Enjoy food, travels and life

Benvenuti al nuovo appuntamento con la "Zonzolando's Serendipity Box", la scatola che serve a ricordare i piccoli grandi piaceri della vita cogliendo il meglio di ciò che ci offre.

Troppo spesso infatti le nostre giornate sono riempite di pensieri e preoccupazioni tendendo a dimenticare il bello che nella vita c'è (sempre!). Con questa scatola voglio immortalare, se non tutto, gran parte delle cose belle che riempiono la mia/nostra vita quotidiana (ma che potrebbe essere anche quella di tutti), dalle grandi alle piccole cose che ci rendono felici e, ancora meglio, sereni.

Parto da dove ci siamo lasciati l'ultima volta e proseguo con la Serendipity Box n° 143:
  1. Quei momenti di attesa dopo l'ordinazione del pranzo in cui si pregusta il cibo, si gusta la pace, il giornale e si placa la fame con un tozzo di pane.
  2. I colori caldi dell'autunno: le cromie più azzeccate per la stagione fredda. La natura è veramente unica.
  3. Guarda un po' chi c'è lassù sul palco a fare il discorso? :-)
  4. Scrivere un post, dover inserire l'immagine andandola a cercare nella finestra di gestione delle foto ed rimanere piacevolmente stupita del colpo d'occhio del tanto lavoro fatto. Sì, devo ammettere che mi piace.
  5. Consumare crema di zucca (1 kg di zucca, 1 cipolla, 1 cucchiaio d'olio, 1 presa di sale e 1 presa di misto spezie homemade - nient'altro) come se non ci fosse un domani. Ne stiamo mangiando così tanta che fra poco, con tutto il betacarotene assunto, ci chiameranno Marge e Homer Simpson, altro che!
  6. Gli aperitivi in riva al lago il venerdì sera con cieli infuocati e il weekend alle porte.
  7. Le micro tappe / pausa caffè / seconda colazione che sono tanto il prologo di belle zonzolate con Massi.
  8. Una cena con Emilio, che ci ha portato dal suo ultimo viaggio in Islanda le nostre cioccolate islandesi preferite. Quante chiacchiere, risate, ma soprattutto sogni e progetti. Ce la faremo Emilio! Ce la faremo!

Una raccolta di fantastici ricordi grazie a Massi e ad un weekend lungo che ci regalato giornate primaverili fantastiche nella Serendipity Box n° 144:
  1. Una cenetta romantica col mio Massi in un posto fantastico, di cui ho parlato qui.
  2. Il mio piatto preferito della serata: uovo con fonduta di malga e tartufo. No vabbè!
  3. Potrebbe sembrare una colazione, in realtà è un aperitivo sapientemente scelto in vista di una serata che ci richiedeva un bel po' di impegno. Servivano zuccheri e noi ci abbiamo dato dentro. E che bontà!
  4. Passeggiare lungo il pontile di Forte dei Marmi, respirare il profumo del mare a pieni polmoni (quanto mi mancava!) e godersi il sole di una giornata stupenda. Quanto vorrei il teletrasporto!
  5. Gelato per quattro: mamma, babbo, (Massi mancante pagante) e la "cucciola". Finirete mai di chiamarmi così? E poi... ma da chi l'ho presa la voglia di tutto sto gelato eh?
  6. Quando a due passi da casa mi ritrovo a passeggiare per sentieri che attraversano campi in veste invernale. Filari di cipressi di una bellezza che mi incanta ancora ogni volta. Quanto amo questo posto. Ribadisco: quanto vorrei il teletrasporto!
  7. Un giretto a Lucca Comix, giusto per non perderci tanta incredibile atmosfera fantasiosa e creativa su cartoons e altro.

