitavamo il caldo cresceva sempre più. A Brasilia, una volta scesi dall'aereo, ci aspettavamo di trovare oramai una temperatura che rasentasse i 45 °C e un'umidità del 98%. E invece con nostra grandissima sorpresa all'uscita dell'aereo abbiamo trovato una meravigliosa temperatura tiepida, vivibile, respirabile, irreale.
Il nostro primo pensiero è stato all'unisono: "Questa città è un paradiso!"
Ancora intontiti dal piacevole frescolino, abbiamo continuato a zonzolare per le parti ombreggiate dell'aeroporto, quasi avessimo paura di entrare in contatto con il sole cocente e di scoprire che la nostra non era che una pura illusione. Approfittando della passeggiata aeroportuale siamo andati in cerca di informazioni sul futuro luogo in cui avremmo posato le valigie per la notte.
Abbiamo deciso di soggiornare in un hotel in pieno centro al quale siamo arrivati con un comodo taxi. Dopo i giorni trascorsi abbiamo infatti deciso di trattarci bene e di prendercela con calma nonostante il brevissimo soggiorno che ci aspettava.

Stufi di "riso, fagioli e pesce", o di "pesce, fagioli e riso", o di "fagioli, pesce e riso" provati in tutte le salse nei giorni precedenti (salvo due sporadici salti in altrettante miracolose churrascarie) ci siamo rifugiati in un fast food che ci ha regalato un pasto "liberatorio" e molto apprezzato dai nostri stomaci affamati.

Una volta ben rifocillati abbiamo deciso di salire sulla torre della televisione dalla quale si riesce godere di una meravigliosa vista della città.

Brasilia capitale del Brasile viaggio città cosa vedere

Siamo poi passati a visitare la famosissima Cattedrale Metropolitana, molto bella, e la piazza dei Tre Poteri in cui risiedono i palazzi amministrativi del Brasile: Parlamento, Governo e Palazzo di Giustizia.
Infine siamo tornati alla piazza della Biblioteca Nationale.


Ed ecco la vista dell'alba e della notte dalla nostra camera di albergo.


Impressioni su Brasilia:
Si dice che Brasilia sia una città poco movimentata, soprattutto nei fine settimana poiché essendo puramente amministrativa si svuota proprio il sabato e la domenica.
Possiamo effettivamente confermare che è così: nei weekend è tranquilla, per niente caotica praticamente deserta. Gli spazi sono enormi e le distanze molto grandi, soprattutto per chi come noi si sposta prevalentemente a piedi. L'impressione è comunque quella di una città senz'altro moderna e cosmopolita, fin troppo ordinata e rigorosa, quasi fredda per essere una città brasiliana. Nel complesso, complice anche il fresco che abbiamo trovato, ci è piaciuta molto... nonostante fosse domenica!


Sarò sincera: sono una un po' maniaca dell'ordine e della pulizia questo è vero, ma quando viaggio son capace di adattarmi a qualsiasi situazione, anche le peggiori. Dico sul serio. O almeno fino al viaggio che da Manaus ci ha portato a Careiro Castanho, un paese situato nella foresta amazzonica.
Ognuno di noi probabilmente ha un limite oltre il quale scatta una soglia di sofferenza e io qui credo di esserci andata molto vicina. Mi sono davvero messa alla prova.
Altrettanto non racconterebbe Massimiliano e questo lo scrivo per sottolineare il fatto che ognuno di noi può percepire la stessa esperienza in maniere differenti, ma soprattutto per non spaventare il lettore che dovesse intraprendere lo stesso viaggio. A casa in fondo ci sono tornata sanissima e salvissima e per giunta con un bagaglio di ricordi ricchi e stupendi.

