Enjoy food, travels and life

Segue dai post precedenti, ma sempre con la frase di rito in apertura!

Benvenuti al nuovo appuntamento con la "Zonzolando's Serendipity Box", la scatola che serve a ricordare i piccoli grandi piaceri della vita, cogliendo il meglio di ciò che ci offre.
Troppo spesso infatti le nostre giornate sono riempite di pensieri e preoccupazioni tendendo a dimenticare il bello che nella vita c'è (sempre!). Con questa scatola voglio immortalare, se non tutto, gran parte delle cose belle che riempiono la mia/nostra vita quotidiana (ma che potrebbe essere anche quella di tutti), dalle grandi alle piccole cose che ci rendono felici e, ancora meglio, sereni.

Come per le box precedenti ho mantenuto anche in questo caso le tre tematiche diverse che hanno reso il nostro viaggio indimenticabile: le cose che ci hanno colpito, i luoghi visitati e il cibo.

Tante sono state le cose che ci hanno colpito e purtroppo tutto è impossibile racchiuderlo in poche box. The last, but non the least è racchiuso nella Serendipity Box n° 189:
  1. Il muro di confine fra Palestina (Cisgiordania) e Israele è gigantesco e alquanto inquietante. Pare davvero incredibile che possa esistere una tale soluzione, pensata appositamente per confinare un popolo che prima risiedeva e possedeva tutte quelle terre. Pare che le sue fondazioni siano molto profonde in modo da scongiurare la formazione di tunnel o passaggi per poterlo attraversare di nascosto. Ogni macchina in entrata e uscita viene controllata e a seconda dei poliziotti anche ispezionata. Se non fosse stato per Youssef che ci faceva da guida/traduttore/rassicurazione probabilmente non avremo nemmeno mai provato ad addentrarci. Visitare Betlemme in festa (punto che andrebbe aggiunto anche nella box successiva) per il Natale ortodosso è stato inaspettato e bellissimo.
  2. Israele, gli infiniti confini e i controsensi: questo è il titolo perfetto per questa box. Anche qui si vede un altro confine, sempre da attraversare previa autorizzazione. La differenza con il punto precedente? Beh, nel primo è Israele che confina i palestinesi, in questo caso sono invece gli ebrei che confinano se stessi. Sì, se stessi! Avete capito bene.
    Come per i kibbutz, anche i Moshav, sono "territori" confinati, micro polis che vivono in modo "autonomo" (con tutte le enormi eccezioni del caso date da un mondo pieno di bisogni e globalizzato).
    In sostanza si tratta di ebrei che per stile di vita e "sicurezza", il mantra che apre le porte ad ogni intervento anche coercitivo contro chiunque, vivono in aree recintate e con regolamenti propri.
    Noi abbiamo passato una notte in questa realtà. Per caso per di più.
    Una cosa che vale la pena ricordare della nostra esperienza è questa: una volta oltrepassato il cancello, che casualmente si è aperto perché una macchina veniva nel senso contrario, siamo entrati in questa micro città, ignari di tutto, concentrati solo sulla ricerca della nostra camera prenotata poco prima dal cellulare. Rintracciata la padrona di casa, con una serie di giri che non sto qui a descrivere, siamo finalmente giunti all'appartamento. Lei vedendoci un po' spaesati per la realtà, il modo di entrare, il comportamento strano e sospetto di chi ci vedeva passare, ci ha detto: "Non vi preoccupate, non è come sembra. Spesso i turisti che ospitiamo hanno la percezione di essere entrati in una prigione, ma non è così..." (Ah no?) Quando le abbiamo spiegato che eravamo lì perché cercavamo una sistemazione per una notte non avendo trovato altro nel giro di chilometri e che la mattina saremmo ripartiti senza visitare la zona è rimasta un po' delusa. Ci ha salutati gentilmente dicendo che la mattina seguente per uscire dal moshav avremmo dovuto farle un colpo di telefono, o mandarle un messaggio per chiederle di aprirci il cancello a distanza, altrimenti non saremmo riusciti ad uscire. Poi diceva che non era una prigione... Adios!
  3. Robe d'altri tempi: nel kibbutz che abbiamo visitato l'unica carrozzina che abbiamo visto era fatta così. Un lettino azzurro su ruote con all'interno un bambino in piedi che veniva scorrazzato per le stradine del paese.
  4. Che dici Massi, la lasciamo qui la macchina? Direi che il cartello non lascia adito ad interpretazioni vero? Beh, non sapete che fatica, ma anche quante risate ci siamo fatti nel non capire niente di tutto ciò che vedevamo scritto. Dai cartelli stradali, ai menù dei ristoranti, ai giornali e riviste. Per altro tutto da leggere e sfogliare al contrario!
  5. Questi animaletti, che paiono un incrocio fra capre e piccole antilopi, scorrazzavano tranquille nelle aiuole di un parcheggio a Mitzpe Ramon (cittadina sull'omonimo cratere), da cui si gode di una vista fantastica.
  6. Sempre in tema di confini ecco un'altra cosa incredibile che ci è successa. Da Eilat abbiamo prenotato un tour di due giorni per andare a visitare Petra e la Wadi Rum in Giordania (vedi box successiva). Il viaggio includeva: ritiro presso l'albergo e consegna presso il punto di raduno con altri turisti. Prelievo dei turisti con un autobus e presentazione della prima guida, arrivo al confine israeliano (1,5 km forse? - robe che a piedi si fa prima), scarico dei turisti, controlli di sicurezza (bagagli e passaporti), attraversamento a piedi del confine (100 metri circa, sì a piedi!), altri controlli di sicurezza con pagamento di tasse di ingresso e attese infinite, prelievo con un altro autobus e della seconda guida e infine partenza. In pratica per fare 2,1 km ci abbiamo messo quasi quattro ore.
    Quello che ci ha stupito è stato il fatto che un autobus israeliano non potesse varcare il confine e potesse circolare sul territorio giordano (se non per qualche eccezione, di cui non fanno parte i turisti), nonostante che fra i due Paesi vi sia un accordo di pace.
    Noi davvero non ci rendiamo conto di quale fortuna godiamo con la gestione dei nostri traffici e confini! Viva Maastricht!
    Un'altra cosa incredibile? Sul nostro bus giordano è salito un uomo che si è seduto in prima fila. La guida ha spiegato che era un poliziotto giordano che da tanto tempo non andava a vedere Petra e che quindi si era permesso di aggregarsi con noi. Ovviamente tutta questa storia era una grandissima bufala e il fatto che vengano raccontate balle del genere ai turisti non è affatto piacevole. Si tratta in realtà di figure che servono per sicurezza e prevenire possibili spiacevoli situazioni.
    Ah, ovviamente al ritorno stessa tiritera al confine.
  7. Le guardie giordane in sorveglianza alla città di Petra sono ovunque, e stanno su rocce a strapiombo davvero incredibili. Non amano essere né avvicinate, né fotografate.
  8. In Italia lo fuggiamo come fosse peste bubbonica, in altri Paesi viene invece venduto comunemente in grossi barattoli al supermercato; al reparto alimentare sia chiaro, non a quello dei motori. E pare che non muoia nessuno... mah! Punti di vista, o questo olio di palma uccide premeditatamente solo noi?