Non ci sono solo preparativi per sogni che si realizzeranno, ma tante lacrime di commozione e gioia per pietre miliari che sto posando nella mia vita. Ecco una delle serendipity che sento come tra le più profonde e affettive che ho mai pubblicato: la Serendipity Box n° 145.
  1. Avrò visto questo panorama non so quante volte oramai. Non so quante volte l'ho già messo in serendipity in tante vesti, colori, ore del giorno e della notte, eppure non mi stanco mai di fotografare, scrivere, urlare al mondo quanto è bello questo posto.
  2. Aperitivo-colazione reloaded: del resto il cervello carbura solo a zuccheri.
  3. Ci hanno messo davanti a oro, platino, palladio e diamantini a profusione. Ci hanno decantato proprietà, durevolezza, dettagli. Ci hanno incantati con frasi del tipo: "Un diamante è per sempre...", "Dovete capire che è una scelta importante perché è una cosa che dovete portare per sempre, un simbolo del legame che vi rappresenta e unisce."
    Alla vista di tutto quell'inutile metallo e pietre adatti a chiunque, l'unica cosa che abbiamo capito è stata che non ci sarebbe stato nessun monile al mondo che avrebbe potuto anche solo provare a racchiudere, rappresentare o simboleggiare la nostra unione. Abbiamo capito che l'unica cosa che avremmo portato per sempre, che non avremmo mai potuto togliere, che per noi aveva il massimo valore possibile era la nostra stessa pelle. Fu così che scegliemmo il nostro "anello per sempre".
  4. Eh già, l'avete capito, ci siamo quasi. Oramai è ufficiale: the Zonzoloni are getting married. :-) Che dite del vestito?
  5. Commuovermi come un cartone giapponese nel vedere il video del bambino appena nato di una mia amica. Una roba più tenera e miracolosa non so se possa esistere.
  6. Mi sa che oramai vi ho perso con la "bomba" del punto 4), ma sappiate che questa cecìna era proprio la fine del mondo.
  7. Domenica mattina, come due vecchietti, io e Massi a passeggiare sul lago. E forse è proprio così che voglio invecchiare. E no, quello del punto 4) non è il mio vestito ufficiale. :-)

L'aforisma degli ultimi giorni trascorsi non poteva che essere:
"Fai della tua vita un sogno, e di un sogno, una realtà."
(Antoine De Saint-Exupéry)


Noi ci lavoriamo costantemente su e per fortuna le soddisfazioni sono sempre tante.
Buoni sogni e buona vita a tutti! :-)


Possibile che dopo cinque anni e mezzo di blog, una valanga di ricette pubblicate, manchino ancora alcune di quelle a cui sono più affezionata?
Una di queste, non è per l'appunto solo un piatto regionale favoloso, ma un trait d'union che mi ha accompagnato dall'infanzia fino ad oggi e a cui associo ricordi bellissimi.
Oggi cari miei bei lettori non c'è una semplice ricetta, oggi c'è un puzzle di pezzi di storia, di momenti indimenticabili della mia vita.

C'era la cecìna, quando s'andava con mamma e babbo a Lucca a fare compere.
Ricordo che fin da piccolissima, si passava a fare una capatina "Da Felice" e si prendeva o un pezzo di pizza o la cecìna (scescìna - detto alla toscana) con una spuma bionda.
Dentro il minuscolo locale, sempre strapieno, solitamente trovavo un posticino a sedere al bancone, mentre i miei mi stavano intorno e la mangiavano in piedi. Essendo un pasto veloce non ci toglievamo nemmeno i cappotti e ricordo perfettamente il caldo dovuto alla gente, all'infaticabile forno a legna e al cibo bollente che scendeva in pancia.
Quanto mi piaceva! Che ricordi!

C'era la cecìna nella pausa pranzo di scuola quando si restava anche il pomeriggio. I soldi in tasca erano pochi, il tempo ancora meno e si cercava qualcosa di veloce, economico e soprattutto buono.
Ci sedevamo sugli scalini del negozio davanti alla pizzeria che la vendeva, o al bancone rivolto verso il muro a specchi giocando fra di noi a fare gli scemi con i riflessi.

C'era la cecìna quando il sabato sera con gli amici si facevano "le vasche" per la via principale del centro. Si mangiava camminando tenendola sulla carta paglia gialla che dopo un po' era tutta unta.

C'erano sia la cecìna che le farfalle nel mio stomaco nei primi appuntamenti con Massi.
Lui stesso ricorda ancora benissimo (e di acqua sotto i ponti ne è passata!) l'amore che fu per la prima cecìna assaggiata a Pisa.
Che c'entri quindi qualcosa la cecìna se ha iniziato ad amare la T/t-oscana?
Di sicuro mi piacerebbe che questo amore non finisse, e se per quella con la T maiuscola me ne potrei anche fare una ragione, per la seconda proprio ci soffrirei assai.
Sia mai che la cecìna sia una vera pozione d'amore solida, durante le rigide sere d'inverno trentine accendo la stufa a legna (ma va bene pure il forno, che tanto mica siamo puristi) e gli preparo le focacce con la cecìna.
Se avessi mai un giorno da farmi perdonare qualcosa, so come arrivargli al cuore in un attimo.
E' inutile: gli piace davvero un sacco.
Sì, credo proprio che questo sia uno dei suoi piatti preferiti e, stando a quel che dice, pare che quella che prepariamo in casa sia ancora più buona che quella comprata.

Cecina farinata di ceci ricetta tradizionale tipica toscana e liguria per celiaci vegana intolleranti lattosio - Chickpea cake recipe

Direi altrettanto per me, ma io non faccio testo, perché quando c'è vita vissuta di mezzo, storia ed emozioni che si legano al piatto, forse quello che dovrebbe essere un giudizio obiettivo alla fine non è così.
Lascio a voi l'ultima parola.