Il nostro viaggio in direzione Careiro Castanho è iniziato dopo un breve giro fra le bancarelle del mercato centrale dove si può trovare ogni genere di frutta esotica e pesce.
Siamo scesi al porto di Manaus dove, dopo un'attesa snervante di un'ora e mezza sotto il sole cocente, ci siamo imbarcati su un traghetto strapieno di gente per attraversare il rio Solimoes e attraccare dopo un'ora circa in corrispondenza della Transamazzonica.
Pur di non perderci l'incontro delle acque fra il rio Solimoes e il Rio Negro, le cui acque di colori diversi si incontrano senza mescolarsi per un bel po' di chilometri a causa delle loro diverse densità e composizioni, siamo rimasti a prua beccandoci spruzzi e schizzi e sedendoci in zone non propriamente da definirsi igieniche. Dall'incontro di questi due giganteschi fiumi nasce quello che poi chiamiamo il Rio delle Amazzoni.

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Dal km 0 abbiamo poi preso un pulmino, anch'esso pieno oltre la capienza massima, che ci ha portato a destinazione. I nostri zaini sono stati ammassati nella parte antistante del pullman e sommersi da tutti gli altri bagagli dei passeggeri. Erano entrati neri e ne sono usciti beige.
Una meraviglia appiccicarseli poi alle nostre schiene per altro madide di sudore.
I sedili del pulmino erano strettissimi e Massi ha viaggiato con le chiappe di un signore, rimasto in piedi nella corsia centrale, stampate sulla guancia per tutto il viaggio. Per non parlare del caldo che, se già umido e soffocante di per sé, veniva amplificato da quaranta persone ammassate che rendevano l'aria davvero irrespirabile. Son cose che segnano... sì, sì.

Durante il viaggio era prevista una sosta in cui i passeggeri potevano rifocillarsi e sgranchirsi le gambe. In molti punti lungo il tragitto la strada era dissestata poiché ancora reduce dai danni provocati dall'acqua alta (causata dalle forti piogge stagionali) che quando sale invade in molti tratti la carreggiata devastando ponti e attraversamenti.
L'asfalto per giunta è spesso notevolmente deformato dal calore, per cui a lato strada si formano avvallamenti simili a veri e propri scalini che possono raggiungere i trenta centimetri di altezza!


Giunti a destinazione siamo stati accolti dai nostri ospiti. La gentilezza e la cordialità sono in assoluto i pregi che contraddistinguono queste persone. Il calore da cui siamo stati avvolti è stato bellissimo, ognuno ci regalava sorrisi, strette di mano o abbracci. Dopo un breve giro dell'area siamo stati condotti alla nostra "prima casa", una struttura in legno in cui avevamo a disposizione una camera con bagno dal tetto in lamiera. Il giorno successivo siamo invece stati condotti in un container in lamiera dove era stato installato un impianto di condizionamento (in pratica la suite amazzonica!).

E dopo una doccia rigenerante, no anzi due, no tre, nooo innumerevoli docce rigeneranti per riuscire a sopportare il caldo e i vestiti che si appiccicavano addosso come se si fosse ancora sotto la doccia, è partita la nostra fantastica e indimenticabile avventura amazzonica.

Otto giorni densi, lunghi, in cui il tempo è scorso lentissimo, in cui ogni cosa era nuova e ciò che invece si conosceva già veniva vista e vissuta comunque con occhi diversi. Otto giorni in cui abbiamo visto un lato del mondo che davvero in pochi riescono a vivere, lontano dalla "civiltà" e dal mondo a cui siamo quotidianamente abituati, lontani da strade, cemento eccetera.

Per quanto difficile possa essere riassumere tutto in un breve post ecco quello che abbiamo fatto e visto (purtroppo le foto sono veramente poche).


1) Una passeggiata all'interno della foresta amazzonica lungo un percorso che si snodava fra un intrigo di alberi, foglie, liane e pieno di attraversamenti su ponti di legno pericolanti (ripeto che il periodo era quello di "acqua bassa"). Attraversando un ponte un chiodo arrugginito mi ha trapassato completamente il sandalo ed è uscito esattamente fra le prime due dita del piede. Sono stata fortunatissima perché non mi sono fatta male, ma è stata dura mantenere l'equilibrio su un tronco di poco più di venti centimetri di diametro per estrarre il sandalo dal chiodo ancora infisso nel legno e proseguire. Se fossi caduta avrei fatto un bel volo di un metro e mezzo su un torrente in secca fra rami e stecchi secchi acuminati.