L'ultima raccolta dedicata ai posti visitati, la Serendipity Box n° 190:
  1. La grigissima skyline di Tel Aviv da Giaffa. A Tel Aviv abbiamo passato una mezza giornata, passeggiando sul mare agitato guardando alcuni temerari che facevano skysurf in acqua. Abbiamo poi visitato il Levinsky Market, caratteristico mercato cittadino ricco di ogni genere di spezie, cibo e souvenir. Se si va con la propria auto non è facile trovare parcheggio e i costi di quelli che si trovano sono davvero esorbitanti.
  2. Visitare la Terra di nessuno. Come dicevo nella box precedente infatti il confine di stato tra Israele e la Giordania ad Eilat non è una semplice linea, ma una fascia demilitarizzata. Una terra di nessuno. Una terra cuscinetto da fare a piedi. Un‘esperienza strana e formativa per noi che viviamo in Europa dove possiamo viaggiare dalla Grecia alla punta della Scandinavia senza mostrare un documento di identità o trovare un blocco ai confini.
  3. Questa foto è simbolica, perché era notte e non veniva nessuna foto se non le luci dei fari della lunghissima ed eterna coda che abbiamo trovato in alta montagna in Giordania. Di ritorno da Petra abbiamo trovato un enorme incidente stradale causato dallo scontro di mezzi pesanti. Pioggia, vento, freddo, sprazzi di neve tutto intorno e traffico: uno scenario che potrebbe essere da incubo! Per fortuna invece eravamo seduti comodamente nel pullman in buona compagnia di altri turisti. Peccato che l’autista fosse un pazzo scatenato con una leggera tendenza a perdere la calma. Un paio di volte abbiamo avuto la netta sensazione che stesse per scendere dal pullman per affrontare alcuni automobilisti a loro volta esasperati!
  4. Petra! Ci sarebbero mille cose da dire su questo posto fantastico, ma comunque non riusciremmo a rendere l’idea di quello che è in realtà. Bisogna proprio andarci per capire. Quello che si può dire con certezza è che non ce l’aspettavamo così: grande, ampia, estesa. Credo che ci voglia ben più di un giorno per visitarla tutta e purtroppo noi quel tempo non lo avevamo (nemmeno volendo cambiare idea sul tempo di soggiorno perché avremmo dovuto rivedere il permesso di ingresso e uscita al confine di Stato). Abbiamo quindi lasciato Petra con l'amara sensazione di aver visto pochissimo. Ma di sicuro prima o poi torneremo a finire quello che abbiamo lasciato a metà!
  5. Il deserto della Wadi Rum. Come abbiamo scritto sopra dopo aver visitato Petra ci siamo diretti, non senza qualche difficoltà e ritardo, al deserto della Wadi Rum. Ne avevamo sentito parlare bene ma non ci aspettavamo chissà che. Del resto cosa vuoi mai trovarci nel deserto? Ci si trova proprio il nulla, in tutte le sue gradazioni di infinita bellezza. Siamo rimasti stupiti degli orizzonti, dei panorami, dei colori, della capacità di adattamento di animali e uomo a queste dure realtà. Siamo rimasti entusiasti dell’esperienza fatta nel dormire in tenda e di incontrare i beduini e scambiare con loro quattro chiacchiere. La Wadi Rum si visita in un paio di ore a bordo di un pickup. E' veramente un posto da sogno!
  6. Ein Gedi è un'oasi in una riserva naturale vicinissima alle sponde del Mar Morto. La particolarità di questa riserva è che ospita una sorgente che crea persino una cascata nel deserto (la Cascata di Davide). Fra montagne aspre e rocciose si crea un canyon verde da attraversare a piedi. Ci sono percorsi di vari dislivelli e difficoltà. Visto che in inverno è possibile che l'acqua sia un po' più alta e occorre attraversare tratti in cui scorre, oppure bagnati e scivolosi, è opportuno indossare scarpe adeguate.
  7. Non basterebbe un post da solo per parlare di Gerusalemme. Forse ci vorrebbe un blog fatto apposta! Questo è un luogo dove una moltitudine di culture, religioni e genti si mischiano e si confrontano. Spesso anche in maniera violenta. Tant’è che, pur essendo uno dei posti al mondo più “spirituali”, è anche uno di quelli più armati, inteso come presenza di personale di “sicurezza” armato. Ci ha impressionato vedere ad ogni angolo e in ogni via esercito e polizia in assetto da emergenza con fucili e giubbotti antiproiettile. Al di là di questa particolarità la città è assolutamente da visitare carica com’è di storia e di spiritualità. Una delle cose che ci è piaciuta di più è stato il Monte degli Ulivi. Da lì infatti si gode di una meravigliosa panoramica su tutta la città, nella quale risalta la bellissima Cupola nella Roccia.