Provatela a casa seguendo la ricetta qua sotto, provatela in Toscana o alle porte della Liguria.
A La Spezia chiedete della "farinata", a Massa della "calda calda", a Pisa e Lucca della "cecìna", a Livorno della "cinque e cinque": vi serviranno sempre un delizioso, saporito, economico, semplice e salutare street food a base di farina di ceci, acqua e olio.
E' sempre lei.
Ed è fantastica!

Se non l'avete mai assaggiata la dovete immaginare unta al punto giusto (se è asciutta non va bene, se è troppo unta allora è pasta fritta, non cecìna), saporita, ben impepata, ma soprattutto calda, anzi bollente.
Come primo assaggio si può consumare da sé con una bella spolverizzata di pepe, ma l'ideale è piazzarla dentro focaccine anch'esse calde.
Una vera goduria!


Come gran parte dei piatti poveri di un tempo, questa ricetta nacque quasi per caso.
Interessanti informazioni si trovano sul sito Taccuini Storici, di cui riporto fedelmente il testo:
"Nel XIII sec. le navi erano sospinte oltre che dal vento anche dalla forza dei rematori, spesso alimentati con zuppe di legumi ben conservabili come i ceci.
Dopo la battaglia della Meloria (1284), dove i genovesi sconfissero i pisani, le galere della “Lanterna” erano così affollate di riottosi vogatori da perdere la loro proverbiale agilità, e sembra che una di queste imbarcazioni, solcando l’irrequieto Golfo di Biscaglia, si sarebbe trovata per diversi giorni al centro di una tempesta.
L’acqua di mare imbarcata provocò gravi danni nella stiva: i ceci si ammollarono, qualche barile di olio si sfasciò, e l’umido ridusse tutto in una purea. Quando ritornò il bel tempo, fu scoperto il piccolo disastro arrecato alle provviste e, per il fatto che i viveri erano diventati scarsi, ai prigionieri fu dato da mangiare l’informe cibo. Qualcuno dei pisani rifiutò la purea, abbandonando la scodella sul banco, salvo poi riappropriarsene il giorno dopo, quando i morsi della fame erano diventati irresistibili.
Un’intera giornata di esposizione al sole aveva però trasformato la pietanza in una specie di focaccetta, qualcosa di diverso dalla poca appetitosa poltiglia di ceci. La scoperta casuale interessò i genovesi che ne perfezionarono la ricetta cuocendola in forno a legna, e battezzandola per scherno agli avversari “oro di Pisa”.

Cecìna - Farinata di ceci

Preparazione: 10 min.Cottura: 25 min.Riposo: 4 ore
Porzioni: 4 Kcal/porzione: 220 circa
Ingredienti:

  • 250 g di farina di ceci¹
  • 750 ml di acqua
  • 100 ml di olio extravergine di oliva
  • Sale e pepe q.b.
Preparazione:

  1. In una ciotola unire assieme la farina setacciata, l’acqua fredda e il sale. Mescolare accuratamente facendo attenzione che non vi siano grumi. Lasciare riposare la ciotola coperta con un panno per quattro ore o anche più.
  2. Trascorso questo tempo accendere il forno a 220 °C in modalità statica.
  3. Togliere l'eventuale schiuma che si è formata in superficie, aggiungere 70 ml d'olio e rimescolare.
  4. Ungere due teglie² di ø 28 cm con il restante olio passandolo bene anche nei bordi.
  5. Versare il composto nelle teglie e infornare per 20-25 minuti circa. Una volta cotta la cecìna si staccherà prima dai bordi da sé e poi dal fondo con l'aiuto di una spatola. Qualora non si staccasse bene, prolungare la cottura in forno.
  6. Sfornare e servire con un'abbondante spolverizzata di pepe appena macinato.³
Note:

  1. Nel caso di persone intolleranti al glutine leggere attentamente l'etichetta del prodotto.
  2. L'ideale sarebbero due testi di rame stagnato.
  3. E' molto buona da sé, ma ancora di più se consumata all'interno di focacce calde.
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A volte capita che il posto in cui si mangia bene non sia esteticamente un granché, altre volte capita invece che il posto sia bellissimo ma la cucina lasci alquanto a desiderare.
Capita anche, e questo è molto più raro, che esistano posti a dir poco meravigliosi, in cui si mangia divinamente e magari anche al giusto prezzo vista la fortunata precedente combinazione.

