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Uno dei grandi sogni nel cassetto che avevamo (quant'è bello parlare al passato) era quello di zonzolare all'Isola di Pasqua.
Ne avevamo sentito parlare fin da piccoli, l'avevamo vista raccontare in TV in un sacco di programmi turistici e naturalistici, l'avevamo immaginata come uno dei luoghi più sperduti, ricchi di fascino (e così si è rivelata per davvero) e mistero sulla faccia della nostra meravigliosa Terra.
Una meta lontanissima insomma, di cui probabilmente avremmo ancora solo sentito parlare, per dirla in una parola sola: inarrivabile.
Ma la vita a volte sa davvero stupirci.
Il sogno, che sembrava poter rimanere tale per sempre, è invece diventato improvvisamente realtà.
E siamo felicissimi di potervene parlare in questo post (ça va sans dire lunghissimo e da prendere in pillole), sperando che per altri sognatori si realizzi questo sogno e che qualche cosa di quello che è scritto qua sotto sia utile per godere del viaggio al meglio.

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I veri misteri dell'Isola di Pasqua

Prima di raccontare cosa abbiamo fatto e dare qualche informazione sul viaggio bisogna fare il punto sui misteri che aleggiano su quest'isola.
Contrariamente a quanto si possa pensare comunemente i veri misteri non sono la presenza e il significato di queste mastodontiche sculture chiamate Moai, né la lingua non ancora ben decifrata utilizzata dai nativi dell'isola, né tantomeno come si possa arrivare, o vivere, nell'estremo isolamento fisico di questa isola nell'Oceano Pacifico.
I veri misteri sono ben altri e noi ne abbiamo creata una piccola classifica: la Zonzolando's top 3 dei misteri dell'Isola di Pasqua.

Al 3° posto: Ma quanto mangiano questi pasquensi?
Perché davvero ci siamo chiesti come possano sopravvivere così tanti negozi di alimentari con così pochi abitanti (poco più di cinquemila).
Nel minuscolo paesino di mille anime dove viviamo ne abbiamo solo uno, e a malapena riesce a sopravvivere.
Passi che la popolazione con il turismo cresce notevolmente, ma la concentrazione è davvero incredibile.
Consiglio: occhio ai prezzi. Lungo la via principale di Hanga Roa sono generalmente più alti, ma non per la stessa categoria di prodotto, per cui un bel giretto panoramico per risparmiare su questo o quello fa sempre bene.

Si posiziona al 2° posto un mistero che è l'esatto opposto del punto precedente, ossia: di cosa si nutrono i cani?
Una piccola parentesi prima di spiegare il mistero va fatta.
Qui i cani sono completamente liberi, al pari di cavalli e galline. Tutti gli animali possono scorrazzare liberi più o meno ovunque.
Nessuno porta i cani al guinzaglio; camminano liberamente per strada e per chi come noi non è abituato a vedere animali tenuti così può essere anche un pochino preoccupante, soprattutto perché si avvicinano senza il minimo timore dell'uomo.
Ce ne sono molti in giro che formano dei veri e propri branchi che spesso sono litigiosi fra loro, forse per questioni territoriali o di gerarchia.
A volte può capitare di vederseli trotterellare incontro per prendersi qualche carezza, altre volte vedersene correre incontro uno o più di uno con fare tutt'altro che docile, e ringhiare o abbaiare. In realtà nel 99% dei casi sta puntando qualche altro suo consimile alle spalle dell'uomo o vicino ad esso, per cui le intenzioni non sono cattive, ma la cosa -non leggendo nella mente del cane- non è mai piacevole.
All'inizio c'è un po' da farsela sotto, ma poi ci si fa l'abitudine. Chiusa la parentesi.
Tornando al mistero, la cosa incredibile è che nonostante tutta questa densità canina è più facile pestare una cacca passeggiando in Italia che sull'Isola di Pasqua.
Quindi il mistero è duplice: o i cani non fanno la cacca, oppure hanno un sistema di occultamento portentoso che dovremmo importare anche da noi.
Consiglio: la migliore strategia per stare tranquilli è fare come se non ci fossero. Lo sappiamo che è difficile, soprattutto se sono coccoloni, ma evitarli è la migliore strategia per essere evitati e venire circondati. Se siete padroni di cani e vi state chiedendo se portare o no il vostro amico a quattro zampe sull'isola, beh... anche no.