Ed ora l'ultima box, la Serendipity Box n° 191, dedicata al cibo e alle bellissime esperienze culturali legate ad esso.
  1. Una delle cose più belle che ci sono capitate è stato poter vedere l'incontro fra le famiglie di due futuri sposi. Il rito del matrimonio è molto sentito e richiede dei precisi rituali. Un ragazzo e una ragazza non possono uscire e frequentarsi insieme come da noi. Se qualcuno li vedesse uscire insieme senza che questi siano fidanzati ufficialmente potrebbe dare adito a mal pensamenti circa la "serietà" dei due ragazzi.
    La coppia, non ancora ufficializzata, si può frequentare in presenza di una terza persona che di solito è un familiare o un amico. Dal momento in cui si fidanzano però possono uscire da soli in santa pace e quindi è comprensibile come il fidanzamento sia un passo importante per una giovane coppia che vede nel fidanzamento e matrimonio una scintilla di libertà al loro amore. Il fidanzamento avviene più o meno così: dal momento in cui la coppia decide di sposarsi i due ragazzi lo comunicano singolarmente alle rispettive famiglie. Il ragazzo e la sua famiglia (la parte più stretta diciamo) nel giro di pochi giorni va a conoscere la famiglia di lei. Nella settimana successiva avviene il contrario, ossia la famiglia di lei va a conoscere la famiglia di lui riunita al completo con zii e cugini (ed è a questo rituale specifico che abbiamo assistito). Una volta che le famiglie si sono conosciute segue una cerimonia di fidanzamento nel giro di qualche settimana. Si tratta di un importante evento, quasi al pari di un matrimonio, in cui la fidanzata indossa un abito speciale. In questa occasione avviene una cosa molto particolare. Non è il ragazzo che chiede la mano della sposa, ma è il padre dello sposo che chiede al padre della sposa che l'unione dei due ragazzi possa avvenire. In sostanza non è un matrimonio di coppia, è un matrimonio fra famiglie!
    Come dicevo noi abbiamo avuto la fortuna di assistere al momento in cui la famiglia di lei è venuta a conoscere la famiglia intera di Adib. Per l'occasione sono stati preparati dolci e frutta, e serviti il tè e caffè. Uomini e donne si sono seduti in settori diversi del salotto (tranne io che sono rimasta accanto a Massi, grazie alla richiesta di Youssef - il padrone di casa). Abbiamo chiacchierato tutta la sera e ci siamo divertiti un sacco. Non avete idea della nostra felicità di imparare queste dinamiche, poter aprire gli occhi a nuove realtà con cui fare confronti con la nostra. E' stata un'esperienza davvero arricchente.
  2. Una cena in un accampamento nel deserto dopo una giornata indimenticabile a Petra sarà fra i ricordi più belli di questo viaggio. Non solo la cena era buonissima e super abbondante, ma ci siamo fatti delle grasse risate con alcuni ragazzi ungheresi davvero simpatici.
  3. Per gli appassionati di spezie consiglio di acquistare un biglietto di sola andata. C'è veramente da perdersi fra le montagne di polveri aromatiche vendute fra le bancarelle dei mercati. I venditori sono dei maestri nell'esporre le loro merci fra colori e profumi incantevoli ed incredibilmente bravi ad richiamare i turisti e a contrattare sui prezzi di vendita. Youssef a Gerusalemme ha comprato per noi un sacchettino di timo e ci ha fatto assaggiare un pane dolce al sesamo (Simit o Jerusalem bagel) che era di un buono, ma di un buono che era roba da litigarsi l'ultimo pezzo.
  4. Non abbiamo fatto colazioni solo salate, ma anche dolci. La varietà è molta e sono tutti davvero deliziosi: halva, baklava, knafi, makroud e chi più ne ha più ne metta.
  5. Una scoperta è stato lo Sachlav: una bevanda a base di latte aromatizzata al cocco, cannella e con granella di frutta secca (di solito mandorle o noci) che viene servita calda. Per noi è stata una bella merenda di pausa in un centro commerciale mentre facevamo people-watching.
  6. Il benvenuto in una stanza di albergo ad En Bokek. Acqua, una bottiglia di vino, un vassoio di frutta fresca deliziosa e una marea di dolcetti. Tutto per sole due persone. Sì, la camera era molto bella e molto costosa, però che bello ogni tanto trattarsi bene!
  7. Tutti insieme a mangiare il (o lo? non lo so) Knafi (o anche knafe, kunafeh, knafah, konafah, konafeh). Come sempre i nomi sono a seconda di chi li usa, non c'è mai un nome esatto inequivocabile. Si tratta di un dolce servito caldo formato da una base di formaggio Akawi (la cui consistenza e sapore ricorda un po' la tosella). Viene servito con uno strato di pasta kadaif, una pasta tagliata sottilissima (come capelli d'angelo) e bagnata con abbondante sciroppo all’acqua di rose o di fiori d’arancio da cui prende poi il colore. Il tocco finale sono i pistacchi, interi o in granella grossa, che con il loro colore verde risaltano sulla superficie del dolce. Accompagnato dal del buon tè sono un'esperienza che va fatta.
  8. E a proposito di esperienza, noi possiamo dire che in queste due settimane di viaggio ne abbiamo fatte una marea. Tutto è stato possibile grazie ad alcune persone speciali. Ora vi dico quali:
    Manuela: l'italiana all'estero più italiana che c'è! Ha avuto la pazienza di spiegarci una marea di cose, cercando di farci comprendere quale sia la realtà al di là di quello che ci viene raccontato e al di là dei colpi d'occhio o prime impressioni. Grazie a lei abbiamo visitato il kibbutz e abbiamo cenato a base di tanti piatti tipici.
    Youssef: la guida di Gerusalemme più precisa che c'è. Una persona di cui non si conosce la faccia seria, tanto è sempre sorridente e solare. Un concentrato di battute, conoscenza ed esperienza. Lui ci ha indicato quando e come muoverci in sicurezza.
    Karim: in arabo questo nome significa "generoso" e per lui non poteva esserci nome più azzeccato. Tutte le sere si è prodigato per darci consigli, suggerimenti ed indicazioni. Grazie a lui abbiamo avuto la possibilità di girare per tutto il Paese collegati ad internet, cosa indispensabile per viaggiare in tranquillità.
    Reem: donna di una pacatezza ed eleganza uniche. Di lei ricorderò le chiacchierate insieme sui diritti umani in Israele e la situazione avversa con la Palestina.
    Lina: intelligentissima bambina che a nove anni parla correntemente quattro lingue. E' già una v-logger. Ne sentiremo parlare fra non molto, ne siamo certi.
    Kamal: il pediatra più dedito al proprio lavoro sulla faccia della Terra è stato il nostro ospite assieme a sua moglie Hanan con la quale abbiamo fatto la nostra prima colazione a base di formaggio.
    Sama: la piccola di casa che ci ha intrattenuto fra sorrisi e battute di mano. Impossibile non innamorarsi di lei.
    Adib: il futuro sposo di cui parlavo all'inizio del post. Grazie a lui e alla sua futura sposa abbiamo potuto vivere una esperienza culturale bellissima.
    Omar: se non fosse stato per lui non avremmo mai potuto bearci di aver fatto colazione presso gli uffici di Google a Tel Aviv.
    Ognuno di loro ha fatto in modo che questo viaggio fosse speciale e trovasse tante risposte. Infatti, mai una terra o un viaggio ci hanno creato una tale quantità di domande nella testa. Loro pazientemente e con tanto trasporto, unico di chi vive veramente tali realtà, ci hanno risposto. Grazie a loro il nostro modo di vedere questa terra, che ci viene raccontata dai media in un modo univoco e fazioso, è cambiato.
    Quella in foto era la nostra classica tavola a cena, quella che ci ha sentito dire tante volte "adesso andiamo a dormire, che domani poi chi si alza più" e che invece ci ha visto stare a placare la nostra curiosità e sete di sapere fino a tardi. Son cose!

L'aforisma di queste ultime box è:
"Viaggiare è una scuola di umiltà, fa toccare con mano i limiti della propria comprensione, la precarietà degli schemi e degli strumenti con cui una persona o una cultura presumono di capire o giudicano un’altra."
(Claudio Magris)


Sono state nove box dense, che mi hanno richiesto un grande impegno per essere scritte. C'è voluto tempo, ma più che ripagato dalla gioia di vedere riaffiorare ricordi che adesso sono nero su bianco.
Ci sarebbe ancora tantissimo da raccontare. Chissà un giorno...
Intanto proseguo con la raccolta dei bei momenti quotidiani.
A presto, magari con una ricetta nuova, che qui mi pare che siamo messi maluccio. ;-)
Ciao!


Segue dal post precedente, ma sempre con la frase di rito in apertura!
Benvenuti al nuovo appuntamento con la "Zonzolando's Serendipity Box", la scatola che serve a ricordare i piccoli grandi piaceri della vita, cogliendo il meglio di ciò che ci offre.
Troppo spesso infatti le nostre giornate sono riempite di pensieri e preoccupazioni tendendo a dimenticare il bello che nella vita c'è (sempre!). Con questa scatola voglio immortalare, se non tutto, gran parte delle cose belle che riempiono la mia/nostra vita quotidiana (ma che potrebbe essere anche quella di tutti), dalle grandi alle piccole cose che ci rendono felici e, ancora meglio, sereni.

Eccoci alla seconda puntata-post sul nostro viaggio in Israele che oggi arriva a toccare anche la Giordania.
Come per le box precedenti ho mantenuto anche in questo caso le tre tematiche diverse che hanno reso il nostro viaggio indimenticabile: le cose che ci hanno colpito, i luoghi visitati e il cibo.