Un semplice "stasera ti porto a cena fuori" del mio lui ha trasformato una di quelle giornate che si vorrebbero dimenticare in una di quelle si vorrebbero tatuare per sempre nella memoria.
Sicuramente non tutto il merito è da attribuirsi alla cena in sé, ma senza dubbio la location e quel che abbiamo assaggiato hanno contribuito a rendere la nostra serata qualcosa di speciale.
Per cui nella nostra solita politica del "se mi trovo bene, ne parlo bene", poiché il nostro giudizio è complessivamente positivo, abbiamo deciso di inserire questo locale nella nostra rubrica "Zonzolando... de-gusto" agendo come al solito nel completo disinteresse e senza alcun fine commerciale (che di questi tempi non è cosa da poco).

Immagine presa dal sito Web del ristorante

In una serata autunnale di un giorno feriale mi sono quindi inaspettatamente ritrovata in un castello arroccato su un istmo del Lago di Toblino.
In pratica una roba da sogno.

Lasciata la macchina nel parcheggio sterrato del castello, abbiamo salito la rampa che conduce all'ingresso. Il non aver avuto i tacchi mi è stato sicuramente d'aiuto perché la salita con certe calzature può risultare ripida e sconnessa. Per cercare di agevolare il percorso è stato steso un tappeto dal parcheggio all'ingresso, che però non riesce a compensare del tutto il disagio della pavimentazione di un tempo (che di sicuro non era stata pensata per la finalità di oggigiorno).

Siamo stati accolti con una gentilezza unica in una sala che, visto il giorno feriale, era praticamente riservata a noi.


Per intrattenerci nell'attesa delle nostre ordinazioni lo chef ci ha dato il benvenuto la sua hors d’oeuvre: una crema di ceci con gambero, delicata e cremosa.
Ho dimenticato di fotografare il vassoio del pane in cui era presente una piccola carrellata di panini dalle varie forme e gusti come segale, laugenbrot, noci eccetera.


Io ho scelto il Menù Autunno, mentre Massimiliano il Menù Goloso (entrambi 35 € l'uno). L'antipasto del Menù Autunno era l'Uovo 65 con fonduta ai formaggi di malga e tartufo nero: credo il piatto tecnicamente più riuscito del mio menù. L'uovo, che è stato cotto ad una temperatura di 65 °C fino alla sua coagulazione, risultava cotto, morbido e si sposava divinamente con la fonduta e il tartufo.


L'antipasto di Massi era il Breakfast, una composizione di una brioche da accompagnare al foie gras (nel cucchiaino di ceramica), un cremoso cappuccino ai porcini da scoprire in densità e sapore nei vari strati e uno zabaione al tartufo che chiudeva il giro lasciando il palato profumato e appagato.


Il primo del Menù Autunno erano dei Canederlotti alle verze con crema al Puzzone di Moena e speck croccante. Più che il canederlo in sé, che mi pareva un po' troppo duro e gommoso, personalmente ho trovato più buono l'accompagnamento: saporito, deciso e croccante. Bella e curata come sempre l'estetica del piatto.


Il primo del Menù Goloso prevedeva Tortelli di zucca con spuma di parmigiano e cialde all’amaretto: un piatto che racchiudeva prodotti per lo più regionali con quello che ci ha ricordato essere un tocco di cucina mantovana (di cui Massimiliano è un vero appassionato). Che dire quindi? Delizioso! Ovviamente se non piace il dolce dell'amaretto nel piatto non occorre nemmeno provare ad ordinarlo, ma se invece dovesse piacere allora questo piatto potrebbe farvi felici.


La carrellata di assaggi del Menù Autunno è conclusa con uno Sformatino alla ricotta ripieno di Susine di Dro servito caldissimo in un tegamino di rame accompagnato da un fresco sorbetto al mosto d’uva.
Li ho trovati entrambi buoni, anche se forse non all'altezza del livello degli altri piatti.


Con la Mela speziata con gelato alla vaniglia e zabaione al Vino Santo del Menù Goloso a Massimiliano è andata meglio. Sotto consiglio del maitre entrambi i dolci sono stati accompagnati da un bicchiere di Vino Santo del 2002 che con quest'ultimo dolce faceva un'accoppiata fantastica.


Per chiudere la serata assieme ai caffè sono arrivati piccoli assaggi di pasticceria.


Riassumendo:
Periodo: ottobre 2016
Dove: Ristorante Castel Toblino - via Caffaro, 1 - 38072 Sarche, Calavino (TN)
Pregi: cucina nel complesso buona come anche la cura e la presentazione dei piatti. Lodevole l'utilizzo e la valorizzazione dei prodotti locali. Locale ricercato e pulito, bellissime le sale interne e la terrazza esterna aperta nel periodo estivo. Servizio impeccabile e discreto.
Difetti: accesso al castello non agevole a tutte le categorie di persone. Proposte per allergie e intolleranze da migliorare.


