Enjoy food, travels and life

Ai ristoranti che fanno una straordinaria cucina ma che utilizzano pessime lampade per illuminare i piatti, e che quindi mi fanno scattare foto tremende, dovrei lasciare una recensione terribile. A prescindere!
Ci ho messo così tanto a rendere "visibili" e con luci che non tendessero all'ocra le foto dei piatti che ho scattato, che quasi mi passava la voglia di pubblicare questo post.
Il caro chef Alfio Ghezzi, dovrebbe sapere che la bontà della sua cucina ha superato la mia voglia di cancellare questo post, perché a Locanda Margon siamo stati benissimo!

Scherzi a parte, nella nostra solita politica del "se mi trovo bene, ne parlo bene", poiché il nostro giudizio è senz'altro positivo, abbiamo deciso di inserire questo locale nella nostra rubrica "Zonzolando... de-gusto" agendo come al solito nel completo disinteresse e senza alcun fine commerciale (che di questi tempi non è cosa da poco).
Il ristorante Locanda Margon, che si trova a pochi chilometri dal centro di Trento su una collina panoramica, funziona secondo due formule: una più informale che viene identificata come "Veranda", e una più ricercata e raffinata che si chiama "Salotto Gourmet", che ha da poco ricevuto la seconda Stella Michelin.
E' proprio in quest'ultima formula che, grazie ad un azzeccatissimo regalo dei miei colleghi, un bel sabato sera ci siamo ritrovati a "cenare" in questo locale.
Le virgolette sono quasi d'obbligo perché non si è trattato solo di una cena, ma di un vero e proprio percorso fra assaggi, sapori, tecnica, cultura ed emozioni.

Il locale ci è parso da subito elegante, moderno e raffinato, per non parlare dell'accoglienza che al nostro arrivo è stata impeccabile, calda e garbata.
Visto che alla formula Gourmet sono dedicati pochi coperti (massimo trenta circa per un totale di sei tavoli di diversi diametri), la sala in cui ci hanno fatto accomodare era piuttosto piccola. Dalla nostra posizione tutta la vista panoramica era scomparsa, motivo per il quale ci è parso che fosse più bello lo spazio dedicato alla veranda piuttosto che alla sala gourmet.
Ogni dettaglio della mise en place, la scelta dei materiali e ogni singolo piatto che ci è stato servito era evidentemente di pregio e frutto di ricerca; niente era lasciato al caso.
La scelta dei menù degustazione poteva ricadere fra due diverse tipologie che si differenziavano per numero di portate, accompagnamento di vini e - ça va sans dire - per importi differenti: Suggestione Bollicine e Terroir (il nostro).

Poco dopo esserci accomodati lo chef ci ha deliziati con una serie di amuse-bouche.
I primi sono stati una mozzarellina in carrozza e un mini cannolo di sesamo, formaggio fresco ed erba cipollina.


A seguire una ricciola appena scottata servita su un trito finissimo di sedano rapa e mela.


E poi ancora a seguire: a) Rose delle Dolomiti (formaggio Puzzone di Moena DOP affettato con la girolle a mo' di Tête de Moine), b) cialdine al Trentingrana DOP con scorzette di limone candido e polvere di caffè, c) sfoglie di grano saraceno, corniole, caprino e uova di trota, d) parfait di fegatini, nocciole e frutto della passione.


Il tutto accompagnato da grissini, burro salato e pane scelto da una selezione da vassoio.


L'antipasto, la prima portata ufficiale del menù, ci ha lasciati stupiti. Si trattava di un Salmerino di Preore in carpione con salsa agra delle sue uova. Il tocco scenografico era senz'altro il piatto, ossia la raffigurazione 3D di una valle di montagna sul cui fondo c'è un lago su cui viene adagiato il pesce (appunto di acque di lago di montagna). Fantastico! Si riesce a vedere? Se no... era colpa delle luci, non lo dico più! ;-)


Ancora un piatto azzeccato sono la rivisitazione degli gnocchi tipici trentini, gli Strangolapreti, in cui gli spinaci sono adagiati sopra lo gnocco invece che essere incorporati nell'impasto. Da dieci e lode anche il condimento che rendeva il piatto nel complesso dolce, croccante, acido e grasso. C'era tutto: gusto, tecnica e bravura.