Per terra spesso i nostri piedi venivano punti da formiche rosse. La loro puntura provocava un dolore acuto ma fortunatamente breve e comunque sopportabile. Il bruciore durava solo pochi minuti. Il problema è che probabilmente queste formiche avevano una tattica di attacco ben consolidata visto che non facevo in tempo a farmi passare il dolore di una puntura che subito dopo ne beccavo un'altra.

Qui sotto ecco un esempio di ponte in legno ancora in buone condizioni.
Lascio immaginare gli altri...


Lungo il tragitto, a dir poco labirintico, siamo stati accompagnati dal nostro contatto e da un gruppetto di bambini che fungevano da guide negli intrighi della foresta. Non era facile infatti sapersi orientare nel sentiero fra rami e alberi caduti, ponti crollati e altri inconvenienti riuscendo a trovare percorsi alternativi. Io davvero non so come facessero.
Nella foresta abbiamo avuto occasione di scoprire un sacco di alberi e frutti particolarissimi. Quello che assomiglia a un riccio di mare che vedete fra le mie mani viene chiamato il "pettine delle scimmie" proprio perché le scimmie che saltano in giro utilizzano questo frutto per spazzolare il pelo o grattarsi.


La passeggiata nella foresta è stata fantastica ma tutt'altro che facile. Non solo per la pericolosità del percorso ma per il caldo soffocante che la foresta creava. Il fatto di essere all'ombra era infatti tutt'altro che confortante. Il tasso di umidità tra fogliame e alberi era incredibile. Nella prima ora di camminata sono riuscita a godere della bellezza della natura, mentre nella seconda ora non vedevo l'ora di tornare a respirare qualcosa che non fosse vapor acqueo.

2) Pesca sul fiume: un'esperienza a dir poco fantastica.
Qui si possono pescare una marea di varietà di pesci e vengono utilizzate sia reti che canne con esche.


La pesca dei piranha è stata divertentissima. Bastava infilzare all'amo un pezzetto di carne e lanciarlo in acqua che in poco tempo si sentiva tirare la canna. Altro che tempi biblici da pesca. Se uno ci sapeva un po' fare pescava a gogò. La nostra guida non faceva altro che tirarne su. Io e Massimiliano ne abbiamo presi due a testa, ma Massi è stato più fortunato perché è riuscito a prenderne di due varietà diverse: quello classico e quello con la pancia rossa.
Ovviamente il momento delicato era quello di staccarli dall'amo. I piranha sono pericolosissimi e i loro denti così affilati da lasciare cicatrici pazzesche (come ci ha fatto vedere il nostro accompagnatore sulla propria mano). Una volta tirati su quindi ci facevamo staccare il pesce e lo lasciavamo in mezzo alla barca senza toccarlo per un bel po' in modo da essere sicuri che fosse morto e che non avesse più riflessi incondizionati. I piranha sono buoni da mangiare, solo che sono pieni di lische. Tra la grande varietà ittica non sono considerati prelibati e quindi i pescatori generalmente li scartano per puntare su prede più grandi e carnose.


L'acqua è l'unica via di comunicazione, non esistono strade, ferrovie, né tantomeno aeroporti. Qui ci si muove in canoa a motore, con i ritmi lenti che ne derivano. Lungo le nostre uscite in barca ci siamo imbattuti molto spesso in altre imbarcazioni e con tutte c'è sempre stato un segno di saluto, una chiacchiera o uno scambio di battute.


Una delle nostre escursioni ci ha portato a quattro ore di distanza in barca dal centro cittadino in cui soggiornavamo: un luogo che credo davvero poche persone hanno avuto occasione di vedere e visitare. Un luogo affatto turistico dove le case sono capanne galleggianti totalmente prive di impianti elettrici e idraulici e in cui però sono immancabili le antenne paraboliche per vedere le imperdibili telenovelas alla TV. Questo popolo è davvero innamorato della TV e soprattutto di queste serie televisive amorose infinite. Tutti i sistemi elettrici sono quindi alimentati da motori a gasolio.