Siamo giunti alla medaglia d'oro per il mistero più grande su questa isola.
Al 1° posto svetta il mistero per cui non siamo riusciti a darci una spiegazione, né a farcene una ragione. Il nostro stupore è stato direttamente proporzionale a quanto ha rosicato il nostro fegato.
Come diamine è possibile che, in un'isola la cui terra ferma più vicina si trova a 3600 km di distanza (e se non avete idea di quanto siano 3600 km pensate che è quasi come andare da Milano a Capo Nord), la benzina costi meno che in Italia? No, dico: come è possibile? Co-me?
Abbiamo noleggiato un piccolo fuoristrada per le nostre escursioni fuori città e siamo rimasti stupefatti quando:
a) abbiamo scoperto che non esiste alcuna assicurazione per le auto, né per danni ad auto, cose, persone, oppure Kasko eccetera. Nada de nada;
b) abbiamo trovato le condizioni di certe strade, che ci aspettavamo sconnesse, migliori che in certe zone d'Italia (Trentino a parte... vabbè lì non c'è storia :-) );
c) il nostro mezzo ha consumato relativamente poco;
d) abbiamo fatto rifornimento pagando la benzina meno che in Italia.
C'è scappata la lacrimuccia.
Consiglio: farmaco antiulcera in valigia e a portata di mano. Perché fa male, molto male.


Il vaso di Pandora: la valigia

Ma andiamo con ordine e facciamo un po' il quadro di cosa serve per affrontare un viaggio del genere.
Come sempre la valigia deve contenere vestiario utile un po' per tutte le situazioni e la soluzione di vestirsi a strati dà sempre buoni frutti.
L'Isola di Pasqua ha un clima subtropicale con uno sbalzo termico fra le varie stagioni quasi nullo. Le temperature sono in linea generale piacevoli e si aggirano intorno ai 20 °C. Non sono infrequenti le classiche piogge tropicali, brevi ma di intensità ragguardevole, che si alternano a momenti di sole "che spacca". L'isola inoltre è spesso battuta da venti tant'è che il surf è uno degli sport più praticati.
Noi ci siamo trovati molto bene portando delle giacchine impermeabili, veline antivento messe accanto a pantaloncini corti e magliette e a dei bei costumi per prendere il sole, ma non per fare il bagno perché l'acqua è veramente gelata (a meno che non siate dei surfisti temerari con delle belle mute in neoprene).
Se ci pensate bene in valigia queste cose occupano veramente poco spazio.
Tenendo conto che sull'isola ci sono negozi in cui poter comprare tutto quello che serve, non occorre portare con sé 180 kg di bagaglio. Partite sereni con quel che ritenete utile e se manca qualcosa il modo per rimediare sull'isola si trova sempre. E' isolata sì, ma non selvaggia.
Ad ogni modo in valigia non dovrebbero mancare: impermeabili, veline antivento, creme solari e occhiali da sole perché il sole cuoce, antiulcere per il costo della benzina ;-), torcia sia per le grotte, che se vi ritrovate la sera in qualche via mal illuminata (cosa non infrequente).


Safe and sound e mo'?

Una volta atterrati su quest'isola incantevole, selvaggia e davvero unica nel suo genere, che in lingua locale si chiama Rapa Nui, ossia "grande roccia", bisogna ricordarsi di mettere a posto l'orologio.
Noi arrivando da Tahiti (cinque ore di volo) abbiamo portato in avanti le lancette di 4 ore, mentre il fuso orario rispetto all'Italia è -6 ore.
Già l'aeroporto Mataveri, che si trova a due passi (letteralmente) da Hanga Roa, la principale città dell'isola, sebbene sia minuscolo, ha due dettagli che lo rendono speciale:
a) al contrario dell'aerostazione passeggeri, la pista di atterraggio è lunghissima. La cosa non è affatto casuale visto che questa lunga fascia di asfalto è stata appositamente progettata e finanziata dalla NASA per poter essere utilizzata dagli Space Shuttle in caso di emergenza.
b) la torre di controllo è l'edificio più alto sull'isola!