Sempre per restare in tema di tecnica (elemento che accompagna dall'inizio alla fine tutta la cena) ecco un Coscio di coniglio con polenta, cipolle al forno e salsa con i suoi fegatelli. All'apertura della coscia la cottura della carne era perfetta e all'assaggio tenerissima. Parlando con lo chef alla fine della cena (sì, abbiamo avuto questo onore - confermando anche che è un grande umile chef) abbiamo capito che la cottura è tutt'altro che banale e semplice. La coscia che si vede nel piatto è la ricostruzione del pezzo dopo una attenta cottura e successiva ricomposizione.


Prima del dessert, da fuori menù ma classico passaggio pre-dessert nei ristoranti gourmet, abbiamo assaggiato un assortimento di piccola pasticceria: a) pizzetta salata di macaron, confettura di pomodoro, mozzarella e origano, b) tartelletta alla crema chantilly e mirtilli, con foglia di argento e menta, c) raviolo di cioccolato ai frutti rossi, d) torta sbrisolona, e) fortunella (kumquat) candita, f) pepite di nocciola dorate e g) cono gelato con crema e granella di pistacchio (che non mi entrava nella foto e ho inserito come montaggio).


Tutto a preludio del davvero creativo dolce "Mela pensando allo strudel" in cui quella che sembra una mela è in realtà una colata di cioccolato che racchiude... No, non vi rovino la sorpresa, va assaggiato!


A chiudere la nostra splendida serata, che difficilmente dimenticheremo, assieme ai caffè sono arrivati piccoli assaggi di pasticceria e infine praline al cioccolato e grappa (che non sono riuscita a fotografare).
Se volevano coccolarci ci sono riusciti in pieno, bravissimi tutti quanti!


Riassumendo:
Periodo: marzo 2017
Dove: Locanda Margon - via Margone, 15 - 38123 Ravina (TN)
Pregi: straordinaria scelta e lavorazione della materia prima valorizzando prodotti locali. Cucina moderna che richiama a ricette tipiche trentine con risultati lodevoli. Piatti pensati e creati dalla cucina e spiegati dal personale di sala in maniera impeccabile. Rapporto qualità prezzo ragionevole. Fuori menù e amuse-bouche da lode. Buona attenzione del personale per allergie o intolleranze anche se non so dire poi come viene gestita.
Difetti: quello che sto per scrivere non è un difetto del servizio del ristorante, ma un appunto del tutto soggettivo sulle modalità del servizio in generale che vale per una marea di locali di un certo livello. Personalmente non amo essere ripetutamente servita nel bere. In caso di cene intime (magari non vale per quelle di gruppo), il fatto di sorseggiare acqua e avere una persona che, seppur con la massima discrezione, verifica se ho bevuto e in quel caso versa altra acqua, mi disturba poiché toglie intimità alla serata e continuità al dialogo e alla conversazione.


Scrivo questa serendipity dopo aver chiuso una settimana caratterizzata da una brutta notizia che mi ha buttato giù, parecchio giù.
Un ottimo esercizio per ripartire e vedere un po' di luce in fondo al tunnel è questo esercizio quotidiano del buonumore, che mi è veramente servito per capire che il buono c'è, e anche quando non si vede è nostro dovere andarlo a scovare.
Fortunatamente non ho dovuto faticare per trovare i bei momenti, sono circondata da una marea di splendide piccole cose e grandi persone.
Benvenuti quindi al nuovo appuntamento con la "Zonzolando's Serendipity Box", la scatola che serve a ricordare i piccoli grandi piaceri della vita cogliendo il meglio di ciò che ci offre.

Troppo spesso infatti le nostre giornate sono riempite di pensieri e preoccupazioni tendendo a dimenticare il bello che nella vita c'è (sempre!). Con questa scatola voglio immortalare, se non tutto, gran parte delle cose belle che riempiono la mia/nostra vita quotidiana (ma che potrebbe essere anche quella di tutti), dalle grandi alle piccole cose che ci rendono felici e, ancora meglio, sereni.