Le cose che che ci hanno colpito sono molte e come sempre arricchiscono la nostra vita di dettagli e ricordi che non vogliamo perdere. Eccone ancora qualcuno nella Serendipity Box n° 186:
  1. Le casse di questo supermercato erano davvero uniche! Di solito siamo abituati alla cassiera che ci dà il volto e fra noi e loro c'è il passe per gli oggetti e la tastiera per il pagamento. In questo caso invece la cassiera era posizionata al contrario per cui il cliente doveva passarle dietro la schiena e pagare trovandosela di lato. Del resto scrivono al contrario, leggono al contrario e pagano pure al contrario: matematico, no?
  2. L'infinità di cartelli di pericolo che abbiamo visto lungo le strade. Secondo questo sito il 95% del territorio nella Valle del Giordano è interdetto ai palestinesi, di cui il 50% è controllato dagli insediamenti illegali israeliani, e l’altro 45% è sede di basi militari. Si tratta vaste aree in cui l'esercito fa esercitazioni, in cui si possono trovare mine, o semplicemente dove è vietato l'accesso se non previa approvazione. L'area in cui occorre rimanere sulla carreggiata stradale è veramente lunghissima, parlo di chilometri e chilometri. Una cosa veramente impressionante.
  3. Italianità negli snack in busta. L'esistenza di queste chips a forma di fusilli ci mancava proprio e per altro non erano affatto male con il loro sapore di salsa BBQ.
  4. Attenzione: attraversamento dromedari! E ci sono per davvero! Ne abbiamo trovato un branco che pascolava tranquillo in corrispondenza delle rive del Mar Morto. Una nota di specifica (magari banale) qui è d'obbligo: i dromedari non sono cammelli. I primi hanno una gobba sola, mentre i secondi due. I loro areali di distribuzione sono diversi anche se in certe zone sovrapponibili. I dromedari sono molto comuni in Israele, mentre i cammelli no (anche se se ne vedono in giro come attrazione per i turisti). Il termine corretto in inglese è dromedary o arabian camel per i dromedari e camel per i cammelli. Probabilmente, un po' perché la gente del posto impara un inglese colloquiale da turisti ignoranti, un po' perché si fa prima ad intenderci, non è infrequente sentir chiamare sia dromedari che cammelli tutti con il nome di "camel" dalla gente del posto, senza fare la minima distinzione.
  5. Nello scorso post raccontavo del bagno di Massi nel Mar Morto. Beh... eccone le prove!
  6. Felicità nel punto più depresso al mondo: spiritoso vero? Tutta la Valle del Giordano è una vasta area depressa sotto il livello del mare. Pensate che in letteratura si trova come punto più basso al mondo -415 m, mentre il nostro orologio segnava (se correttamente funzionante) -435 m! Il dato potrebbe (e il condizionale è d'obbligo, perché non è verificato) essere veritiero. Infatti i dati di essiccazione di questo lago sono davvero allarmanti: il livello delle acque continua a scendere inesorabilmente da anni oramai.
  7. Dormire in una tenda nel deserto della Wadi Rum (pronunciato Uadi Ram) in Giordania è stata un'esperienza fantastica! Di giorno la temperatura in inverno arriva oltre i 20 °C, ma di notte scende vertiginosamente e il termometro dell'orologio la mattina segnava 6 °C. Capite bene che dormire in tenda non diventa proprio il massimo del comfort se il giorno si sta quasi in maglietta e poi non si è ben equipaggiati la notte. Noi oltre alle coperte (blankets) che ci hanno offerto gentilmente i beduini non abbiamo avuto bisogno di altro se non di un buon saccoletto, che ad acari ed igiene non è che si stesse come in un 4 stelle sia chiaro, e un copricapo per la testa (segnatevela che è una buona dritta per dormire bene a queste temperature).
  8. Che meraviglia svegliarsi la mattina, fare colazione in una splendida sala beduina con al centro un focolare scoppiettante e poi partire sul retro di un pickup alla scoperta del deserto giordano. Un po' meno l'essere sballottati qua e là senza cinture e la minima protezione. La preoccupazione dei nostri compagni di viaggio giapponesi a riguardo della nostra sicurezza si è rivelata assolutamente sensata quando la jeep si è lanciata dalla cima di una duna ripida senza minimamente frenare. Giusto un simpatico scherzetto da guide beduine che se la ridevano di gusto a farci morire di paura.
    Camminando nelle sabbie rosse e gialle del deserto si possono incontrare tracce del passaggio di animali selvatici. La guida mi ha spiegato che quelle che si vedono in foto erano di una volpe del deserto, ma si possono anche trovare quelle di una specie di lupo, piccole capre selvatiche, serpenti (che però non si vedono in inverno), vari tipi di uccelli eccetera.
  9. Riuscire a fare un giro in Cisgiordania e immortalare uno dei pezzi di muro di separazione fra Israele e Palestina più discussi del momento non ha prezzo. Il faccione di Trump barrato a seguito della sua decisione di spostare l'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme. Di solito commento "Son cose", ma in questo caso mi vien da dire: "E' storia!"

Altri otto luoghi magici di cui abbiamo dei ricordi fantastici, otto punti che secondo noi vale la pena di visitare nella Serendipity Box n° 187:
  1. Ovunque si vada zonzolando per Israele, soprattutto a sud, si trovano panorami a perdita d'occhio veramente straordinari. Deserti, montagne rocciose riarse, canyon in secca formati dalla forza delle piogge che improvvisamente formano fiumi impetuosi perché non riescono a penetrare subito nel suolo arido, cespugli sparsi, oasi verdi e rigogliose nel bel mezzo del niente, splendide rovine di città antiche: è impossibile non rimanere affascinati e ammaliati da questi luoghi.
  2. Visitare il kibbutz di Magal. E' bene specificare il nome perché ne esistono vari (quasi 300), ognuno con una propria organizzazione e regolamenti. I kibbutz li definirei delle piccole polis greche fisicamente isolate dai territori limitrofi con recinzioni di filo spinato, reti e staccionate. Per entrare occorre passare da cancelli con guardie presenti giorno e notte. All'interno vivono un numero ristretto di persone (tutti e solo ebrei) che si danno regole secondo uno stile di vita comunitario, associativo e di mutua assistenza. Il concetto cardine originario era quello di gestione della proprietà in comune, ma oggigiorno il sistema non sempre funziona esattamente così. Il kibbutz che abbiamo visitato contempla oggigiorno infatti la proprietà privata per una serie di ragioni che i nostri ciceroni ci hanno spiegato essere derivanti da problemi di successione ed eredità. A Magal si trovano scuole, una mensa per la popolazione a prezzi davvero vantaggiosi, sistemi di assistenza agli anziani e quant'altro un concetto di comunismo applicato a così piccole realtà può offrire. Di primo acchito potrebbe sembrare un paradiso di società in cui vivere.
    Rili e Ruty, le nostre guide ebree, ci hanno gentilmente ospitati per una mattinata e hanno pazientemente risposto a tutte le infinite domande (vista la nostra incredibile curiosità sullo stile di vita di questa realtà tanto diversa dalla nostra) che abbiamo fatto. Ecco un dettaglio del loro racconto che ci ha molto colpito. Dal momento in cui si avevano figli (i loro sono nati intorno agli anni '60-'70), i nuovi nati non dormivano mai in casa, ma presso appositi istituti che ospitavano tutti i bambini dell'intero kibbutz. L'idea di fondo era che non tutti sanno fare decentemente i genitori e che non tutti i bambini ricevono la corretta educazione. In questo modo tutti i bambini venivano seguiti da personale qualificato giorno e notte, i genitori potevano andare a lavorare e poi vederli dalle 16 alle 20 di ogni giorno. Dopo un primo momento di orrore abbiamo riflettuto su quanto tempo i genitori possano dedicare ai figli oggigiorno e a conti fatti le quattro ore del kibbutz potrebbero non essere così poche. Ad ogni modo Rili e Ruty ci hanno detto che a posteriori questo sistema era sbagliato ed infatti oggi quella soluzione non esiste più.
  3. Passeggiare fra le straordinarie rovine di Avdat, nel cuore del deserto del Negev. Era una città dei Nabatei che si trovava sulla via della seta e serviva quindi come tappa per le carovane di mercanti e trasportatori. Non solo è bello fare un giro fra i vari resti e palazzi, ma è bellissimo ammirare il panorama che si gode da questa altura tutto intorno.
  4. Divertirsi a cercare di decifrare i petroglifi di epoca egizia che si trovano nel parco di Timna di cui parlavamo nella Serendipity Box 184 al punto 8). Sono bellissimi e leggendo i cartelli di spiegazione si riescono a cogliere un sacco di dettagli e particolari interessanti.
  5. Godersi uno spettacolare tramonto sulla spiaggia di Eilat, la città vacanziera di Israele. Bella, curata e moderna. Anche se è piena di hotel non proprio economici, vale la pena di visitarla. E' inoltre un ottimo punto di partenza per visitare Petra nella vicina Giordania. Trovandosi sul Mar Rosso vale la pena di approfittare anche per fare qualche escursione subacquea o snorkeling. Purtroppo quando siamo andati noi l'acqua non era molto calda e quindi non ci abbiamo nemmeno provato.
  6. Massi è riuscito invece a farsi un bel bagnetto (gelato!) a Ein Bokek, cittadina balneare, rinomata meta turistica sul Mar Morto. Quella in foto è la spettacolare vista che si godeva dalla camera del nostro hotel. In fondo si intravede la spiaggia sul Mar Morto dove Massi ha fatto il famoso bagno immortalato nella scorsa serendipity.
  7. Visitare il mercato delle pulci a Giaffa che è grande come un quartiere intero e si trova vicino all'antico porto. Qui si possono trovare ogni genere di cose: dai vestiti usati, bigiotteria, antiquariato, cibo, una valanga di spezie, souvenir e tanto altro ancora. Giaffa fa parte di un grande agglomerato urbano insieme a Tel Aviv. Le due città sono praticamente unite ma, mentre Tel Aviv è una città molto recente, Giaffa al contrario è molto antica, addirittura risalente all'epoca egizia. Oggi è una città molto piacevole da visitare sia per le antiche e strette vie del centro, che per la bellissima vista sullo skyline di Tel Aviv.
  8. Fra le mete preferite di Massi c'è stata Beit She'an. I resti di questa città situata nel Nordest di Israele, nella Valle del Giordano, sono dell'epoca di dominazione romana e bizantina. Qui si trova il teatro romano meglio conservato della Samaria, il cardo circondato da bellissime colonne e i bagni romani. La città è stata fortemente danneggiata da un devastane terremoto nel 363 d.C. di cui si possono ancora vedere i danni provocati. Vale la pena salire anche sulla montagna che si vede sullo sfondo. In pochi minuti si arriva in cima a piedi e la vista è veramente fantastica.