Giunti alla nostra meta dispersa (non saprei nemmeno ripetere il nome o indicarlo su una carta viste le innumerevoli deviazioni che abbiamo preso lungo i fiumi che abbiamo attraversato) nella foresta, ho scioccamente chiesto di potermi lavare le mani prima di pranzo.
La signora che vedete imboccare la bambina qua sotto mi ha condotto in "cucina" e messo davanti a due bacinelle piene di acqua torbida. Nella vasca più grande nuotavano tre pesciolini. La signora mi ha dato in mano una tazza e mi ha mimato il gesto di lavarmi le mani con quell'acqua.
Per loro quell'acqua era pulita, da bere, quella con cui lavarsi e cucinare. Ovviamente per loro abituati e cresciuti con quel sistema. Per noi sarebbe stata solo dissenteria pura.
Pur di non sembrare scortese ho comunque sciacquato le mani e mi sono diretta al tavolo dove ci hanno servito pesce e succhi di frutta.

Una piccola parentesi proprio su questi succhi è d'obbligo. Sono molto più densi dei nostri e straordinariamente dolci, quasi stucchevoli. Per noi però costituivano l'unica cosa che potevamo bere in sicurezza e così nonostante la sete per il caldo e il sudore ci siamo rifatti a queste creme tutt'altro che dissetanti, ma comunque molto buone e ricche di sali minerali e vitamine.

Anche qui siamo stati sommersi da gentilezza, sorrisi e tanta tanta cordialità. Siamo stati osservati in tutto e ogni nostra mossa veniva seguita con molta curiosità.


Un'altra cosa di cui vale la pena di parlare è la deforestazione. Tornati in Italia in molti ci hanno chiesto: "Ma è vera? Esiste? E' un reale problema come dicono?" E la nostra risposta è sempre stata: "Sì, lo è!" Chilometri e chilometri di strade sono state costruite o erano in corso di costruzione ancora mentre noi passavamo di là. Ai lati di queste strade, laddove prima c'erano piante, vegetazione spontanea e tanta biodiversità (fra la più bella e varia al mondo) c'erano ettari e ettari di palmeti o pascoli.


E poi lo sapete che siamo fuori di testa no? Ecco!

3) Beh voi come li chiamereste due che si mettono a fare il bagno fra piranha e jacaré (caimani)?
Sì, lo abbiamo fatto e questa foto qui sotto ne è la prova.
Lo rifarei? No! Adesso dopo averli pescati e visto la varietà di pesci brutti e pericolosi che popolano queste acque credo che non lo rifarei.
E' che alcuni signori che abitano lì e che fanno il bagno quotidianamente ci avevano assicurato che in tanti anni a loro non era mai successo niente. I piranha non attaccano se non c'è sangue e i caimani non attaccano praticamente mai così vicino alle case e per giunta di giorno.
E così ci siamo buttati.
Ma la cosa che mi ha impressionato di più è stata (e da lì ho capito la pericolosità della situazione) il fatto che una madre, quando ha visto che i suoi bambini avevano deciso di seguirmi per vedere che andavo a combinare nell'acqua, si è fatta il segno della croce.

Una nuotata breve la mia, ero veramente impaurita soprattutto dal fatto che, essendo il periodo dell'acqua bassa in un anno per altro eccezionalmente secco, avrei potuto urtarne uno dei molti stecchi nell'acqua e quindi ferirmi e dire così "ciao ciao" alla vita.
Altra cosa incredibile è stata il mio colore una volta tornata a riva. Io che sono bianchissima di carnagione quando sono uscita dall'acqua ero di una tonalità color caffelatte: ogni pelo del mio corpo aveva trattenuto fango, così una volta indossati i vestiti (ovviamente senza doccia) ero tutta color beige, capelli e vestiti (ex bianchi).