Dalla pubblicazione del post sulla validità dei matrimoni a Las Vegas abbiamo ricevuto un sacco di richieste d'aiuto.
Per quanto non me ne venisse indietro un centesimo e spessissimo nemmeno un semplice "grazie" in risposta, ho sempre risposto a tutti, cercando di fare del mio meglio.

Il fatto che non sempre si riceva una risposta, un semplice "grazie", un commento o un aggiornamento dopo tanto lavoro, a volte porta un po' di sconforto e voglia di mollare tutto.
Credo molto nella condivisione delle esperienze sul Web raccontate in maniera obiettiva e con lo spirito di aiutare il prossimo che si approccia alle stesse scelte/esperienze.
E' grazie alla condivisione che siamo in grado di facilitare processi, elaborazioni di idee e velocizzare la comunicazione di informazioni.
Ma condividere non è solo prendere dal Web, ma è anche dare.
E io sono davvero felice quando posso constatare che questo sistema può funzionare grazie a quelli come Karim e Gianluca (di cui vi avevo già parlato qui), o come Claudia e Massimo oggi, che hanno deciso di raccontare la loro esperienza lasciando consigli e dritte utili.
Come facevo a non dedicare un intero post anche a loro?
Dopo avergli chiesto l'autorizzazione alla pubblicazione ecco quello che mi hanno scritto:

Il nostro matrimonio a Las Vegas è andato benissimo!

Come cappella abbiamo scelto la Little White Wedding Chapel, per 3 buoni motivi:
1) offre la possibilità di cerimonie anche in sale più piccole, perfetta per noi che eravamo solo in due;
2) il sito è molto chiaro e si può prenotare ogni aspetto della cerimonia senza il rischio di avere sorprese dopo... come costi extra ecc.
3) nel 1958 nella stessa cappella si sposarono anche Paul Newman e Joan Woodwoard... un bell'esempio insomma... e poi con questa scelta abbiamo immediatamente incontrato il favore delle rispettive mamme!!! Ah ah!


Rispetto ai precedenti post/commenti ho solo da aggiungere un consiglio e una conferma:

Quando si deve compilare il form per richiedere l'invio delle Apostille, anche se è segnata tra le opzioni accettate, non inviate i dati di una carta American Express. A noi sono tornati indietro i documenti con la richiesta di inviare di nuovo tutta la documentazione con i dati di una diversa carta di credito. Non siamo stati contattati per email o per telefono, nonostante queste informazioni fossero presenti. Di conseguenza i tempi di attesa per avere le Apostille si sono dilatati in maniera esorbitante!

Per quanto riguarda la trascrizione del matrimonio, confermo che a Milano accettano tranquillamente le traduzioni fatte dagli stessi sposi che devono assicurare che quanto tradotto corrisponde a verità.
Per la separazione dei beni, se vi interessa, occorre farla a parte con atto notarile ma al Comune si può richiedere per questo e altri motivi un sollecito nell'aggiornamento dei dati all'ufficio anagrafe. Noi abbiamo avuto l'aggiornamento in un mese contro i tre previsti.

Massimo & Claudia
Las Vegas 14/01/16


Grazie mille Claudia e Massimo per aver condiviso la vostra storia, siete splendidi e vi auguro un sacco di felicità!


Se siete alla ricerca di una meta a portata di weekend lungo e di portafoglio, l'ex capitale reale della Polonia è quel che potrebbe fare al caso vostro.
Cracovia, che si trova nell'estremo Sud della Polonia, è infatti una destinazione economica raggiungibile con numerosi voli da vari aeroporti nazionali.
A seconda della compagnia, del periodo, delle offerte e del bagaglio che ci si porta appresso, con meno di 100 € a persona si va e torna da questa città.
Una volta atterrati all'aeroporto dedicato a Papa Giovanni Paolo II, un mezzo molto conveniente e veloce per raggiungere il centro città è il treno. L'aeroporto è direttamente collegato alla stazione dei treni per cui basta seguire la segnaletica per arrivare ai binari. I biglietti si possono acquistare alle biglietterie automatiche o direttamente sul treno purché lo si segnali immediatamente al controllore, pena multe salate.
In una ventina di minuti circa di treno (pulito, moderno e ben curato) si arriva alla stazione di Krakow Glowny, che è la stazione centrale di Cracovia, che dista meno di dieci minuti dal centro città e quindi dalla piazza principale.