E' un'impresa titanica riuscire a racchiudere tutte le delizie che la cucina mediorientale riesce a regalare in poche box come questa. Ma io continuo a provarci con la Serendipity Box n° 188:
  1. Le colazioni in Israele non sono a prevalenza dolce come le nostre, ma spesso sono a base di insalate, salse come hummus, tahina, labaneh a profusione e in varie aromatizzazioni, pani, uova e persino pesce. Si trovano anche verdure, torte salate ripiene e infine dolci. In sostanza sono dei veri e propri pasti. Noi amiamo alla follia scoprire e immergerci nelle culture estere e, provare a vivere, anche solo per un pasto, come i cittadini del Paese che ci ospita ci allettava un sacco. Una mattina quindi mi sono divertita a copiare la colazione di una signora che mi precedeva al buffet e mi sono ritrovata il piatto pieno di cose salate e (sigh!) una testa d'aglio cotta in forno. Sì, a colazione. Ed era buonissima, digeribile e passata dai miei organi interni senza farsi minimamente rimpiangere. Insomma: e brava la signora buongustaia!
  2. Assistere alla cottura di un pane piatto simile alla piadina, ma senza grassi, cotto su una bizzarra piastra bombata e super rovente è stato forte. Non avevo mai visto questo tipo di cottura. Con questo disco di pane morbido, spezzettato con le mani e intinto in varie salse salate abbiamo fatto una deliziosa colazione nel deserto.
  3. L'onnipresente halva è un dolce che per fortuna non si trova facilmente in Italia. E chiariamoci! Non perché è cattivo, ma tutt'altro! E' così buono che se lo trovassimo così facilmente, probabilmente ne faremmo incetta con risultati disastrosi sulla linea. Si tratta di un dolce dalla consistenza morbida ma non troppo, leggermente ruvida al palato, a base di tahina aromatizzata con noci, pistacchi, cannella, mandorle e chi più ne ha più ne metta. Ne abbiamo portate in Italia due forme da mezzo chilo l'una per farle assaggiare ai nostri familiari. Io non sono nemmeno riuscita ad riassaggiarne una briciola, giusto per rendere l'idea.
  4. Tra tutte le fantastiche cose che ci sono capitate c'è stata anche una colazione nella sede centrale di Google al 28° piano di un grattacielo a Tel Aviv. Non solo abbiamo visto tra le più belle panoramiche che si possono godere della città, non solo siamo stati deliziati di tutte le leccornie che la mensa interna offre, ma abbiamo potuto appurare tutti i servizi che Google mette a disposizione dei propri dipendenti. Robe da fanta-lavoro. Siamo ancora stupefatti. E tutto questo è stato possibile grazie a Omar a cui va un immenso grazie per averci permesso di fare questa esperienza.
  5. Qui ho voluto immortalare un pranzo tipico giordano, a base di hummus e pita (onnipresenti ad ogni pasto), pollo e riso e poi a parte c'erano verdure in umido. Completo e davvero delizioso.
  6. Fra le tante esperienze che abbiamo avuto la fortuna di fare c'è stato un pranzo speciale. Come ho già detto nella Serendipity Box 184, Fatiha ci ha aperto le porte della sua casa e fatto assaggiare la sua straordinaria cucina. E' stato bellissimo poter pranzare con tutta la famiglia al completo, vedere come si servono le pietanze e vivere un pasto con loro e come loro. Al contrario nostro, che di solito porzioniamo le vivande nel piatto, le salse sono in condivisione al centro del tavolo e ognuno allunga la mano destra (con la sinistra è meglio non farlo perché ritenuta impura) e attinge con un pezzo di pane la propria parte. I piatti principali vengono invece fatti passare a ruota fra i commensali, ognuno si serve e poi passa il vassoio al suo vicino a destra. L'atto del mangiare, sempre al contrario nostro, è molto molto veloce anche in presenza di ospiti. Si preferisce mangiare in fretta per poi spostarsi in salotto sui divani o sui tappeti ricolmi di cuscini. In foto si vede un tavolino pieno di frutta e dolci. Ognuno si può alzare e servirsi oppure qualcuno della famiglia fa il giro fra i presenti e ne offre un po' a ciascuno. Questo è il momento più conviviale in cui si scherza e si chiacchiera tutti assieme. Uomini e donne si accomodano in settori diversi della stanza, ma colloquiano tranquillamente assieme. Nel frattempo vengono serviti il caffè arabo (ecco la sola e unica cosa che non ci è piaciuta per niente: di un amaro fuori di misura!) e del tè aromatizzato a seguire. E' stato tutto bellissimo, caffè a parte... Reem non ti offendere! ;-)
  7. Come dicevo nello scorso post ebrei e musulmani hanno un senso dell'ospitalità formidabile, robe che dovrebbe essere insegnato un po' anche da noi. Nel nostro viaggio, come ho scritto nella box precedente, abbiamo avuto la fortuna non solo di essere stati in un kibbutz, ma di essere persino stati invitati a colazione da una coppia di anziani ebrei. Quella in foto è stata la tavola che ci ha accolto. Rili dopo averci fatti accomodare ci ha offerto del caffè o tè e poi insieme a suo marito Ruty ci ha fatto fare il giro del kibbutz.
  8. I mercati sono senz'altro dei posti che meritano di essere visitati. Si trovano ogni genere di frutta e verdura, alcune delle quali mai viste né sentite, ma anche spezie e un'infinità di dolci buonissimi. Noi avremmo comprato e assaggiato tutto.

L'aforisma di queste box è:
"Viaggia, scrivi, traduci, impara a vivere dovunque, e comincia subito. L'avvenire è dei curiosi di professione."
(François Truffaut - Henri Serre)


Ci vediamo presto con le ultime tre serendipity su questo nostro ultimo viaggio. Ciao!


Benvenuti al nuovo appuntamento con la "Zonzolando's Serendipity Box", la scatola che serve a ricordare i piccoli grandi piaceri della vita, cogliendo il meglio di ciò che ci offre.

Troppo spesso infatti le nostre giornate sono riempite di pensieri e preoccupazioni tendendo a dimenticare il bello che nella vita c'è (sempre!). Con questa scatola voglio immortalare, se non tutto, gran parte delle cose belle che riempiono la mia/nostra vita quotidiana (ma che potrebbe essere anche quella di tutti), dalle grandi alle piccole cose che ci rendono felici e, ancora meglio, sereni.

