Enjoy food, travels and life


Cronache di una toscana trapiantata in Trentino sull'orlo dell'esilio.

C'era una volta tanto, tanto tempo fa una ragazzina venuta dalla Toscana a visitare il suo amato trentino, il moroso non la regione (di quella se ne innamorò in seguito).
In una delle loro serate tra amici Mr. X indeciso su cosa poter mangiare per cena esclamò: "Toi va là, nénte a magnar en tortel de patate ancoi? Vègnela anca éla? La ghe pias?"
Elena non capendo bene il dialetto attese Massimiliano che disse: "Ma sì, se poderìa. Anca perché me sa ch'éla no l'ha mai tastà", e poi sempre gentilissimo tradusse per lei in italiano chiedendole se le andasse.
"Beh, io i tortelli me li mangio volentieri, ma che siano di un tipo strano?" - pensò Elena fra sé.
Mr. X vedendola persa nei suoi pensieri tortelliani riprese in dialetto: "L'è na sorta de frittada, ma neanca tant poi, de patate che se magna coi fasoi e i capussi, 'na roba tipica de ste bande. L'è bona sat? Vot tastàrla?"
Elena: Mumble... mumble... frittata, patate, tipica, buona...
Okay, non è quel che credeva, ma con quattro parole messe in croce si fece la propria idea e prima che potesse arrivare alle sue orecchie la traduzione fece quella fica che aveva capito e accettò.
Ovviamente non aveva capito niente e quando vide arrivare il famoso Tortel di patate trentino non potè fare a meno di esclamare: "Ma questo... non è altro che è un rosti svizzero!"
In una sollevazione popolare fra occhi iniettati di sangue, dove, come al suo solito Elena ebbe la capacità con le sue uscite di far paralizzare gli astanti (vedi anche questo racconto qua), Massimiliano la salvò dal linciaggio per un pelo.
Per la cronaca Mr. X la guarda storto ancora oggi.

Bene! Dopo tutta sta storia sapete che vi dico? Che io ho cercato, e cercato, e cercato ancora l'esatta definizione di tortel di patate e le differenze che ci sono con un classico rosti svizzero, ma non l'ho trovata! O almeno non in maniera così evidente. Sapete com'è, esistono solo quattromila differenti versioni che mi sono state date per la ricetta del tortel di patate. Pare che ogni valle, ma che dico valle!, paese, ma che dico paese, casa, ne abbia una. E manco il rosti dal canto suo scherza!
Per la preparazione del tortel c'è chi ci mette le patate un po' cotte, chi solo quelle crude, chi ci mette l'uovo, chi il latte, chi ci mette la cipolla o lo insaporisce con altro, chi ci mette tutto, chi lo fa grande, chi piccolo, chi alto e chi basso, chi lo passa in padella con un po' d'olio fino a cottura e chi lo frigge proprio in una padella sfrigolante.

Ora, si dà il caso che io in Trentino ci devo vivere, magari integrata in società, senza che nessuno mi linci o mi faccia degli agguati. Già vengo definita "la foresta" (ossia quella che vien da fuori), se poi mi metto pure a questionare su ricette tipiche di qua son finita.
E così guarda un po', ecco qua la mia differenza dopo ricerche e ricerche sulla vera ricetta del tortel di patate trentino elaborata con un campione di gente interpellata da far paura. Per pietà del lettore ometto i calcoli di moda, mediana e scarto quadratico medio. :-)

Il tortel di patate di base è preparato sempre e solo in padella con olio, patate crude grattugiate mescolate a farina e con aggiunte di uovo e latte (a seconda della durezza dell'impasto). La grandezza è pari a quella della padella e lo spessore è di poco inferiore al centimetro.

Il rosti è preparato con patate cotte avanzate grattugiate mescolate a farina, senza uova né latte. Viene cotto o in padella con un filo di olio o in forno. Le dimensioni sono più piccole: dai 4 ai 10-12 cm di diametro.