Parto da dove ci siamo lasciati l'ultima volta e proseguo con la Serendipity Box n° 153.
  1. Gli effetti dello shopping estremo quando si è digiuni sia di centri commerciali, che negli stomaci richiedono esercizio fisico e mentale devastante. Nella food court abbiamo recuperato alla grande.
  2. Un mercoledì di ferie a Riva del Garda con un sole primaverile, il lago placido e la voglia di passeggiare.
  3. Attualizzazione di attività manuali di una volta: un film alla TV, un sacchetto gigante delle nostre noci lasciate ben essiccare e due schiaccianoci collaudati. Il risultato? Film più che altro udito, flessori ed estensori dell'avambraccio iper sviluppati, malli di noci frantumati ovunque per il salotto, un gheriglio su tre ingerito e una scorta per almeno un paio di mesi di frutta secca di prima qualità messa in dispensa. Quanto fa casa!
  4. Con l'occasione di sentire le solite chiacchiere, incontrare facce nuove e vicini di ufficio che non sapevi di avere.
  5. Lavoretti per una che non sa stare mai ferma. Prima o poi qualcuno mi dirà che disturbo ho, per intanto io proseguo.
  6. Una cena da due stelle Michelin che vi racconterò presto, molto presto. Una parola: fantastica!
  7. Il bellissimo modo con cui Massi mi ha avvisato che anche in montagna sta arrivando la primavera. E io ne sono felicissima: sia del pensiero, che della primavera. Son carichissima!
  8. Quando anche il mio Massi sperimenta in cucina e il mio ruolo è quello di assaggiatrice. Fosse sempre così! :-) E che bravo!

Questa serendipity potrei definirla quella delle "apparizioni". Per chi ci conosce un po' di più nella vita quotidiana capirà bene di cosa parlo nella Serendipity Box n° 154:
  1. Ta-daaa: i lampadari!
  2. Gli amici che ci vengono a trovare a casa con molto preavviso e che poi fra una chiacchiera e l'altra si fermano pure a cena. Disturbo? Macché, solo un gran piacere ritrovarsi.
  3. L'orchidea che ho curato come una balia ha finalmente deciso di ricompensarmi per tante cure.
  4. Tu chiamale se vuoi: partecipazioni...
  5. La primavera. La primavera. La pri-ma-ve-ra. Gioisco come una bambina davanti a una montagna di regali. Energia a me!
  6. Progetti con amici davanti a cene in posticini nuovi, buoni e curati.
  7. Era un secolo che non andavo al cinema. Certo che se sceglievamo un film un po' più allegro... Eppure Passeri mi è piaciuto.
  8. Colombe pasquali ad un mese dalla Pasqua? Per di più fatte in casa da un ex-concorrente di Bake Off proprio per noi? Oh sì, in casa Zonzolando si può! E noi gongoliamo. Anzi gongolavamo... perché son già sparite. Apparizioni e volatilizzazioni in questo caso. ;-)
  9. E con questo dulcis in fundo dichiaro la stagione delle coppe gelato enormi ufficialmente aperta! Perché quella dei gelati in sé non è mai chiusa. ;-)


Vista l'introduzione di questo post oggi mi dedico l'aforisma:
"La più perduta fra tutte le giornate è quella in cui non si è riso."
(Sébastien-Roch Nicolas de Chamfort)


Mi aspetta un weekend in compagnia, bucolico e zonzolante.
Ho già il sorriso per tutte le giornate da vivere.
Buon weekend a tutti quanti!