Un regalo che la piccola combriccola che ci ha ospitato ci ha fatto è stato quello di darci la possibilità di fare 4) un saluto in diretta su Radio Castanho. Tre parole in croce di portoghese e massimo imbarazzo, ma anche questa è stata una di quelle cose che non dimenticheremo mai. :-)


E per concludere in bellezza con la serie "incontri ravvicinati" mentre ci stavamo recando a casa di un amico, un pipistrello si è fiondato addosso a Massimiliano e gli si è attaccato alla maglia. Ovviamente il nostro amico è accorso per aiutare Massi e mentre ci diceva "No, non fa niente, è una creatura di Dio", si levava una scarpa e lo prendeva a legnate per scacciarlo. Ci ridiamo su ancora adesso!


Non so esattamente dire che cosa mi aspettassi dalla capitale dell'Amazzonia, ma di certo non quello che abbiamo trovato. Al di là del caldo che incredibilmente cresceva a ogni città che visitavamo, abbiamo trovato una città bella, moderna e gigantesca.

Uno dei posti che abbiamo visitato subito è stato il mercato, ormai praticamente in chiusura visto l'orario in cui siamo arrivati, dove c'era una forte puzza di pesce. Non tanto perché fosse sporco ma perché ogni minuscolo pezzo di pesce avanzato faceva una puzza micidiale con temperature così torride e umide. Il porto (attaccato al mercato), quello sì che puzzava e di tutt'altri odori... sì, insomma, non è il caso di raccontarli in un blog.

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Dai moli del porto abbiamo visto uscire persone completamente sommerse da sacchi enormi caricati direttamente sulle loro schiene inarcate anche a novanta gradi. Uomini già di per sé piccoli di statura assumevano pose contorte e piegate dal peso del materiale che trasportavano. Probabilmente procurarsi una bella ernia del disco andava di moda in quel periodo.

Davanti a noi c'era il Rio delle Amazzoni, il fiume più lungo al mondo e a vederlo da qui, nonostante l'acqua bassa, anche il più largo. La distanza fra le sponde è veramente tanta e la foto non rende merito a cotanta mole di acqua che scorre al secondo in un tratto di fiume.

Una volta usciti dal porto ci siamo imbattuti nella processione di Nossa Senhora Aparecida in cui una fila umana di genti in preghiera attraversava la città. Molte donne passandoci accanto mi hanno regalato rose, santini o nastri colorati, salutandoci calorosamente.


Ci siamo allegramente uniti allo spirito della processione seppur disinteressati e inizialmente neppure conoscendo l'esatto motivo di tutta quella "festa". Siamo così giunti al teatro Amazonas, splendida e gigantesca costruzione con un'immensa cupola dorata.


Davanti al teatro abbiamo deciso di sederci a bere qualcosa di rinfrescante e con mia molto (ingenua) sorpresa ci siamo imbattuti in una coppia di indios, probabilmente trapiantati in città ma con i volti completamente tatuati con disegni fitti e complessi e con le narici trafitte da stecchetti di legno appuntiti. Non so dire esattamente che cosa avessero tatuato anche perché credo che fosse davvero sconveniente farmi beccare a fissarli con aria curiosa. No, no, non si fa Elena. :-)

Un giro al mega centro commerciale della città non ce lo ha tolto nessuno, dopodiché siamo andati al giardino zoologico, piccolo e curato e dove purtroppo vedere animali costretti a vivere in gabbia non è mai bello. Infine la sera l'abbiamo passata a Ponta Negra, dove abbiamo ammirato uno splendido tramonto gustandoci una bibita fresca in un piccolo bar sulla spiaggia.


Una cosa che poi vale la pena (anzi diremmo più che è un obbligo fare) è cenare in una tipica churrascaria brasiliana. Il lauto pasto generalmente consiste in un buffet libero a base di verdure, formaggi, insaccati (talvolta sushi) e molto altro ancora, e in cui uno o più camerieri distribuiscono generose porzioni delle carni più disparate e succulente, passando e ripassando più volte fra i tavoli sino a che i vostri stomaci non grideranno pietà e sarete costretti ad alzare bandiera bianca. Generalmente il segnale che si dà al cameriere per dire che siete pieni è quello di girare un talloncino colorato, oppure esporre un cartoncino apposito lasciato su ogni tavolo. I prezzi della churrascaria che più abbiamo gradito, il "Boi Gordo", non sono stati esorbitanti e la qualità delle pietanze che ci hanno servito è stata ottima.
Una piccola curiosità: il bucato con nostra grande contentezza nel giro di tre ore era tutto asciutto, per cui chi come noi zonzolando per il mondo porta proprio l'essenziale ha un buon ricambio di guardaroba nel giro di pochissimo tempo senza lavanderie o asciugatrici.