Io per comodità di porzioni e cottura, il tortel lo preparo più piccolo (come nella foto qui sotto) cosa che ho visto fare anche in vari ristoranti tipici qua in giro. Si può trovare quindi sia formato tortellone che tortellino. Quando lo si ordina in giro è quindi meglio chiedere di che taglia è! ;-)

Ricetta tradizionale del tortel di patate trentino con patate - potato cake italian recipe

Tortel di patate trentino

Preparazione: 10 min.Cottura: 25 min.Riposo: nessuno
Porzioni: 4 Kcal/porzione: 350 circa
Ingredienti:

  • 400 g di patate pulite
  • 1 uovo
  • 50 g di farina 00
  • ½ bicchiere di latte intero (150 ml circa)
  • Sale q.b.
  • Olio extravergine di oliva per friggere q.b.
Preparazione:

  1. Grattugiare grossolanamente le patate (gialle e possibilmente vecchie) pulite e lavate.
  2. Unire l’uovo, la farina e il latte in una ciotola e amalgamare per bene le patate. Salare.
  3. Versare parte del composto in una padella con dell'olio caldo, cercando di ottenere dei tortel dello spessore di circa 1 cm (o poco meno) pressando e compattando il composto con un cucchiaio. La grandezza come ho detto prima nell'introduzione è a piacere.
  4. Dopo circa 7-8 minuti girare il tortel per farlo cuocere dall’altro lato. Qualora non fosse ancora ben cotto proseguire fino a completa doratura su entrambi i lati e fino a che le patate al centro non saranno ben cotte.
Note:

  • Con queste dosi ho ottenuto 8 piccoli tortel di patate come in foto.
  • Solitamente si accompagna con cavoli cappucci (capussi) affettati finemente, fagioli (fasoi), affettati e formaggi.
www.zonzolando.com © - All rights reserved

Un'alternativa più dietetica è quella di rivestire con carta forno due teglie e oliarle bene con un pennello da cucina. Versare il composto e infornare a 220 °C per 20-25 minuti fino a che non si forma una bella crosticina dorata su entrambi i lati. In sostanza un ibrido con un rosti, ma non ditelo ai trentini che ve l'ho detto!


Da leccarsi i baffi!

Mr. X me lo posso risparmiare l'esilio adesso?


Come anticipavamo su Facebook qualche giorno fa questo è stato in assoluto il nostro viaggio dei record. Questo è quanto scrivevamo:
"Il viaggio dei nostri record:
4 Stati;
6 cambi di fusi orari;
il punto più basso degli USA (-85,5 m s.l.m.);
il nostro punto più a ovest;
3300 3500 km percorsi sulle infinite strade americane;
maggior numero di chilometri a piedi;
record di sushi ingurgitato;
record di burritos, riso e fagioli ingurgitati;
record di parchi visitati;
e il resto continueremo a raccontarvelo al nostro ritorno. :-)"

E ora, pronti? Via!

Si parte dall'estremo sud della California e per la precisione da San Diego.

Immagine presa ed elaborata da Google Maps.

Dopo un volo da Linate a Londra e altre undici ore di volo da Londra a San Diego siamo atterrati in questa città dal piacevolissimo clima temperato. In gennaio nelle ore più calde infatti abbiamo toccato anche i 22 °C, la temperatura perfetta per chi vuole visitare una città in santa pace macinando chilometri di strada. Leggendo però la guida abbiamo capito che qui il clima è mite in gran parte dell'anno e in estate le temperature non sono mai straordinariamente alte per una città che praticamente è alle soglie del deserto.

I primi due giorni però sono stati quelli che ci hanno dato le condizioni meteo peggiori. Temperatura piacevole sì, ma con una sottile pioggerella che ci accompagnava ovunque andassimo.
Ed è proprio quello che si vede nelle prime foto scattate in corrispondenza di Balboa Park, una vera e propria oasi cittadina dove si trovano bellissimi giardini e percorsi in mezzo al verde, musei, edifici storici e il famoso zoo.

Cosa fare e vedere a San Diego in California USA - Visit San Diego to see and to do

Balboa Park si raggiunge agevolmente dal Downtown sia a piedi che in macchina (parcheggio gratuito), che coi mezzi pubblici.