Cracovia cosa fare vedere mangiare consigli di viaggio Polonia - Kracow Poland trip advices to do see and eat

Il nostro soggiorno è durato sei giorni di cui due passati fra Auschwitz e la miniera di sale di Wieliczka.
Come sempre al nostro arrivo abbiamo zonzolato un po' a casaccio, scoprendo quello che la città offriva man mano che ci addentravamo.
A piedi ci siamo fatti una zonzolatina serale per le strade di Stare Miasto, la città vecchia. E' facile riconoscerla perché è racchiusa in una cinta muraria difensiva di circa tre chilometri. Il lungo fossato, che un tempo fungeva da protezione di attacchi esterni, è stato oggi colmato e trasformato in un bellissimo parco verde che la circonda interamente. E' possibile quindi spendere una tranquilla oretta della giornata semplicemente godendosi questa passeggiata nel verde e soffermarsi in qualche locale a sorseggiare qualcosa.
Per entrare in città ci sono otto ingressi a forma di arco che costituivano le antiche porte di ingresso alla città. Ad oggi sono accessibili ai pedoni e a veicoli che hanno il permesso di accesso. L'interno della città vecchia è quindi sostanzialmente una zona percorribile a piedi senza molto intralcio e traffico.
Dal giorno successivo siamo stati più metodici e abbiamo iniziato a visitare le attrazioni principali partendo dal Wawel.


Il Wawel è la collina dove è sorto il primo insediamento di Cracovia e che oggi ospita una serie di strutture storiche molto ben conservate e aperte al pubblico, fra cui la Cattedrale dei Santi Stanislao e Venceslao, e il Castello Zamek che era la sede dei reali quando ancora Cracovia era la capitale polacca.

Non c'è modo migliore per perdere preziose ore di vacanza che passarle in fila alla biglietteria di questo complesso da visitare. A luglio la coda, già dall'ora dell'apertura, era interminabile!
C'è un solo modo per saltarla o ridurla all'osso: prenotare i biglietti.
La prenotazione dei biglietti si può fare telefonicamente o recandosi presso l'Ufficio Servizi Turistici che si trova in un corridoio laterale alla biglietteria principale. Questo sportello ha un'entrata a sé e la fila è cortissima, nel nostro caso avevamo una sola persona davanti. Durante la prenotazione si scelgono le attrazioni da visitare fra quelle offerte, i giorni e la lingua della guida, che spesso è ahimè obbligatoria. Per informazioni più approfondite vi lascio questo link utile.
Praticamente tutte le attrazioni che si visitano hanno orari di ingresso stabiliti per cui non si può sbagliare o invertire l'ordine di visita delle attrazioni. Il biglietto cita quindi: ore 10:00 attrazione X; ore 10:20 attrazione Y; ore 10:45 attrazione Z e così via.
A noi invece i tempi scanditi, le marce serrate, le guide che vanno seguite passo passo, stanza per stanza, il non poterci soffermare più a lungo su qualcosa che ci piace ci fa venire l'orticaria per cui l'organizzazione delle visite non ci è piaciuta granché.

Alle varie attrazioni del castello, con un "to do" e una timeline che manco sul lavoro si prova tanto stress (poi uno dice che va in vacanza per rilassarsi...), si accede dal cortile centrale che è praticamente una piazza da tanto che è grande.
Come dei buoni scolaretti in gita abbiamo visitato le Camere di Stato, gli Appartamenti Reali Privati e il Tesoro della Corona.
L'unica attrazione che abbiamo visto in santa pace (o quasi) all'interno del Castello è stato il famoso dipinto di Leonardo da Vinci: La dama con l'ermellino. Un capolavoro, per davvero!
Il dipinto non si può fotografare e come per tutte le cose belle c'è un po' da fare lo slalom fra le teste dei turisti per apprezzarlo in pieno, vista la folla che giustamente vuole vederlo, ma con un po' di pazienza ci si riesce tranquillamente.


Dopo l'apnea delle visite non c'è modo migliore per non riprendere fiato che salire sulla Torre di Sigismondo. Una bella serie di scalini, spesso molto alti ma soprattutto così ristretti che in due non ci si passa nemmeno a mettersi di lato, porta fino quasi in cima. Ai tempi dovevano essere proprio smilzi e agili, oppure la torre era proprio poco frequentata, altrimenti non ce la spieghiamo.
A parte una serie di campane enormi di cui una veramente gigantesca (undici tonnellate di peso), la vista sulla città è bella anche se limitata da vetrate e spazi ristretti.
Salendo sulla torre si ha una panoramica della struttura della città, mentre basta fare un giro all'interno della Cattedrale del Wawel tra monumenti, sarcofagi, dipinti e cappelle se si vuole invece averne una storica.