Quella di oggi è la prima di tre puntate, che racconta il nostro ultimo viaggio all'estero, per la precisione in Israele e Giordania.
Per la prima volta ho deciso di raccontare un nostro viaggio attraverso queste box.
Di solito dedico un post all'argomento (e magari chissà lo farò pure), ma questa volta mi andava di farlo in una veste nuova. Con le serendipity box per l'appunto.
Del resto, come può un viaggio non essere una gigantesca serendipity box?
Ebbene, ne ho create ben nove (tre per ogni puntata-post) tutte che si possono ricondurre a tre tematiche diverse, che hanno reso il nostro viaggio indimenticabile: le cose che ci hanno colpito, i luoghi visitati e il cibo.

Inauguro la raccolta con la prima box delle cose che ci hanno colpito e che ci hanno arricchito con nuove incredibili esperienze, la Serendipity Box n° 183:
  1. La partenza per un viaggio turistico è sempre un momento di serendipity, ma questa volta è stata davvero particolare.
    Prima di imbarcarci sull'aereo per Tel Aviv, i "classici" controlli di sicurezza si sono rivelati alquanto minuziosi. Gli agenti della sicurezza ci hanno separati e letteralmente interrogati per mezz'ora (davanti ai box in foto). Siamo stati divisi perché gli inservienti potessero verificare che le versioni dei nostri racconti coincidessero. Una volta finite le domande, alcune anche molto personali, si sono riuniti, hanno verificato le versioni e ci hanno finalmente riuniti. Non contenti, finito l'interrogatorio, ci hanno aperto e ispezionato le valigie in ogni singolo centimetro, analizzate e infine accettate.
    Per chi se lo stesse chiedendo: no, non abbiamo le facce da terroristi, né andiamo in giro vestiti come tali. Semplicemente il servizio di "sicurezza" funziona così. Con tutti questi controlli abbiamo ben capito il perché sul biglietto c'era scritto di recarsi all'aeroporto tre ore prima dell'imbarco. Di fatto un'ora noi l'abbiamo passata a raccontare ogni dettaglio della nostra vita che venisse richiesto e a richiudere le valigie che avevo accuratamente chiuso prima di partire da casa, e che hai controlli erano esplose sui tavoli in bellavista di chiunque. Evviva la privacy!
    Ma dove sta la serendipity in tutta questa tortura di attesa e invasione della privacy allora? Sta nell'aver vissuto pacificamente questo momento. Sì, non è simpatico sapere che potrebbe risuccedere e non è simpatico ricevere un trattamento da persona criminale quando si è un innocuo turista. Il momento di serendipity sta nell'aver vissuto anche questa esperienza che per fortuna è andata a buon fine. Una seconda volta? Uhm, anche no grazie.
  2. Pensavamo di andare a visitare un luogo ricco di storia, di fare un tuffo nel passato, ma... beh: ci siamo ritrovati nel marzo 2020. O almeno questa è la data che segnava la nostra macchina a noleggio nel momento in cui l'abbiamo presa. A chi fosse sorto il dubbio: no, non eravamo su una DeLorean a plutonio. ;-)
  3. Non avete idea di quanti di questi pezzi di metallo attaccati agli stipiti delle porte abbiamo visto prima di capire che cosa fossero. Voi, prima di leggere qua sotto, lo sapete dire di che cosa si tratta? Beh, noi abbiamo pensato a tutto, ma proprio a tutto! Da robe per eliminare gli insetti, campanelli moderni, cosi per allarmare le case, aggeggi tecnologici di sorveglianza, strumentazioni Wi-Fi di qualche genere, ma in realtà non sono niente di tutto ciò. Dopo esserci stufati di arrovellarci il cervello abbiamo avuto il coraggio di chiedere e abbiamo scoperto nientepopodimeno che: non serve a niente! Non ha una utilità di fare qualcosa. E' un segno, un simbolo religioso ebreo, il cui nome è mezuzà. Si trova sempre sullo stipite esterno delle porte, alla destra di chi entra e più o meno ad altezza uomo. Quando si oltrepassa un mezuzà si recita in ebraico una benedizione che più o meno sta a ringraziare Dio, la sua esistenza e il fatto che abbia detto di attaccare questi cosi alle porte. In Israele è d'obbligo apporlo nelle case (degli ebrei ovviamente) subito dopo aver preso residenza.
  4. Vedere il Muro del pianto a Gerusalemme, le teste ciondolanti in preghiera e rituali tanto diversi da noi sono una bella esperienza da fare. Sapere invece che se avessi voluto vederlo da vicino allora mi sarei dovuta separare da Massi non mi è piaciuto per niente. Donne e uomini hanno infatti accessi diversi e sono divisi da un separé che non permette di avvicinare gli uni agli altri. Questa separazione uomo-donna è una cosa che mi ha colpito molto in questo Paese e che mi è rimasta difficile da comprendere.
  5. Un'altra cosa difficile da capire e a cui si fa fatica ad abituarsi nei pochi giorni di permanenza che possono regalare un viaggio sono le quantità di armi e di gente armata che circola per le strade. I poliziotti israeliani (ma non so se è corretto definirli tali o se siano dell'esercito o altro) sono ovunque e sempre armati fino ai denti. "E' per sicurezza" il mantra che la gente ha in testa. Una delle cose belle che ci è capitato di vedere è stata vederli giocare a pallone con dei bambini per le strade di Gerusalemme. Una scena davvero indimenticabile.
  6. Questa foto non mi serviva per appurare che il cappuccino lo sanno fare, e anche meglio di tanti posti da noi in Italia (perché lo avrei messo nella serendipity dedicata al cibo altrimenti). L'ho tenuta come momento di ricordo per un dettaglio che ci ha fatto riflettere: ebrei e musulmani, che si fanno la guerra ogni giorno per ogni inezia da tanti anni, hanno alcuni tratti comuni che li rendono speciali: la gentilezza, disponibilità e infinità ospitalità verso noi "stranieri". Grazie a questi pregi abbiamo potuto vivere due settimane speciali, incastonate nei nostri ricordi come qualcosa di davvero eccezionale.
  7. Chi ci conosce sa che di verdure ne andiamo matti. Quando abbiamo visto le verdure più fosforescenti sulla faccia della Terra siamo rimasti di stucco. Al contrario del primo pensiero che balza in testa, non si tratta di sostanze radioattive o particolari OGM, ma semplicemente di verdure preparate con acidi (dal limone all'aceto per esempio) che ne esaltano i colori. Le rape rosse sono fucsia e i cavolfiori cotti nella curcuma prendono un colore giallo vivo e intenso. Buone? Sì, al pari di una classica e gigante giardiniera.
  8. Un'altra cosa che non ci aspettavamo è stato il modo di festeggiare il nuovo anno. In quell'occasione eravamo in un bellissimo hotel a Eilat e assieme alla gente che ballava aspettavamo il capodanno. L'aria era di festa, ma non quella di un capodanno a cui possiamo essere abituati noi. A dieci secondi dalla mezzanotte la musica si è interrotta, è partito il conto alla rovescia meno partecipato nella storia dell'uomo e poi... e poi... e poi...
    niente.
    Sono ripartiti a ballare, come se niente fosse. Nessuno che si baciava, nessun abbraccio, nessun botto, fuoco d'artificio o che ne so. Niente! Tanti auguri e balla! :-)