"Sto bene a casa mia", "Di questi tempi non è sicuro", "Ci vogliono tanti soldi" sono le ragioni (o anche scuse, dipende un po' dai casi) che mi raccontano in molti sul fatto che loro non viaggiano o non amano viaggiare.
Una delle migliori che ho sentito recentemente è stata: "Tanto quei posti oramai si possono vedere anche in TV e spesso anche meglio che dal vivo, non serve nemmeno che ti muovi più".
Caspiterina! E' proprio vero!
O meglio, per certi versi...
Perché è vero che ci sono dei servizi in TV, o online che permettono di vedere luoghi in modo approfondito, raccontando dettagli, aneddoti e storie che talvolta sfuggono anche allo zonzolatore più incallito. Addirittura può succedere che si possano cogliere sfumature che magari non si acchiappano sul momento, oppure che semplicemente per il tempo e le risorse a disposizione non possono essere viste. Per di più una zonzolata che richiederebbe tre giorni viene invece sapientemente montata e condensata in un'ora o poco più di trasmissione.
Le troupe televisive riescono a fare dei lavori veramente incredibili e io ne rimango spesso incantata, ammirata e invidiosa.
Ma è anche vero che ci sono ancora molte cose che non possono essere trasmesse e che solo viaggiando fisicamente si possono apprezzare: in primis il vivere il posto (dettaglio mica da poco eh!), poi ci sono i contesti, le sfaccettature soggettive che ognuno di noi percepisce in modo così personale e differente (io e Massi per esempio sebbene che viviamo le stesse identiche esperienze torniamo a casa con una marea di ricordi differenti che ci permettono quando ci confrontiamo di far riemergere dettagli incredibili) e che la TV inevitabilmente uniforma, e infine, cosa non di minore importanza, profumi e sapori.
Se infatti siamo riusciti a poter regalare ad uno spettatore seduto l'esperienza visiva di una città o di un luogo sperduto o inaccessibile (come anche lo Spazio), non siamo ancora riusciti a far arrivare profumi e sapori che caratterizzano un posto o un piatto tipico.
Io amo viaggiare anche per questo.
Amo viaggiare perché vivo una nuova vita ad ogni viaggio.
Amo lo zonzolare attivando tutti i miei sensi.
E ogni volta scopro nuove sfaccettature, nuove sensazioni, immagazzino nuovi ricordi, faccio esperienza sulla mia stessa pelle, sulle mie stesse papille. Ed è fantastico!
La sensazione del tempo si dilata, come quando da bambini il giorno, essendo così ricco di esperienze nuove, veniva percepito come qualcosa di lunghissimo. Un mese passato a zonzolare vale tre mesi di vita normale e più o meno sei passati in ufficio a lavorare. (Dati Elena-Istat 2017)

Se con il post su Santiago del Cile sono riuscita a farvi vedere in pochi spunti e immagini quanto possa essere bella la città e le sue attrazioni, facendovi un pochino zonzolare con me sperando che la curiosità vi ci porti proprio fisicamente, altrettanto non posso fare per quello che abbiamo mangiato e bevuto.
Come ve lo spiego di cosa sa il Mote con huesillo qua sotto?

Mote con huesillo bevanda tipica cilena mangia e bevi ricetta facile drink wheat and peach chilean drink recipe

Far vedere la foto può dare già una buona idea della sostanza, ma spiegare il sapore è tutt'altro che facile oltre che sempre molto soggettivo.
Beh, vale la pena di provarci. Vado!

Il Mote con huesillo (letteralmente "Grano con pesche") è un mangia e bevi tipico cileno che viene consumato abitualmente. Si serve sempre fresco (sui 4-6 °C) in un bicchiere alto e stretto con un cucchiaino già infilato dentro. Si compone principalmente di tre cose: un primo strato sul fondo di grano cotto, una o due pesche disidratate e reidratate cotte e il succo di cottura di quest'ultime.
Si mangia cercando di staccare la pesca o pezzi della pesca dal nocciolo (a volte si trovano anche le versioni snocciolate - ma comunque con pezzi interi della frutta), alternando bocconi di grano a sorsi di sciroppo.
Il grano è semplicemente lessato in acqua, ha una consistenza morbida ma non sfatta, la pesca invece è dolce, morbidissima, polposa e succosa: si scioglie in bocca. Il succo da bere è in sostanza uno sciroppo (quindi più denso di un semplice tè - contrariamente a quanto mi sembrava prima di assaggiarlo) forse troppo dolce per la cultura e i palati italiani, ma in linea con la caratteristica dolcezza dei dolci sudamericani.
Il gusto è veramente molto buono e nel complesso, essendo una bevanda fresca, è gradevole e perfetto per le giornate estive.

Mi è piaciuto e stupito così tanto che tornata a casa ho voluto rifarlo.
E se cercare di far capire il vero sapore scrivendolo in un post è già molto difficile, replicare in Italia una ricetta di cui dispongo della metà degli ingredienti è praticamente una missione impossibile.
Eppure ci ho provato e il risultato non è stato proprio tanto diverso, anzi, affatto male. Ad ogni modo vi riporto la ricetta originale, sia mai che possiate trovare tutti gli ingredienti.
Dal canto mio vi dico che non ho trovato la chancaca (leggi nota ricetta per sapere cosa è) e le pesche intere disidratate e mi sono arrangiata rispettivamente con zucchero di canna (che è quasi la stessa cosa) e pesche sciroppate.