Seconda piccola curiosità: i vestiti non ci vanno! Tutte le magliette (taglia XXL) che mi provo mi arrivano appena al di sotto dell'ombelico; peccato che questa moda sia passata da qualche anno. :-( Per Massimiliano poi non ne parliamo. Appena le commesse vedono questo possente vichingo biondo e con gli occhi azzurri scuotono la testa gentilmente dicendogli che per lui non c'è niente. Un battito di ciglia in più e staccavo la testa a tutte! La nostra tenacia comunque ci ha premiati e qualcosa alla fine, tira di qua e tira di là, ce lo siamo portati a casa.


La nostra seconda tappa è stata San Luis, capitale dello stato del Maranhão nel nord-est del Brasile. Per raggiungerla da Salvador abbiamo effettuato due scali: Fortaleza e Belèm. Se a Salvador faceva caldo a San Luis era ancora peggio; il sole cocente batteva sulle nostre teste imperterrito tutto il giorno e non sudare anche stando fermi era praticamente impossibile. La nostra camera da letto in albergo aveva l'aria condizionata ma il rumore una volta accesa era così forte e il flusso di aria fredda così sparato direttamente sul letto, che dormire in modo continuativo era praticamente impossibile. Se spegnevamo morivamo di caldo evaporando lentamente, se accendevamo sembrava di stare al Polo Nord davanti ad un motore di un Boeing 747: riposare è stata davvero un'impresa ardua.

Il primo impatto con la città non è stato dei migliori: le strade non erano curate, le case erano per lo più fatiscenti e nell'aria c'era odore di smog e rifiuti urbani in decomposizione. Il centro, la parte turistica della città, si è rivelato invece un bel posto in cui passeggiare e ammirare le case basse e colorate. I richiami alla cultura portoghese erano fortissimi e molto spesso si trovavano case ricoperte dei caratteristici azulejos tipici di Lisbona.

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Un posto molto tranquillo, spartano e senza pretese ma accogliente dove abbiamo mangiato e potuto nel frattempo osservare la vita delle persone del posto è stato il ristorante Catarina Mina. Il locale era piuttosto piccolo ed all'interno c'era un buffet con vari tipi di verdure, riso e carni. Il prezzo veniva calcolato in funzione del peso del cibo finale che si era deciso di consumare.


Per visitare al meglio la città abbiamo deciso di svegliarci presto la mattina per poter godere delle ore più fresche della giornata per poi rintanarci in qualche posto più fresco per mangiare o per leggere.

Uno dei musei che forse vale la pena visitare in questa città è il museo "del Negro", un museo piuttosto trascurato ma con pezzi molto eloquenti che narrano la storia degli schiavi africani che giungevano in America.

Uno dei pomeriggi che abbiamo passato a San Luis lo abbiamo trascorso ad osservare le persone e le scene di vita quotidiana. La popolazione è per lo più di carnagione scura o nera, di certe origini africane; le donne sono in prevalenza carine, piccole e a "mela", portano zeppe altissime anche da bambine e una cosa che ci ha colpito è che vestono con indumenti per lo più sintetici nonostante il caldo asfissiante.
Non è infrequente imbattersi in bambini lustrascarpe che attendono pazienti qualche vecchio che decide di farsele pulire. Hanno solo una piccola scatola di latta o legno piena di accessori sulla quale si siedono quando iniziano il loro lavoro o quando attendono il cliente successivo.