Ma veniamo alla box dedicata agli splendidi posti (e sappiate che Israele ne ha da regalare davvero un'infinità!) che abbiamo visitato, la Serendipity Box n° 184:
  1. Il Monte Tabor. Per arrivare in cima abbiamo scelto di salire a piedi nonostante che avessimo a disposizione la macchina. La salita non è ripida e in inverno la temperatura era più che accettabile. Sono molti i taxi o servizi di trasporto turisti che fanno su e giù e ci è stato più volte chiesto se avevamo bisogno di aiuto, ma abbiamo sempre declinato le gentili offerte. In cima ci sono due belle abbazie da poter visitare e la vista è veramente splendida.
  2. Acco (o anche Acri - i nomi dei luoghi purtroppo sono sempre più di uno e talvolta si fa fatica a intenderci) è una splendida città affacciata sul Mediterraneo. Qui si possono vedere le vecchie mura difensive edificate nei primi dell'Ottocento e la Città Vecchia di S. Giovanni d'Acri (Acri) che è stata inclusa dall'UNESCO fra i siti definiti "patrimonio mondiale dell'umanità". Qui abbiamo anche attraversato un tunnel sotterraneo che pare essere risalente al XIII secolo e che veniva utilizzato dai Cavalieri Templari per spostarsi da una parte all'altra della città.
  3. Il confine con il Libano. Il concetto di confine fra Stati per noi europei è quasi inesistente. Possiamo andare in Francia, Germania o qualsiasi altro Paese a noi vicino senza dover chiedere il permesso a nessuno e nemmeno dovendone rendere conto. Un "optional" di cui beneficiamo grazie ad accordi fra Stati a cui nemmeno facciamo più caso e che spesso diamo per scontato, ma che balza subito alla mente non appena si arriva al confine nord di Israele. Da qui non si passa. In Libano non ci si può andare. Non è che uno va al confine e a seconda se sta simpatico o no al doganiere ha il lascia passare o no. Qui ci si ferma. Finisce la strada. C'è un cancello e la zona è presidiata dai Caschi Blu dell'ONU.
    Il confine è un enorme cancello piazzato fra un'altura e una scogliera del mare. Intorno c'è filo spinato, torrette di guardia e ovviamente soldati. Oltre il cancello non c'è il Libano, ma una zona "cuscinetto" invalicabile oltre la quale, dopo X metri c'è il suolo libanese. Noi ci fummo.
  4. Le Grotte di Rosh Hanikra. Proprio a pochi passi dal confine si trovano queste splendide grotte scavate dal mare. Gli scorci blu, nell'oscurità della montagna, sono favolose. Per raggiungerle si può arrivare a piedi o con una piccola teleferica.
  5. I giardini di Bahai. Si tratta di giardini, o terrazze, curati dagli adepti della curiosa religione Bahai. Se volete approfondire cliccate qui. Si tratta di giardini curati con una perfezione che rasenta il maniacale. Sono veramente bellissimi ed è un piacere poter passeggiare lungo i viottoli di ghiaino ed ammirare ulivi, cipressi, aiuole fiorite, erbe aromatiche e prati all'inglese. Noi abbiamo visitato quelli nei pressi di Acco e la prima parte di quelli di Haifa (poiché sono chiusi al pubblico oltre un certo orario).
  6. Il Mar Morto. Poteva il mio maritino non sperimentare la spinta di galleggiamento del mare più depresso e salino sulla faccia della Terra? Nonostante l'acqua gelata dell'inverno il mio trentino ce l'ha fatta. Si è inzuppato interamente e ha fatto una nuotat... galleggiatina (com'è meglio definirla) appurando che sì, si galleggia molto molto di più. Io ho inzuppato i piedi e mi sono limitata a lasciare le nostre tracce di permanenza in loco.
  7. Haifa. L'ho richiamata due punti sopra per i suoi splendidi giardini. Effettivamente sono la sua più grande attrattiva. Non sappiamo dire se siano più belli di notte o di giorno, da sopra o da sotto. Sono sempre bellissimi comunque. Di notte, dalla parte alta, si gode di una magnifica vista su tutta la città che si affaccia sul mare e tutto il litorale (soprattutto nord) e nella parte bassa ci siamo ritrovati in un'infinità di lucine e addobbi natalizi degni di una grande città moderna e vivace.
  8. Il Parco di Timna. In questo parco dai colori caldissimi si trovano siti archeologici antichissimi con miniere di rame e geroglifici egiziani. Si può visitare il parco in autonomia con la propria automobile e fermarsi alle varie tappe. I punti secondo noi più belli da vedere sono l’enorme arco di rocca, le colonne di Salomone e i petroglifi.
  9. Masada. Una splendida antica città costruita in cima ad una rocca sulle sponde del Mar Morto. Per la sua particolare conformazione e per le fortificazioni era praticamente inespugnabile. E’ famosa per aver resistito all’assedio dell’esercito romano nella prima guerra giudaica. Alla fine dell’assedio gli ebrei presenti si suicidarono in massa per evitare di essere catturati. Per questo motivo è un simbolo di tenacia e resistenza a tutte minacce dello Stato di Israele. Si può salire in funivia oppure fare come noi: seguire il sentiero del serpente, una strada sterrata zigzagante e a tratti ripida che risale la montagna, decisamente un buon esercizio per smaltire tutte le prelibatezze che abbiamo gustato e che abbiamo parzialmente raccolto nella prossima serendipity.

E per chiudere il primo ciclo dei tre argomenti, ecco la serendipity dedicata al cibo, la Serendipity Box n° 185:
  1. Hummus, baba ganoush, tahina e altri dodici (no, dico 12!) piatti ci sono stati serviti come antipasti in un carinissimo ristorante che ci aveva consigliato Youssef ad Acco. Di una bontà che non vi so spiegare. Di una abbondanza che definirlo antipasto fa accapponare la pelle anche a un siciliano a Natale. Per anticipare tutte le altre box dedicate al cibo possiamo dire che non c'è stata una cosa (anzi una c'è per la verità, ma ve la dirò nei prossimi post) che non ci è piaciuta. E io, parliamoci chiaro, con l'hummus potrei fare colazione, pranzo e cena. Anzi, senza condizionale, l'ho fatto proprio!
  2. Il labneh, che conoscevamo già e di cui avevo parlato sul blog, è un formaggio delizioso. Anche questo viene consumato normalmente in tutti i pasti, anche a colazione. Ha mille declinazioni e aromi. E' delizioso con un filo di olio d'oliva. Nelle bancarelle dei mercati o nei supermercati c'è una tale varietà di questo formaggio cremoso che verrebbe voglia di comprarli tutti pur di assaggiarli.
  3. Uno dei profumi che ci ha fatto impazzire e che si trova spesso nell'aria è quello dei falafel (pronunciato fàlafel) appena fritti. Li avevamo già assaggiati più volte in Italia e all'estero e li abbiamo sempre trovati deliziosi, ma vuoi per essere proprio nella loro terra di origine, vuoi forse la lavorazione e la materia prima perfetta, qui abbiamo trovato i migliori che abbiamo mai assaggiato.
  4. Ma veniamo ad un piatto che: non avevamo mai assaggiato (al contrario dei precedenti), di cui ignoravamo l'esistenza e di cui ci siamo innamorati al primo assaggio. Si tratta dei Dawali, degli involtini di foglie di vite farciti con riso, carne e aromatizzati con aglio e limone.
    Questi in foto sono stati preparati dalle sapienti mani Fatiha, una cuoca straordinaria che ci ha aperto le porte di casa sua e fatto conoscere dei piatti favolosi della cucina araba. Fra questi c'erano anche una minestra di lenticchie chiamata Adas, e delle patate con carne e salsa tahina (di cui purtroppo non ricordo il nome). A lei va un immenso grazie per la sua ospitalità e gentilezza.
  5. Restando in tema di ospitalità, che questi arabi, come ho detto sopra, ne hanno davvero da vendere, ci ricorderemo sempre con piacere una colazione fatta in casa di Hanan. Davanti a un cappuccino abbiamo assaggiato un formaggio che ricordava una tosella salata, scaldato e mangiato direttamente da sé. Veramente buono. Tutto condito con chiacchiere, i sorrisi di Sama e il calore della loro casa.
  6. Il piatto della vergogna, ossia quando pur di assaggiare poco di tutto si fa un vero e proprio attentato alla linea. Del resto la nostra curiosità di scoprire sapori nuovi ha sempre la meglio sui sensi di colpa una volta tornati a casa. Questa serie di dolci fa parte di un buffet trovato per colazione in un hotel a En Bokek. Robe che a momenti ci si perdeva per la quantità di cibo e tavoli su cui era distribuito!
  7. E mai più chiamarlo Kebab! Intendiamoci! Quello che noi si chiama kebab è in realtà lo Shawarma (pronunciato sciauarma), un delizioso mix di carni arrostite e indorate di grasso colante inserite in pite, baguettes o maxi piadine.
    Robe da leccarsi i baffi!
  8. Le insalate mediorientali sono tantissime e dai sapori più svariati, come solo una cultura così antica può essere in grado di fornire. Una di quelle che ho apprezzato di più è stata il fattoush, saporita, leggera e leva fame. Si tratta di un mix di cetrioli, pomodori, insalata e altre verdure di stagione accompagnate con pezzetti di pita fritta, chicchi di melagrana e formaggio a julienne.