E dopo aver approfondito la storia polacca perché non calarsi anche nella leggenda che racconta delle origini di questa città? Pare che il periodo più fertile abbia avuto inizio dopo che un drago, che seminava terrore e distruzione in città, venne finalmente ucciso. La tana in cui risiedeva era una grotta situata sotto la collina del Wawel a ridosso della Vistola. A questo leggendario drago sputafuoco "Smok Wawelski" si giunge tramite una scala a chiocciola da capogiro che scende prima nella umida tana del drago e poi sino alla sua statua a ridosso delle sponde del fiume Vistola.
Ci sarebbe piaciuto vederlo anche a noi a dire il vero, ma la povera scultura era presa d'assalto da marmocchi forsennati che lo cavalcavano, gli tiravano le ali o le zampe anteriori.
Se siete curiosi di approfondire i dettagli sulla leggenda del drago vi rimando a Wikipedia per l'interessante lettura.


Un altro posticino che è interessante da visitare è il Collegium Maius, l'antica sede dell'università della città.
Anche in questo caso la struttura ospita al centro un ampio cortile. Il giorno della nostra visita un coro ha deciso di intrattenere i visitatori cantando canzoni montanare. Una folla si era raccolta al centro per ascoltare queste voci a cappella che avevano reso l'atmosfera piacevole e amichevole. Una volta finito, vista la bravura, la gente gli ha chiesto di restare e continuare la performance improvvisata.
La visita al museo è molto interessante e a me è piaciuto un sacco pensare di essere in uno dei luoghi in cui aveva studiato Copernico (ideatore della teoria eliocentrica) e aver potuto vedere quello che è ritenuto il mappamondo più antico al mondo. La collezione di materiale da visionare è veramente grande e interessante, peccato come sempre aver dovuto correre dietro alla guida che, seppur bravissima, imponeva tempi che non sarebbero stati i nostri.


Altra cosa da non perdere, e assolutamente facile da spuntare dalla lista dei to do e to see, è la Piazza del Mercato Centrale (Rynek Główny). Con i suoi duecento metri per lato, pare che sia la più grande d'Europa, anche se dobbiamo ammettere che quando ci si trova nel mezzo la sensazione non è affatto quella visto che al centro svetta il Fondaco dei Tessuti, imponente edificio in stile rinascimentale in cui avvenivano grandi affari fra cui anche la compravendita di tessuti.
Oggigiorno i portici di questo edificio e lungo la galleria centrale sono disseminati negozietti che non so se pullulano più di souvenirs o di turisti, mentre al piano superiore si trovano una pinacoteca e luoghi di ristoro.

La piazza ospita anche la Torre del Municipio (Wieża Ratuszowa), l'ultimo resto del vero e proprio municipio, nei cui sotterranei, si trovano una prigione con annessa sala per le torture.
Altrettanto bella è la Basilica di Santa Maria, un edificio con due grandi torri ai lati facilmente riconoscibile dalla piazza perché interamente rivestito in mattoncini rossi. L'ingresso è a pagamento ma si possono trovare dei tour gratuiti in lingua che attendono fuori dall'ingresso il pubblico interessato. Queste guide si riconoscono facilmente perché indossano giubbotti gialli o arancioni (stile salvavita) o espongono ombrelli o paletti col nome della lingua in cui andranno a presentare il tour.
Una particolarità di questa chiesa è che da una delle tue torri viene suonata ad ogni ora una stringata melodia di tromba, che un tempo invece costituiva il segnale di allarme per la città. La musica si interrompe improvvisamente a ricordare il soldato che un tempo venne colpito proprio mentre stava suonando.


Per chi ha ancora tempo da spendere si possono continuare delle belle passeggiate nelle vie interne alla città vecchia in cui si trovano bellissimi palazzi, fontane e vie interessanti. Se i piedi sono troppo stanchi si può approfittare del passaggio di qualche carrozza che vi scorterà alla scoperta dei luoghi più salienti.
C'è da dire che queste carrozze sono veramente bellissime: bianche, lucide e i cavalli vestiti a festa. Di notte sono persino illuminate e vederle muoversi è un vero spettacolo.
Se preferite spostarvi con altri mezzi ci sono dei trenini motorizzati che vi scarrozzeranno per le vie della città, mentre se amate invece le due ruote vi consigliamo un giro lungo le piste ciclabili sulle sponde della Vistola, che sono perfette anche per una rilassante passeggiata a piedi.