Mote con huesillo

Preparazione: 10 min.Cottura: 60 min.Riposo: 10 ore
Porzioni: 4 Kcal/porzione: 530 circa
Ingredienti:

  • 8 pesche essiccate intere¹
  • 200 g di grano precotto
  • 170 g di zucchero di canna
  • 50 g di chancaca (in panetto)²
  • 1 stecca di cannella
Preparazione:

  1. Mettere in ammollo per almeno una notte le pesche disidratate in poco meno di un litro di acqua.
  2. La mattina seguente scolare le pesche e preservarne il succo.
  3. Cuocere il grano e una volta pronto, scolarlo e metterlo a raffreddare in frigo.
  4. In una casseruola ottenere un caramello cuocendo una modesta quantità di acqua e lo zucchero di canna. Una volta indorato unire il succo delle pesche un poco alla volta, poi la chancaca e la stecca di cannella. Unire infine anche le pesche, portare a ebollizione e lasciare cuocere per almeno 45 minuti o un'ora.
  5. Spegnere la fiamma e lasciare raffreddare completamente nel più breve tempo possibile.
  6. Una volta che sia il succo e le pesche che il grano saranno ben freddi, comporre il mangia e bevi disponendo in ciascun bicchiere prima il grano, poi due pesche e infine il succo fino a coprirle completamente.
  7. Servirlo immediatamente o conservarlo in frigo.
Note:

  1. In Italia sono un ingrediente non comune ed è possibile che sia complicato trovarle. In sostituzione si può provare con delle pesche sciroppate come ho fatto io (partendo direttamente dal passaggio 3)). Il risultato non è identico ma molto molto simile.
  2. La Chancaca, o anche Panela (o tanti altri nomi a seconda del Paese), non è altro che una grande "zolletta" di saccarosio ottenuto dallo zucchero di canna. Anche in questo caso non è sempre facile reperirla. Se non se ne dispone è possibile sostituirla con l'equivalente in peso di zucchero di canna, o per chi non ama troppo il dolce marcato (caratteristica di molti dolci sudamericani) ometterla del tutto.
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Io ci ho provato a spiegarvi il Mote con huesillo, questo mangia e bevi tipico cileno davvero delizioso, ma per chi fosse curioso, beh non resta che assaggiarlo in una bella zonzolata in Sud America. :-)


Dobbiamo essere super sinceri: Santiago del Cile è stata meta di una nostra recente zonzolata un po' per caso; più per necessità che per vera e propria nostra scelta.
Dall'Isola di Pasqua saremmo dovuti tornare direttamente a casa, ma non avevamo nessuna voglia di piazzarci su tre aerei e passare una valanga di ore di fila con le chiappe in cinquanta centimetri di larghezza e le gambe rattrappite piegate al massimo a 120°. Arrivati a Milano ci avrebbero dovuto disincastrare dai seggiolini e insegnare nuovamente a camminare. Così ci siamo detti che lo scalo di Santiago poteva benissimo diventare una bella tappa da aggiungere alla nostra ultima e magnifica zonzolata intorno al mondo (intorno letteralmente!).
Mai scelta fortuita (e salva articolazioni) fu più azzeccata.
Perché Santiago del Cile ci è proprio piaciuta.

Dall'aeroporto internazionale, per raggiungere il centro città, abbiamo utilizzato un servizio di taxi collettivo (Transvip). Il consiglio di non fidarsi dei tassisti senza licenza è valido, e quello collettivo è puntuale, preciso e onesto, per cui lo consigliamo anche noi.
Il banco delle prenotazioni si trova facilmente all'uscita dall'aeroporto. L'andata verso il centro città costa 7000 pesos (circa 10 euro). Per il ritorno verso l'aeroporto abbiamo richiesto la prenotazione del servizio alla reception dell'hotel e con uno smartphone era possibile tracciare il movimento del taxi in avvicinamento all'hotel per verificarne la puntualità. Sono stati impeccabili.

Avendo prenotato un delizioso hotel in centro abbiamo potuto visitare agevolmente la città a piedi. E oramai sapete che a noi piace proprio tanto questa cosa.