Abbiamo poi deciso di spostarci sulla costa a visitare la spiaggia "Litoranea", un'immensa distesa di sabbia bianca finissima costeggiata da una strada dotata anche di pista ciclabile oltre alla quale si ergono palazzi, grattacieli o ville splendide. Come al solito la distinzione fra zone ricche e povere è molto evidente.


Dopo una lunga passeggiata sulla battigia, abbiamo deciso di cenare in uno dei locali al di là della strada lungo la costa. Il piatto unico che ci hanno servito era ottimo, eccone una foto:


Il giorno successivo abbiamo deciso di partire alla volta di Alcàntara scegliendo come mezzo di trasporto il catamarano; in alternativa c'era un piccolo battello. Non avendo mai provato il catamarano non ci abbiamo pensato su due volte e abbiamo acquistato al volo i biglietti.
Ora io non so se il mare in questo tratto sia sempre così o se siamo noi che siamo stati sfigati ma fatto sta che ci siamo ritrovati all'aperto e in mare con onde che arrivavano a due metri di altezza. Eravamo terrorizzati! Un momento vedevo a fianco a me onde altissime (sopra la mia testa!) e un momento si andavano a infilare sotto il catamarano che oscillava vertiginosamente da una parte all'altra. Una roba incredibile da vivere; devo ammettere che questa imbarcazione è davvero straordinaria. Ci siamo un po' inzuppati, ma viste le condizioni del mare avevamo davvero il terrore di essere catapultati in acqua. Dopo circa un'ora di su e giù siamo finalmente giunti in questa tanto famosa città.


Purtroppo quello che dobbiamo raccontare di Alcantara non è molto positivo. La città era in totale decadenza, sporca e molto spesso si sentiva una puzza di fogna incredibile. Il sole era cocente e i tetti delle case non servivano nemmeno a ripararci con le loro ombre le spalle quando camminavamo costeggiando i muri.


Dopo un breve giro al museo storico abbiamo pranzato e poi abbiamo deciso di tornare al porto per attendere il mezzo che ci avrebbe (forse?) riportato a "casa". Sulla via del ritorno probabilmente abbiamo sbagliato strada e ci siamo ritrovati lungo una strada sulla quale si affacciavano baracche in argilla e paglia e i liquami scorrevano direttamente a lato della carreggiata.

Dopo aver snocciolato per dodici volte il nostro rosario di santi protettori tra cui ricordiamo San Capitano, San Vela, San Timone e San Ingegnere che ha progettato il catamarano ci siamo nuovamente imbarcati immergendoci nel mare di onde cupe. Il viaggio di ritorno è durato il doppio del tempo, quindi due ore, vuoi per la corrente stavolta contraria, vuoi perché un tizio su una canoa ha chiesto di essere trainato fino a largo. Chissà se è mai arrivato a casa con quella misera imbarcazione e con quelle condizioni avverse del mare. Sinceramente dubitiamo e optiamo più per un lauto pasto di squali o robe del genere.
La nota positiva è che abbiamo visto due delfini vicinissimi alla nostra imbarcazione che si tuffavano giocosi nelle onde del mare scuro. Davvero un'esperienza emozionante. Altrettanto non si può dire della nausea che ha assalito Massimiliano con tutto quel movimento.

La città infine ci ha dato un bellissimo saluto proprio prima di partire perché casualmente quel giorno si festeggiava una ricorrenza del luogo con canti e balli in maschera. Questo signore che si vede nella foto era alto poco più di un metro e cinquanta ma col suo cappellone arrivava a svettare sopra le nostre teste. Donne e uomini hanno fatto festa fino a tardi danzando per le strade principali della città mentre noi di lì a poco ci apprestavamo a preparare le valigie per la nostra successiva meta.


Riassumendo ecco quello che è stato il nostro duro ma avvincente e davvero memorabile itinerario nello stato del Maranhão:


P.S.: consigliamo vivamente a quelli di Alinghi di assumere ad honoris causa il capitano del catamarano, il San Capitano che tanto mi sorrideva felice al suo timone (San Timone) mentre io cercavo di impedire alle mie budella l'inversione di posizione tra cardias e piloro. Anche quello miracolo fu!


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