Poco distante dal centro, e comunque da non perdere, è anche il quartiere ebraico Kazimierz e Podgorze facilmente raggiungibili anche a piedi dallo Stare Miasto.
Il quartiere lo immaginavo un po' come quello di Praga, moderno e ricco, mentre qui si respira ancora l’aria tetra e funesta del periodo bellico. Anche se meno curato il quartiere è comunque accogliente e carino.
Si trovano un sacco di bei localini in cui poter assaggiare la cucina cosher ebraico-polacca, ma bisogna ricordarsi che la maggior parte chiude prestissimo soprattutto per gli orari italiani. Si possono inoltre visitare il cimitero ebraico, alcune sinagoghe e il Museo della Cultura Ebraica.
A poca distanza è anche possibile visitare la famosa Fabbrica di pentole smaltate dell'imprenditore Oskar Schindler, protagonista del salvataggio di numerose famiglie ebree che altrimenti sarebbero state destinate a morire nei campi di sterminio di Auschwitz.
Come molti sanno a questa vicenda è stato dedicato un libro e un film "The Schindler list" del regista Steven Spielberg.
La fabbrica, che si trova in un'area tutt'altro che accogliente immersa fra capannoni ed edifici grigi, è visitabile a pagamento, salvo un giorno a settimana. Per consultare gli orari e le tariffe vi consiglio di dare prima un'occhiata qui.
All'interno si trova la consueta ricostruzione storica della storia polacca e delle vicende della fabbrica, alcune ricostruzioni della vita quotidiana durante il periodo bellico e la sala-ufficio di Oskar Schindler.


Un dettaglio molto carino che mi ha colpito delle strade di questa città è che i numeri civici si illuminano la notte. Questo fatto rende molto agevole l'orientamento nelle ore di poca luce e dà un effetto magico a molte strade.

Per quanto riguarda la cucina il piatto forte sono senz'altro i Pierogi, tortelli ripieni di solito con carne, o anche (seppur meno frequenti) con verdure, che vengono proposti in qualsiasi locale. Il piatto di per sé non lo abbiamo trovato niente di eccezionale. Il sapore insipido della pasta viene compensato dal ripieno saporito e grasso, e il condimento è scarso se non praticamente assente. Quelli che abbiamo assaggiato ci sono stati serviti accompagnati con qualche intingolo a base di burro o lardo, pancetta e così via.

I secondi erano praticamente sempre a base di carne (di solito anatra o maiale) accompagnati da salse agrodolci spesso a base di frutta (ciliegie, albicocche, prugne), oppure involtini ripieni di riso, carne e verdure stufate.


Un ricordo delizioso di questo viaggio lo dovremo senz'altro alle colazioni: abbondanti, gustose, golose ed economiche. Dal salato al dolce c'era solo l'imbarazzo della scelta.
Mi sono letteralmente innamorata dei "croissant non croissant" (così definiti dalla commessa) che vedete in foto assieme alla sfoglia ricoperta di scaglie di mandorle. Il ripieno era una generosissima quanto deliziosa crema di mandorle e semi di papavero. Una vera bomba di bontà che purtroppo (o per fortuna direbbe la mia linea) scoperta solo il penultimo giorno di vacanza.


Una cosa che ci ha molto colpito è stata la flemma nel servizio. Fra le varie infinite attese ne svetta una di ben cinquanta minuti prima che arrivasse il nostro ordine, cosa che ci ha fatto pensare più volte di alzarci e cambiare posto. Abbiamo desistito solo per il fatto che scegliere un altro posto e aspettare un altro servizio, comunque lento, avrebbe voluto dire pranzare all'ora di cena.
Uno spuntino veloce invece si può acquistare nelle innumerevoli bancarelle che vendono i Obwarzanki, un pane che è un incrocio fra un pretzel e bagel. Imitando la gente del posto, che li acquista e li mangia camminando per strada, ne abbiamo acquistati un paio ad una minuscola bancarella. Prima e ultima volta dopo che ci siamo accorti che gruppi di piccioni scorrazzano liberamente fra le cassette che li contengono la mattina presto, prima di essere esposti nelle vetrinette dove rimangono per tutto il resto del giorno.
Camminare la mattina presto ha i suoi vantaggi, non solo sul sistema cardiocircolatorio, ma anche gastrointestinale, già.
Consigliamo quindi di pagarli un po' di più ma di acquistarli in panetterie al chiuso dove si spera che la materia prima non abbia subito lo stesso trattamento di quella venduta per strada.

Forse a causa della precedente visita a Praga (che ha senz'altro uno stampo affine per cui ne ho inevitabilmente fatto il paragone) con Cracovia, sebbene sia comunque molto bella, non è stato amore folgorante a prima vista, né per occhi, né per il palato.
Il fatto che sia una meta low-cost raggiungibile in poco tempo, senz'altro mi spinge a consigliarla come zonzolata per un weekend lungo, e ancora di più per approfittare di una visita ad Auschwitz e alla miniera di sale di Wieliczka, perché entrambe meritano proprio.


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