Per ritirare i bagagli e abbandonare l'aeroporto ci abbiamo messo un sacco. I controlli di sicurezza sono stati molti, lenti e la flemma del personale (che comunque è stato gentilissimo) è stata angosciante.
Bisogna ricordarsi di dichiarare tutto il dichiarabile. A noi hanno aperto la valigia per due volte, una per ogni controllo (mai successo altrove), controllando sacchetti, cibi inscatolati o confezionati (che possono passare al contrario di semi, cibi sfusi ecc.), nonostante che avessimo dichiarato tutto e fossimo in regola.
Per il pernottamento ci siamo arrangiati con un piccolo hotel appena fuori dal centro (che se lo dicessi a Milano sarebbe a quattro chilometri, mentre ad Hanga Roa distava a soli dieci minuti di camminata). E' stata la prima volta in vita nostra che ci è capitato di andare dall'aeroporto all'hotel (esclusi quelli di sosta di scambio) direttamente a piedi. Incredibile!

Le maggior parte delle strutture alberghiere è molto semplice e modesta, ma si trovano anche hotel di lusso con ogni comfort.
Noi dormivamo in una piccola casetta indipendente, tipo bungalow. La struttura era molto spartana, abbastanza pulita e con bagno privato. Il Wi-Fi, che veniva garantito al momento della prenotazione (optional che ci aveva fatto optare per questa sistemazione), si è rivelato una connessione a singhiozzo lentissima, per lo più assente.
Peccato che ci trovassimo in giro per il mondo da venti giorni in posti sempre isolati, con la nostra famiglia che ci aveva sentito praticamente solo per messaggio e ore di volo e di check-out aeroportuali alle spalle senza dar notizia di noi. Per fortuna che siamo riusciti a risolvere con la connessione di qualche bar o ristorante in città a cui ci siamo attaccati disperatamente per dire alla nostra famiglia che eravamo sani e salvi.
Perché lo sappiamo che per le nostre mamme potevamo essere già sepolti in qualche pezzo di terra qua sotto. (Cimitero di Hanga Roa)


C'è sempre un biglietto da pagare...

Una cosa importante che occorre sapere quando si zonzola all'Isola di Pasqua è che ci si trova in un parco naturale. E' l'isola stessa un parco naturale per cui occorre pagare il biglietto di ingresso. Un tempo il biglietto costava 50 $ (americani), ma abbiamo appurato che il prezzo aumenta ogni anno e noi siamo arrivati a pagarne 80 $ a testa.
L'acquisto del biglietto del parco non è obbligatorio se si rimane in città, ma non appena ci si sposta per i siti sull'isola il biglietto viene sempre richiesto, per cui (visto che si è lì a posta) consigliamo vivamente di acquistarlo per non incappare in sanzioni spiacevoli.
Nel parco ci si può muovere autonomamente salvo che nel versante ovest, ma visto che ci siamo trovati molto bene, consigliamo di prenotare qualche tour con guida. Il prezzo sicuramente sarà maggiore di quello che si pagherebbe ad andare da soli con il solo noleggio dell'auto, ma permette di approfondire la storia e la cultura del luogo grazie alle spiegazioni della guida, non si rischia di perdersi per cercare i vari siti e si può anche fare amicizia con altri turisti sul posto.

Il pomeriggio stesso del nostro arrivo siamo andati alla ricerca del tour che più faceva al caso nostro, prenotando per la mattina del giorno successivo.
I biglietti di ingresso al parco li abbiamo comprati invece la mattina successiva, ossia quella del nostro primo tour, nell'apposito ufficio in centro (senza non saremmo nemmeno potuti partire). Ci era stato detto che l'ufficio avrebbe aperto alle 8:30, ma gli orari sono moooolto flessibili e lasciati alla discrezionalità dei dipendenti. Morale della favola: siamo riusciti a comprarli appena in tempo prima che il pulmino e la guida ci lasciassero a piedi.
Le lingue più gettonate per i tour sono in genere l'inglese e lo spagnolo, ma alcuni tour offrono anche altre opzioni. A seconda della lingua e del tour operator vengono definiti gli orari delle visite.
La nostra guida era un ragazzo molto in gamba che prima in spagnolo e poi in inglese spiegava i siti, la storia e le tradizioni delle civiltà che hanno popolato l'isola.


Mo'-hai rotto!