Eravamo a due passi dal Palacio de la Moneda, residenza ufficiale del Presidente cileno e teatro delle vicende che hanno visto la morte di Salvador Allende nel secolo scorso (1973) per opera del dittatore Augusto Pinochet.
Il Paese non ci è parso ancora del tutto pronto ad affrontare questo argomento. La parola Pinochet associata a dittatore sanguinario mette ancora timore e la sua figura risalta ancora in qualche struttura, targa o monumento più come portatore di innovazione, che per essere responsabile della morte di migliaia di persone.
Se avrete occasione di vedere recentemente il Museo di storia cilena vedrete che l'argomento viene glissato con grande nonchalance. Staremo a vedere gli sviluppi futuri.
Ad ogni modo, al di là della storia, questo edificio neoclassico del 1700 è veramente imponente. Pare che si possa visitare anche nei cortili interni con visite guidate, ma purtroppo a noi non è stato possibile metterci piede, anzi nemmeno avvicinarci perché era in corso la visita del presidente francese Hollande. Intorno al palazzo c'era una imponente presenza di forze dell'ordine.

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A pochi passi da La Moneda è possibile visitare Plaza de Armas, grande piazza centrale della città su cui si affacciano alcuni dei principali edifici storici. In questa piazza piena di palme sostano sulle numerose panchine un sacco di persone, per cui è un posto perfetto per fare "people-watching".
Il principale edificio che si affaccia su questa piazza è la Cattedrale Metropolitana, edificio neoclassico terminato nel 1800 il cui ingresso è libero salvo che negli orari delle funzioni. Siccome gli orari di apertura indicati dalla guida non ci azzeccavano per niente, ecco forse un link utile che dovrebbe essere mantenuto aggiornato nel tempo.


Sempre affacciati su Plaza de Armas si trovano il Palacio de la Real Audiencia de Santiago che ospita il Museo nazionale di storia cilena di cui ho parlato poco fa in riferimento a Pinochet.
A parte la ricostruzione degli ultimi anni il museo è ben fatto ed espone pezzi importanti di storia, arredi, dipinti e fotografie di pregio.
Praticamente agli antipodi del Museo Nazionale di storia cilena rispetto alla piazza, percorrendo di pochi metri una via laterale, si può visitare il Museo de Santiago Casa Colorada.
Si tratta di un edificio di particolare pregio storico per Santiago e per il Cile intero. Durante la nostra visita era chiuso per lavori di ristrutturazione.


Una visita merita senz'altro il Mercato Centrale, dichiarato dal National Geographic tra i primi cinque mercati più belli al mondo. Questo mercato è rinomato per la sua architettura unica, la varietà e la qualità del pesce e dei frutti di mare, per il suo clima festoso. Qui i turisti possono assaggiare fra i piatti più tipici della cucina cilena.
Il mercato centrale di Santiago, che è stato dichiarato monumento storico nel 1984, ha 241 locali tra cui pescivendoli, bancarelle di artigianato, macellerie, negozi di formaggi, generi alimentari, negozi di liquori e prodotti da forno.
Il profumo entrando verso il settore ittico non è proprio gradevole, ma addentrandosi l'odore scema un po' e altri profumi più succulenti di piatti pronti la fanno da padrone. L'interno (lungo il perimetro) pullula di vita già dalle prime ore del mattino, ma la gran parte dei locali interni del settore centrale, comprese le bancarelle di souvenirs aprono dalle 10 in poi, per cui non vale la pena visitarlo troppo presto, a meno che non si vogliano fare compere di alimenti sfusi.


Poco distante si trova il Cerro Santa Lucia, una piccola e graziosa collina proprio nel centro di Santiago che funge anche da parco.
Questo luogo romantico frequentato da numerose coppiette offre un intrigo di salite, scalinate e sentieri in certi punti molto comodi da percorrere, in altri veri e propri punti da scalare. Abbiamo assistito a scene in cui principi azzurri si caricavano in braccio o in spalla donzelle sandalo e gonnellina munite per evitare che si sfracellassero giù da scalinate davvero vertiginose.
Una volta in cima la vista non è granché perché la cappa di inquinamento e smog che grava sulla città non permette di vedere molto lontano. Lo sguardo quindi si perde sui palazzi intorno e poco oltre.