Fra i vari musei che la zona offre abbiamo scelto di visitare il Museum of Man all'interno del California Building e il Museo delle torture (nell'edificio di fronte). Il Museo delle torture esponeva una collezione italiana di strumenti di tortura, mentre il Museo dell'uomo racconta l'evoluzione dell'uomo ed espone anche alcuni sarcofagi egizi e oggetti e ricostruzioni Maya. Per visitare entrambi i musei il costo del biglietto è stato di 20 $ a testa.


Lo Zoo di San Diego (che noi non abbiamo visitato) è uno dei più grandi e famosi zoo del mondo. Si dice infatti che ospiti quasi quattromila animali di più di ottocento specie diverse, sviluppandosi su una superficie davvero ampia. È uno dei pochi zoo al mondo in cui si può vedere un panda. Il biglietto di ingresso è di 40 $ ma si può scendere a 35-37 $ tramite convenzioni di alberghi, ostelli eccetera.

Un consiglio che ci sentiamo di dare a chi vuole visitare San Diego è quello di soggiornare nel Downtown, in particolare nel quartiere di Gaslamp, fulcro dell'intrattenimento turistico e zona davvero caratteristica. Durante tutto il giorno è infatti qui che pulsa la vera San Diego, dalla mattina a notte fonda. Le strade e i locali sono sempre affollati ed è qui che si può assaggiare ogni genere di cucina: dalla classica, intramontabile e onnipresente cucina messicana, a quella americana tradizionale, a quella indiana e giapponese. Non c'è che l'imbarazzo della scelta.

Il nome Gaslamp del quartiere si riferisce alle lampade a gas presenti in città proprio agli inizi del secolo. Con l'arrivo dell'illuminazione elettrica furono poi sostituite ma quattro nuove lampade a gas si trovano adesso all'incrocio tra Market Street e la 5th Avenue (zona dove dormivamo noi) proprio per ricordare quel periodo.


Ai margini del quartiere Gaslamp si può visitare il Petco Park, lo stadio dei San Diego Padres.


Una zona che ci è piaciuta un sacco e di cui purtroppo la nostra guida diceva poco o nulla è il SeaPort Village e tutto il lungomare (o meglio lungoceano) a cui si accede dalla zona del Downtown in prossimità del Centro Congressi.



Il SeaPort Village è un piccolo centro turistico composto da casette in legno coloratissime, ricco di negozietti e localini dove mangiare direttamente affacciati sull'oceano. L'interno di questo "villaggio" è ricco di verde e ben curato. La zona è molto frequentata la mattina presto dai cultori dello sport e durante il giorno da turisti e amanti del mare. La sera in inverno (in estate non sappiamo) la zona però si svuota, i negozi e locali chiudono e la faccenda si fa più triste. Meglio spostarsi nel Gaslamp più vitale e decisamente più affollato.


Lungo questa passeggiata c'è la possibilità di visitare la portaerei USS Midway. Beh, non capita tutti i giorni e così noi ci siamo andati. All'entrata un gruppetto di veterani/volontari di una certa età spiegano con dovizia di particolari tutta la storia di questa nave, le sale, i comandi, le strategie e la vita di chi ci viveva sopra. Sopra il ponte principale si possono ammirare diversi tipi di aerei storici e diversi tipi di elicotteri. Entrata per adulti 19 $.
Dopo Pearl Harbor San Diego infatti divenne uno dei più importanti siti militari statunitensi, con numerose basi della Marina e dei Marines.


Qualche centinaio di metri più avanti si possono ammirare una serie di velieri, un sottomarino e una serie di imbarcazioni particolari. Ci sono anche delle barche che portano fuori dalla baia a fare whale watching (ovviamente nei mesi giusti e gennaio è uno di quelli).


Giusto per la cronaca San Diego ha anche un piccolo quartiere italiano come al solito denominato "Little Italy". Ecco l'entrata:


Un'altra zona bellissima che ci sentiamo vivamente di consigliare di visitare è la penisola di Coronado. E' lunga quasi venti chilometri ed è famosa per la presenza di una delle più importanti basi della U.S. Navy (ve ne accorgerete senz'altro quando sarete nelle vicinanze) e per l'omonimo Hotel del Coronado (qua sotto).