Il primo sito che abbiamo visitato è stato il Ranu Raraku che si trova a circa 18 km da Hanga Roa.
Durante il tragitto la guida, oltre ad averci fatto una panoramica della storia e della cultura delle civiltà che popolavano l'isola, ci ha spiegato che saremmo dovuti rimanere sui sentieri (sempre ben delineati) e che sull'isola è severamente vietato toccare le statue o salire sulle piattaforme.
Ranu Raraku rappresentava la principale cava dell'isola da cui venivano estratti e scolpiti i Moai, statue alte fra i 2,5 e i 10 metri (uno arriva a 21 metri!).
Esse dovevano rappresentare delle "fotografie in pietra" dei vari re. L'ipotesi più accreditata per cui si trovano abbandonate così alla rinfusa e sparse ovunque è probabilmente riconducibile al fatto che venissero scartate perché difettose o non di gradimento ai regnanti, oppure perché accidentalmente cadute.
Tutte le statue complete e finite infatti venivano posizionate in fila su delle piattaforme chiamate Ahu.
La cosa interessante di questa cava è che si possono vedere ancora oggi i vari stadi della lavorazione delle pietre, poiché alcuni moai sono ancora incastrati nelle rocce e scolpiti solo parzialmente.
Le teste venivano scolpite nella roccia vulcanica partendo dalla faccia sempre rivolta all'insù. Poi si procedeva a staccarle e trasportarle su tronchi, in piedi e non sdraiati, sino al sito della piattaforma, generalmente vicino alla costa e rivolti con la faccia verso l'entroterra per proteggere la terra e coloro che l'abitavano. Una volta issati altre squadre di operai procedevano a rifinirli nel dettaglio.

Il luogo è veramente unico e interessante, inoltre regala salendo per la collina dei panorami unici.
All'ingresso della cava, in corrispondenza della biglietteria sono presenti i servizi igienici, un piccolo ristoro e un mercatino dove comprare prodotti artigianali e souvenir.


Il mistero del corpo tra bufala e verità

Uno dei misteri che si sente nominare spesso è che questi moai abbiamo un corpo nascosto nella terra. La guida ci ha spiegato che era molto frequente che i moai venissero rappresentati con un corpo, anzi praticamente tutti ce l'hanno.
Il fatto che questo si trovi per lo più interrato non è derivante da qualche motivazione religiosa, misteriosa o particolare. Semplicemente queste teste, essendo fatte di una pietra porosa e vulcanica piuttosto facile da scolpire (tipo tufo), a forza di imbibirsi per le piogge, sono lentamente affondate nel terreno fino a far affondare il corpo o anche più e quindi a comparire come li vediamo oggi.
Sì, a volte la spiegazione al mistero è molto semplice e molto poco romantica. Ma così è.

Il mistero è presto svelato quando ci si reca al secondo spettacolare sito, l'Ahu Tongariki.
Qui in origine pare che fossero posizionate diciotto statue con corpo e cappello (pukao). Durante le guerre civili che vennero combattute sull'isola le statue vennero fatte cadere in segno di ribellione contro i regnanti. Inoltre uno tsunami provocò ulteriori danni. Negli ultimi anni squadre di restauratori finanziati in parte da benefattori e dalla pubblica amministrazione hanno fatto sì che molti siti venissero recuperati e alcune statue rimesse in piedi al loro posto.
Ad oggi in questo sito sono presenti quindici statue, di cui solo una con il cappello (che pare sia stato messo addirittura per errore e non corrisponda a quello della statua che lo portava bensì ad un'altra). I pukai delle varie statue sono in fila per terra a pochi metri dalla piattaforma.
Le statue venivano rifinite nel dettaglio una volta posizionate sulla piattaforma. I loro dorsi sono ricchi di incisioni nella lingua locale, il Rongorongo, idioma che ad oggi non risulta ancora ben decifrato e tradotto. Secondo alcune ipotesi pare che le iscrizioni riportino il nome dell'artista o del regnante che dovevano raffigurare.
Sebbene infatti che ad una prima occhiata possano apparire tutte uguali, le statue una volta sul posto si rivelano molto differenti. Tutte hanno la classica espressione seria e fiera, le orecchie lunghe, le labbra serrate e il mento alzato, ma si differenziano per altezza, caratteristiche del fisico, del volto e anche per ricchezza di dettagli.