Nel centro della capitale, proprio a ridosso del parco forestale, dove tutte le mattine un sacco di gente fa jogging, si trova il Museo de Bellas Artes. Si tratta di un bellissimo e imponente edificio monumentale progettato dall'architetto franco-cileno Emile Jéquier, e costruito per commemorare il centenario del Paese.
All'interno si trovano numerose collezioni di arte, anche di epoca coloniale, ma anche collezioni di dipinti italiani, spagnoli e fiamminghi e molto altro ancora.
Una volta terminata la visita consigliamo di fare una bella passeggiata nel parco antistante, magari restando ad ascoltare qualche bella aria suonata da violinisti di strada. Noi siamo rimasti incantati dalla bravura di un musicista che poi ci ha deliziato per tutta la durata di una cena che abbiamo consumato proprio in un locale che si affacciava sul parco.


Un'altra meta gettonatissima di Santiago è il Cerro San Cristóbal, una collina a nord di Santiago a 850 m sul livello del mare che sulla città svetta di 300 m circa.
Sulla sua sommità si trova un santuario dedicato all'Immacolata Concezione, con una gigantesca statua della Vergine Maria. Ai piedi della statua, alla stregua del Cristo Redentore di Rio de Janeiro, si trova una piccola cappella.
La notte è possibile vedere questa statua illuminata da numerosi punti della città. Nuvola di smog permettendo...
Per raggiungere la vetta si può salire a piedi (circa 45 minuti di salita), in auto o prendendo una funivia, recentemente ristrutturata che risale il versante ripido della collina. La coda per i biglietti parte alle 10 di mattina e consigliamo di andare per tempo perché già poco dopo l'apertura l'attesa rischia di farsi molto lunga.
Durante la salita la funicolare effettua una sosta intermedia che permette ai turisti di scendere per poter visitare lo Zoo nazionale cileno e il Giardino giapponese.


Una volta in cima, se ha appena piovuto o se il vento spazza via la cappa di smog, di può godere di una splendida vista della città e delle catene montuose all'orizzonte. Come si può ben vedere nella foto qua sotto, non aveva né piovuto, né aveva tirato vento per cui, a parte qualche grattacielo nei pressi della collina, questo è stato il meraviglioso panorama che abbiamo visto: un muro grigio-beige.
Battute a parte, questa collina merita una visita. In cima infatti ci sono dei bei percorsi da fare a piedi, luoghi in cui raccogliersi in preghiera (per i credenti ovviamente), numerose bancarelle dove acquistare souvenir o cibo e panchine su cui rilassarsi con un Mote con huesillo, un delizioso mangia e bevi tipico cileno a base di grano e pesche secche reidratate.


Restando in tema cibo vi consigliamo di spendere un pasto nel quartiere di Bellavista, dove si trova una concentrazione di negozi, ristoranti e bar davvero incredibile e per di più uno più carino dell'altro. Il quartiere è un susseguirsi di case colorate, locali, vita e movimento.

Siccome si trova proprio a due passi dall'ingresso della funicolare, non è male scendere, entrare nel Patio Bellavista per fare acquisti di gioielli con lapislazzuli e turchesi incastonati e assaggiare piatti tipici della cucina cilena come Pastel de Choclo, un piatto unico composto da una sorta di spezzatino di carne, uova, olive e spezie coperto da uno strato di mais stracotto ridotto quasi ad una purea e gratinato in forno (delizioso!) o degli Alfajores, famigerati biscotti diffusi in tutto il Sud America che qui vengono preparati in un sacco di declinazioni, per non parlare delle immancabili e veramente gustose empanadas.


The last but not the least (ultimo ma non peggiore) e sempre nel quartiere di Bellavista è La Chascona, casa-museo di Pablo Neruda, celebre poeta e politico cileno che ha vissuto in questa casa per molti anni. Purtroppo non è possible scattare fotografie all'interno per cui mi sono soffermata ad un solo scatto all'ingresso dell'abitazione.


Nonostante che questa zonzolata sia nata un po' per caso e il soggiorno in Santiago sia stato piuttosto breve (siamo rimasti solo tre giorni) siamo riusciti a vedere molto, e siamo sicuri che abbia ancora molto da offrire.
Santiago ci ha piacevolmente stupiti per il clima, le cose da vedere, la gente, le cose da assaggiare e i ricordi che ci ha lasciato: indelebili e bellissimi.
Proprio per questi motivi ci piacerebbe veramente un sacco tornare.
Non è un addio quindi, ma un arrivederci!


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