Per arrivare a questa penisola in macchina occorre attraversare il Coronado bridge, lungo e spettacolare ponte che dal Downtown arriva fino all'arteria principale della penisola.
Ecco un paio di immagini dello skyline di San Diego dalla penisola:


Chilometri e chilometri di spiagge circondano questa penisola; quella di Ocean Beach e Pacific Beach sono fantastiche e sono meta di surfisti e di amanti degli sport acquatici.



E visto che questa era il nostro primo appuntamento con l'oceano Pacifico, che per altro ci ha accolto con una splendida giornata, potevamo noi non "pucciarci" dentro i piedi? Eh no è!
La temperatura in pieno gennaio? In Italia abbiamo sentito molto di peggio, ve lo assicuriamo!


Terminiamo il racconto con una cosa che in realtà sarebbe dovuta andare in apertura, ossia il nostro viaggio in taxi dall'aeroporto a destinazione. Piccola premessa: essendo San Diego a circa venti minuti dal confine col Messico, prima di partire avevamo già fatto un pensierino sul farci una piccola capatina. Ebbene, la prima cosa che ci ha detto il tassista appena saliti in macchina, senza che noi dicessimo niente, è stata di non andare in Messico in quanto poteva essere molto, molto pericoloso. Ci ha raccontato di poliziotti messicani corrotti che ti mettono addosso droga e ti lasciano andare solo dopo pagamento di mazzetta e di fuorilegge che ti rapinano e ti sequestrano. Diciamo solo che abbiamo rinunciato senza pensarci troppo su. ;-)


Eccoci tornati gente! :-) A malincuore siamo tornati a casa da questo splendido viaggio che poco a poco e piano piano vi racconteremo. Le cose che abbiamo fatto, i posti visitati e le immagini che abbiamo scattato sono infatti una marea e ci vorrà un bel po' per riordinare e sistemare tutto.

Non nego che ci è voluto anche un po' a riabituarsi ai vecchi ritmi, al lavoro (con tutti gli arretrati), alla casa e per adesso ho la sensazione che tutto vada a rilento.
Il tempo invece è volato e mi pare che questo gennaio/febbraio, questo carnevale e questo San Valentino siano passati senza nemmeno avvisarmi. Non li ho proprio vissuti, ero troppo intenta ad osservare un mondo fantastico in cui ho lasciato il cuore.
Ma vi racconteremo per bene appena riusciremo a raccogliere e riordinare le cose.
Tempo al tempo.

Inoltre mi fa uno strano effetto ritornare a scrivere su questo povero blogghino abbandonato da quasi un mese; addirittura mi ero domandata se fossi ancora capace di usare Blogger. ;-) Adesso fremo per tornare tra i fornelli tra ricette della tradizione e ricette assaggiate in questi giorni di zonzolate.

Nell'attesa dei nostri prossimi racconti vi lascio con questa insalata da rientro: salutare, rigenerante, ricca di vitamine, leggera, tanto buona e soprattutto velocissima.

Insalata di arance tipica italiana ricetta vegana - traditional italian orange salad vegan

Insalata di arance

Preparazione: 10 min.Cottura: nessunaRiposo: 15 min.
Porzioni: 4 Kcal/porzione: 270 circa
Ingredienti:

  • 8 arance biologiche (io di solito uso quelle bionde o le sanguinelle)
  • ½ cipolla rossa
  • 100 g di olive nere snocciolate
  • Olio extravergine di oliva q.b.
  • Sale e pepe q.b.
Facoltativi (che metto a seconda della disponibilità):
  • 1 finocchio crudo (spesso non lo metto)
  • 8 filetti di alici sott'olio
Preparazione:

  1. Pelare le arance a vivo tagliando la scorza con un coltello cercando di rimuovere la parte bianca che risulterebbe troppo amara.
  2. Tagliarle a rondelle e metterle in una ciotola recuperando anche il succo che si è formato.
  3. Affettare molto sottilmente la cipolla e unirla alle arance con le olive nere.
  4. Aggiunte se gradite le alici scolate e/o il finocchio affettato sottilmente.
  5. Condire con olio, sale e pepe, lasciare insaporire per un quarto d'ora e poi servire.
www.zonzolando.com © - All rights reserved


Amici vi ricordo poi il nostro giveaway! Tutte le indicazioni su come partecipare e gli aggiornamenti li trovate cliccando qui.


Ciao! :-)


Torna su