Il complesso di Michelangelo

Pare incredibile pensare che queste statue, secondo le cinque barra sei dinastie che si sono susseguite (a seconda delle correnti di pensiero e ipotesi dei ricercatori), si vadano a collocare solo fra l'XI e il XVI secolo d.C. circa. Già dal 1500 circa si iniziarono ad abbattere quelle esistenti e Cook fu testimone degli ultimi moai rimasti eretti, che rimasero abbattuti poi fino ai giorni nostri.
Se nessuno ci avesse spiegato, se non ci fossimo mai documentati e ci fossimo basati sulla pura deduzione e intuito, avremmo pensato che risalissero all'epoca di Cristo o anche prima.
Se fate caso anche nella sigla di Big Bang Theory vengono posizionate temporalmente addirittura prima degli egizi, ma questo assolutamente non è così.
Questo errore, che viene comunemente commesso, deriva probabilmente dal non concepire il gap culturale che esisteva fra noi e queste civiltà a parità di periodo storico. Viene spontaneo allineare questa civiltà a qualcosa di ben più remoto che sei, massimo dieci secoli fa.
Per noi, che in Italia avevamo Michelangelo Buonarroti che scolpiva la Pietà o il David, pensare che dall'altra parte del mondo si avesse una tale "arretratezza" (passatemi il termine senza malevolenza) artistica, è difficile da realizzare nell'immediato.
Eppure così era.
Ma ce li vedreste la Pietà e il David qui?
No, noi proprio no.
Questo posto è magico e magnifico proprio per queste statue rustiche, fiere e imperscrutabili: è unico.
E' davvero unico.


Da uomo roccia a uomo uccello

Due dei siti più gettonati sono il Vulcano Rano e il Villaggio di Orongo.
Entrambi si possono raggiungere sia a piedi che in macchina. Noi siamo andati con il nostro mini fuoristrada noleggiato, ma nel caso in cui siate interessati al percorso di trekking è bene sapere che il sentiero è lungo circa sedici chilometri. Visto che in cima non si trova proprio niente, salvo che un piccolo museo e un gran vento consigliamo di portarsi viveri, acqua e una giacchetta antivento (o qualcosa che ripari dalle correnti d'aria).
Una volta in cima il giro richiede al massimo un'oretta e si possono vedere: a) uno dei panorami più belli dell'isola verso l'oceano blu, b) il villaggio di Orongo, una serie di casette infossate nel terreno fatte di sassi e pietre, c) ammirare la spettacolare bocca del vulcano Rano all'interno del quale si è formato un lago paludoso.

Nel sito dedicato a Orongo viene spiegato quello che si è riusciti a capire circa il mito dell'uomo uccello.
In pratica, come scritto "poc'anzi" dal 1500 i moai non vennero più eretti e il loro culto cessò.
Per qualche ragione prese piede il culto dell'Uomo uccello (Tangata manu), che era un essere fatto per metà uomo e per metà uccello.
Ogni primavera i guerrieri scelti a rappresentare le varie tribù dell'isola dovevano partire dal santuario di Orongo, tuffarsi dalla scogliera a picco sul mare del vulcano Rano Kao, sperare che nessuno squalo che infesta queste acque se li mangiasse vivi, nuotare fino a Motu Nui (faraglione nell'ultima foto della serie qua sotto), arrampicarsi e raccogliere il primo uovo deposto dalla Sterna fuscata e infine consegnarlo al Gran Sacerdote.
Al vincitore veniva assegnato il titolo di uomo uccello per un anno intero, ossia fino alla primavera successiva quando la competizione si ripeteva.


Isola di Pasqua o Caraibi?

Un possibile dubbio che potrebbe assalirvi quando vi troverete fra questa incantevole spiaggia bianchissima e le acque cristalline del piccolo golfo di Anakena è se siate stati catapultati improvvisamente ai Caraibi.
Alcuni tour si fermano sapientemente per una tappa rilassante a fine giornata, e alcuni turisti decidono persino di non tornare con il pulmino pur di prolungare la sosta, prendere il sole e fare il bagno. Sì, il bagno, pare che qui l'acqua essendo molto bassa riesca a raggiungere una temperatura gradevole e quindi ideale per immergersi e nuotare.
Appena prima della spiaggia una distesa di prato verde e altissime palme ospita tavolini e panche in cui poter fare un picnic e rilassarsi. Ci sono anche delle bancarelle per i mercatini, un paio di locali dove mangiare e un negozio per comprare materiale per la spiaggia e lo snorkeling.
Per chi non è ancora stufo di vedere moai, si può visitare anche un'altro sito chiamato Ahu nau nau, in cui sette statue con i loro cappelli pukao vegliano eretti l'entroterra.