L'aforisma di queste box è:
"E il meglio deve ancora venire."
(Detto popolare)


Alla prossima raccolta! A prestissimo!


Aprivo lentamente la porta della cucina quel tanto che mi permetteva di passare, gattonavo silenziosamente lungo il muro, mi sdraiavo per terra e strusciando passavo sotto una sedia per poi arrivare alla meta quasi all'altro capo del tavolo. Da lì potevo osservare la mia vittima.
La cucina era stretta e il tavolo poggiava per il lato più lungo al muro. Se la vittima non c'era ancora o si era spostata, mi appoggiavo a quel muro tenendomi le ginocchia al petto e aspettavo.
Non dovevo aspettare a lungo, oramai lo sapevo; lavello e fornelli erano il suo richiamo periodico.
Non agivo subito. Stavo qualche attimo ad aspettare che non sospettasse di niente.
Fra le gambe delle sedie riuscivo appena ad intravedere le ciabatte col tacchetto, le caviglie gonfie, gli stinchi robusti che spuntavano dall'immancabile gonna e poi il mio obiettivo: il fiocco del grembiule.
Da fuscello quale ero, mi infilavo fra le gambe delle sedie, protendevo il braccio più che potevo fino ad arrivare al laccio. Nonostante tremassi per il tanto protendere il fisico, lo stringevo con una delicatezza che nemmeno so dire dove avevo imparato e tiravo fino a sciogliere il fiocco.
Appena il grembiule cadeva mi ritraevo sotto il tavolo e la sentivo sbuffare e piegarsi per rimetterselo a posto.
Aspettavo qualche istante e ripetevo l'operazione.
La sentivo parlare fra sé stizzita, si chinava (poverina aveva anche problemi di ginocchia e anche!) e si rimetteva il grembiule.
Il tutto succedeva per tre o quattro volte di fila, dopodiché o iniziavo a ridere tanto da non trattenere il rumore, o mi beccava con la mano attaccata al fiocco che stavolta era doppio e non si poteva tirare.
Le avrò fatto questo scherzo non so quante volte.
Mi riprendeva con frasi che quasi erano un complimento più che un rimprovero: dal "ma come fai a non farti sentire?", "ma come sei entrata?", "ma come fai a stare lì sotto?", "mi freghi sempre" e così via.
Rigida, rigorosa e al tempo stesso paziente, imponente nel fisico e tanto affettuosa. Un suo abbraccio poteva mandarti in uno stato di soffocamento. Mi stringeva al seno taglia sesta (una roba che di sicuro ahimè non ho ereditato da lei) con una foga che non so descrivere. C'era tutto l'amore in quegli abbracci e in quelle parole di affetto dette ad alta voce, quasi urlate.
La mia vittima di bambina cinquenne era la mia nonna Elba.
Sì, si chiamava come l'isola e il mese scorso avrebbe compiuto novant'anni.

Era una grande cuoca di poche ma eccezionali ricette, fatte e rifatte. Non amava sperimentare, le piaceva andare sul sicuro, sulla sua tradizione, su quello che le era stato insegnato a sua volta.
In primis però era una buona forchetta e di sicuro questo gene l'ho preso da lei.
Fra i suoi cavalli di battaglia c'era il ragù.


Un ragù come pochi se ne trovano in giro: ricco, saporito, digeribile e fatto con amore.
Mio nonno, che si era fatto la seconda guerra mondiale ed era tornato a casa per miracolo, lo commentava ogni volta (ma proprio ogni volta!) con un: "E' una cannonata!"
Tre parole in fila per dire quanto fosse straordinariamente buono.
Ed era vero!

Negli anni a seguire, seduta sulla sedia sotto la quale strisciavo da piccola, le avrò chiesto di ripetermi la ricetta circa un milione di volte, ma non l'ho mai scritta nero su bianco.
Fino ad oggi.
Questa è la prima volta che metto nero su bianco quello che lei mi ripeteva come un nastro rotto e con una passione ed energia che mi stupivano sempre.
Contava sulle mani gli ingredienti partendo da "un sedano, carota e cipolla tritati bene (e mi faceva vedere), li fai soffriggere, aggiungi la carne (che carne chiedevo), quella di prima scelta magra della X che costa, mica quella della Y, e una salsiccia bella, un po' di vino, fai rosolare bene, poi ci metti i pelati della X e cuoci (quanto?), eh ci vuole un po'..."
E dopo arrivavano assieme alle domande un sacco di dettagli e aneddoti.

Lei ne preparava una dose industriale, e nonostante questo finiva sempre.
Era così buono che valeva la pena mangiarselo anche su una fetta di pane.
C'erano tre ricette in cui lo utilizzava: i tortiglioni al ragù, i tordelli massesi (che hanno accompagnato tutti i nostri pranzi di Natale dell'infanzia), e... una ricetta che spero di pubblicare presto, quella che secondo la leggenda è stato il mio primo piatto "da grandi" mangiato.

Ho seguito la sua ricetta e il risultato è stato un tuffo nel passato, un ritrovare odori e sapori della sua vecchia casa, fra tavole imbandite, zuppiere di pasta debordanti (di quelle che non se ne vedono più), lo stupendo panorama che si vedeva da quella casa, la famiglia riunita, le sue urla per chiamarci a tavola, il muro del suono che riuscivamo a sfondare per sederci a tavola al richiamo del ragù.
E il piatto era come quello qua sotto, a cui aggiungevamo una buona dose di Parmigiano Reggiano.


Le dosi della ricetta sono indicative e non precise al grammo. Lei tarava tutto ad occhio con una facilità incredibile. Io per non sbagliarmi e non fare sbagliare ho pesato tutto e indicato un range.
E qua sotto c'è il risultato.

Ragù di carne di nonna Elba

Preparazione: 15 min.Cottura: 2 ore e 1/2Riposo: nessuno
Porzioni: 8 Kcal/porzione: 390 circa
Ingredienti:

  • 1 cipolla rossa (160 g circa)
  • 1 carota (100 g circa)
  • 1 costa di sedano (100 g circa)
  • 600-650 g di carne macinata magra di manzo di prima scelta
  • 360-400 g di salsiccia (2 medie)
  • 800 g di pomodori pelati
  • 1 bicchiere di vino rosso
  • 1 bicchiere di latte, o brodo
  • 80 g di burro (o olio extravergine di oliva)
  • Sale e pepe q.b.
Preparazione:

  1. Tritare finemente sedano, carota e cipolla e farli soffriggere in una casseruola dai bordi piuttosto alti con il burro o l'olio (o metà dose di entrambi).
  2. Unire la carne macinata e la salsiccia privata della pelle e sbriciolata e rosolare per bene.
  3. Sfumare con il vino rosso e quando sarà ben evaporato unire i pomodori pelati (interi o eventualmente passati al passaverdura).
  4. Mescolare bene e poi coprire con un coperchio. Abbassare la fiamma e cuocere lentamente per circa due ore controllando di tanto in tanto che non ritiri troppo (nel mio caso non è stato necessario) e unendo poi a 3/4 di cottura il latte (o brodo).
  5. Regolare di sale e pepe e poi servire.
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Voglio sperare che nonna Elba sarebbe orgogliosa di me.


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