Qua e là...

Altri siti che abbiamo avuto modo di visitare sono stati le grotte di Ana Kakenga in cui si deve scendere con molta attenzione e se ci si vuole addentrare un po' è meglio portarsi una torcia.

L'Ahu Te Pito Kura, una pietra magnetica completamente levigata e tonda venerata per i suoi poteri magici.
Qui le bussole analogiche pare che impazziscano; mentre quelle di cellulari e orologi digitali non risentono del minimo effetto.

Il sito di Ahu a Kiwi, dove è presente un'altra serie di moai su una piattaforma.


Mo'-hai fame?

Ok, la smettiamo con questi titoletti ironici... tanto è quasi finito il post. (Alleluia! direte)
Dicevamo... Come in ogni località turistica i luoghi dove rifocillarsi sono molti ed Hanga Roa non è da meno.
Non sempre gli ambienti e la cucina rispettano il nostro senso della pulizia e dell'igiene, ma ci sono posti che sono curati e che durante il nostro soggiorno ci sono parsi carini e dignitosi.
Se si vuole rimanere su un budget limitato il piatto che va per la maggiore sono le empanadas, "calzoni" di pasta cotti al forno (per noi i più buoni) o fritti, ripieni generalmente di formaggio e tonno, formaggio e funghi, formaggio e prosciutto, formaggio e polpo (s'è capito che ai pasquensi piace il formaggio?), oppure di "pino" (da non confondere con la piña che è l'ananas) ossia il tipico ripieno cileno a base di carne, uova sode, olive e salse non ben identificate segreto della casa.

Per chi vuole provare altre specialità e alzare anche un pochino il budget, si possono provare piatti a base di pesce con salse di accompagnamento agrodolci, ceviche (tartare o semplicemente trito grossolano di pesce crudo, molluschi e altro marinati nel succo di limone e conditi con spezie varie), insalate di polpo e verdure locali.
Veramente tutto squisito.
Un paio di locali durante il nostro soggiorno offrivano anche cene a buffet a prezzo fisso, maggiorato di una quota per poter assistere ad uno spettacolo serale fatto di canti e balli locali.


Cosa ci siamo portati a casa?

Da questa zonzolata da sogno portiamo a casa ovviamente un sacco di ricordi di vita vissuta, ma anche splendidi orizzonti e panorami, l'aver potuto vedere dal vivo i giganteschi moai, averne potuto portare uno piccolo a casa come souvenir, le auto senza assicurazione, il fatto di sentirsi sicuri perché non esiste la criminalità, l'assenza di animali pericolosi, le prime empanadas "cilene" assaggiate, gli ananas-stecco che ci siamo mangiati sbrodolandoci tutti (c'è un corso universitario ad Hanga Roa proprio sull'antisbrodolamento, cui segue un dottorato e un master specifico), i ratti che ci correvano dentro le pareti in legno della casa e nel contro soffitto al crepuscolo, le prodezze dei surfisti nell'acqua gelata, i cocktail e il pisco, l'incredibile oceano blu, la quasi assenza di piante, i turisti che provavano a portare a casa carote ancora interrate in valigia, le valigie lasciate incustodite in aeroporto e ritrovate senza problemi, la disponibilità e onestà impagabile delle persone, l'aeroporto raggiungibile a piedi e... e abbiamo lasciato là un pezzo di cuore.



4 commenti:

  1. Grazie per le vostre zonzolate,ci permettete di sognare stando a casa,a lavoro,buona settimana,alla prossima

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  2. Sì è proprio un viaggio da sogno!
    Mi hanno sempre incuriosito e con voi ho un po' viaggiato.
    Grazie!

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  3. Grazie per i vostri racconti, grazie perché ogni volta è come viverlo insieme a voi!!
    Un abbraccio grande grande

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  4. Grazie a voi per aver zonzolato fin qui e aver lasciato il vostro commento. Spero tanto che possiate trovare informazioni utili per quanto potrete andare anche voi. Un abbraccio!

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