Enjoy food, travels and life

Non so voi, ma praticamente ogni volta che mi sono trovata a che fare con ricette di base o scontate, è stato un fallimento epocale.
Vi ricordo per esempio:
  • l'epopea per ottenere la perfetta Japanese Cheesecake; cinque chili di ciccia e brufoli in più li devo solo a lei.
  • la lotta per la corretta coagulazione dei fiocchi per il cottage cheese; per Massi fu un vero bagno di latte, lo ricordo benissimo ancora.
  • l'inganno per immortalare finalmente in una foto la focaccia ai pomodorini; ancora grido al miracolo.
  • l'impresa per rendere cremoso il dulce de leche; se non fosse intervenuta la scienza qui di miracoli non se ne sarebbero proprio visti.

Mi piacerebbe poi parlarvi anche dei miei perfetti macarons, ma sono solo al tentativo numero ottocentoventiquattromilatrecentoventisette (se l'avessi scritto così "824327" non avrebbe reso l'idea della fatica) e, ma pensa un po', non sono ancora venuti.

La ricetta per la Pâte à choux, o Pasta per bignè, non mi ha fatto penare di meno. Ho provato e riprovato varie versioni, non ottenendo spesso il risultato sperato, forse più per la mia scarsa manualità ed esperienza, che per la composizione della ricetta in sé.
Siccome però dopo qualche tentativo andato a buon fine, quello che inizialmente si definisce miracolo può diventare invece una statistica, allora ho deciso di raccontarvi come faccio io questa pasta e quali sono le ricette che ho utilizzato, lasciandovi quella che mi sono segnata come quella mia ideale.
Ad ogni modo, non voglio illudervi con "ricetta garantita", "ricetta perfetta" e bla bla bla, anche con quelle gettonate dei più grandi maestri, mi sono ritrovata a volte con perfette schiacciatine.
Insomma, è una di quelle ricette la cui etichetta perfetta sarebbe - per citare Leonardo - "La sapienza è figliola dell’esperienza", il resto sono consigli e diciamocelo, un po' di fortuna.

Pâte à choux, impasto per preparare i bignè ricetta - classic puffs recipe

Portate pazienza se parto con un piccolo riassunto, ma visto che mi sono applicata tanto almeno ci lascio pure due concetti che potrebbero venirmi utili in futuro.

Ingredienti di base:

Acqua: è la base per il calcolo di tutti gli altri ingredienti. A volte può essere parzialmente sostituita con del latte.

Burro: parte grassa che permette ai bignè di gonfiarsi e formare quella bella camera all'interno. Permette inoltre di dare friabilità alla pasta, più ce n'è rispetto alla farina, più il risultato finale sarà sottile. Generalmente il suo quantitativo in peso varia dall'essere uguale ad acqua e farina per masse pesanti, fino a metà del peso della farina per masse più leggere. Il burro, o meglio la parte grassa, è fondamentale in questa ricetta per rendere la pasta estensibile.

Farina: come per gran parte dei prodotti da pasticceria occorre utilizzare una farina debole, perché una eccessiva presenza di glutine ostacolerebbe il rigonfiamento del bignè durante la seconda cottura (quella in forno per capirci). La quantità oscilla in peso a parità dell'acqua (massa pesante), a metà dell'acqua (massa leggera).

Uova: aggiunte solo dopo la prima cottura sono un elemento difficile da dosare che spesso si valuta ad occhio con la consistenza dell'impasto. Qui l'esperienza è fondamentale, anche se di solito si indica in peso lo stesso quantitativo dell'acqua. Un piccolo trucco per far gonfiare un po' di più il bignè in cottura è quello di aggiungere più albume che tuorlo rispetto alla dose indicata, per dare ancora più umidità all'impasto.

Sale e zucchero vengono impiegati in modeste quantità, per le nostre dosi casalinghe basta un pizzico per entrambi, ma per dosi industriali si può calcolare un peso che va dallo 0,5% all'1% del peso dell'acqua.

Nella seguente tabella vi riporto le ricette che ho impiegato e poi nello stampabile a seguire vi riporto la ricetta che oramai utilizzo per ottenere dei bignè come quelli in foto.


Fondamentali sono poi: occhio, manualità, esperienza, conoscenza del proprio forno. Insomma due robette da niente... ;-)

La pasta per bignè, ormai l'avrete capito, è quindi viva, non viene mai uguale e per una buona riuscita occorre sapersi regolare, ahimè, spesso a occhio.
Certo è che se uno non ha esperienza da qualche parte dovrà pur partire, no?
Qui di seguito riporto una ricetta da seguire alla lettera passo passo che secondo me potrebbe portare, anche coloro che sono alle prime armi, a discreti risultati.

Pâte à choux - Pasta per bignè

Preparazione: 40 min.Cottura: 25 min.Riposo: 15 min.
Porzioni: 30 bignè grossi Kcal/porzione: 65 circa
Ingredienti:

  • 240 g di acqua (o peso equivalente di latte e acqua)
  • 125 g di burro
  • 155 g di farina 00
  • 5 uova (270 g circa)
  • 2 g di zucchero
  • 1 pizzico di sale
Preparazione:

  1. Setacciare per due volte la farina in una ciotola. Accendere il forno a 230 °C in modalità statica.
  2. In un pentolino dal fondo spesso versare l'acqua, il burro a pezzettini, il sale e lo zucchero. Portare a ebollizione mescolando spesso.
  3. Al primo accenno di bollore versare tutta la farina in un solo colpo e mescolare con un cucchiaio di legno. Cuocere il composto fino a che non si sarà rappreso e avrà formato una palla che si stacchi bene dalle pareti del pentolino.¹
  4. Togliere il composto dal fuoco e lasciarlo intiepidire, ma non raffreddare del tutto.
  5. In una ciotola a parte sbattere le uova, poi unirle poco alla volta al composto intiepidito avendo cura di mescolare bene e di aggiungerne ancora solo quando sono state ben assorbite quelle versate in precedenza.²
  6. Aggiungere uova fino a che non si ottiene un impasto liscio, omogeneo, morbido come una crema densa. Se, quando si solleva con una marisa un po' di impasto, questo cade lentamente lasciando un triangolo sullo strumento allora la massa è pronta.³
  7. Trasferire il composto in un sac à poche con beccuccio liscio da 1 cm. Rivestire una teglia con carta forno e poi tenendo la sacca un po' inclinata (non deve essere perpendicolare al piano di lavoro) e ferma formare un bignè. Appena la dose è quella giusta desiderata (grosso o piccolo che sia) tirare con un colpo deciso il sac à poche verso l'alto per staccare l'impasto.
  8. Esaurire così tutto l'impasto cercando di ottenere tanti bignè della stessa dimensione.
  9. Inumidirsi un polpastrello con un po' d'acqua e passarlo sui ciuffetti rimasti sui bignè per appiattirli.
  10. Infornare la teglia e dopo 3-4 minuti abbassare la temperatura a 160 °C. Per evitare che i bignè si affloscino dopo la cottura aprire giusto un attimo il forno in modo da far uscire l'umidità in eccesso e per farli asciugare bene all'interno.
  11. Spegnere il forno una volta che saranno dorati, lasciarli ancora qualche minuto e poi estrarli per lasciarli raffreddare.
  12. Farcirli o friggerli in olio bollente e poi consumarli a piacimento.
Note:

  1. Non cuocere troppo il polentino perché si rischia di perdere troppa umidità da dover poi integrare con le uova. Una volta che la gelatinizzazione dell'amido è avvenuta si può togliere dal fuoco.
  2. Non lavorare troppo l'impasto perché si rischia di creare una maglia glutinica troppo in fretta.
  3. Questo passaggio sicuramente è regolato dall'esperienza. Trovare la giusta consistenza della massa è fondamentale per la buona riuscita di questa pasta.
  • Qualora la massa risultasse troppo asciutta aggiungere uova sbattute a occhio, se invece fosse troppo molla non aggiungere farina a crudo (non si gonfierebbero e saprebbero di frittata), ma preparare una seconda mezza dose di polentino a cui aggiungere il primo impasto mollo un poco alla volta.
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In bocca al lupo! :-)
Ciao, alla prossima!


Pare a volte che il tempo voli, che le giornate scorrano veloci e sempre tutte uguali.
Pare, pare e basta, perché in realtà l'esercizio quotidiano del buonumore mi ha fatto notare che dal 1° aprile, data di pubblicazione dell'ultima serendipity, di cose immortalate ce ne sono una marea. Mi sono ritrovata una cartella piena di foto di piccoli o grandi bei momenti da racchiudere in tante box.
Ho dovuto scegliere, tagliare, altrimenti per quando avrei finito di scrivere questo post, ci sarebbe stata un'altra serendipity da pubblicare.
Bando alle ciance quindi. Vado con la solita frase di rito e poi si parte! :-)

Benvenuti al nuovo appuntamento con la "Zonzolando's Serendipity Box", la scatola che serve a ricordare i piccoli grandi piaceri della vita cogliendo il meglio di ciò che ci offre.

Troppo spesso infatti le nostre giornate sono riempite di pensieri e preoccupazioni tendendo a dimenticare il bello che nella vita c'è (sempre!). Con questa scatola voglio immortalare, se non tutto, gran parte delle cose belle che riempiono la mia/nostra vita quotidiana (ma che potrebbe essere anche quella di tutti), dalle grandi alle piccole cose che ci rendono felici e, ancora meglio, sereni.

Come sempre parto da dove ci siamo lasciati l'ultima volta; ecco la Serendipity Box n° 126:
  1. Quando riparte in pompa magna la stagione dei gelati! Se mai si è conclusa... ;-)
  2. Le passeggiate nel bosco, l'aria aperta, le gemme sui rami ancora spogli, il contatto con la natura.
  3. Addentare una pizza fumante.
  4. La primavera che incalza anche in montagna, i tappeti di primule, i primi fiori che spuntano. Qualcuno sa cosa sono questi?
  5. Il primo picnic all'aria aperta col tepore del sole che scalda il viso, col profumo di sugo al pomodoro che esce da un pentolino sopra un mini fornelletto acceso al massimo, col nostro cucciolone sdraiato nell'erba ai nostri piedi. Son cose.
  6. Un bel "giretto" e la soddisfazione di averlo fatto nonostante la stanchezza. Se volete farvi due risate, ne avevo già parlato qui.
  7. Il dolcetto dopo pranzo. Poteva non essere un gelatino? Piccolo eh... ;-)
  8. La magia della nebbia che avvolge campi e persone.
  9. Dei deliziosi gnudi con le erbette in occasione di un pranzo di festa.

Subito a seguire con la Serendipity Box n° 127:
  1. Rimanere incantata nel vedere quanto questo bimbo si mangiasse di gusto questa millefoglie.
  2. Direi che non servono commenti né spiegazioni del perché ho inserito questo panorama in questa box. La foto parla da sé.
  3. Un aperitivo seguito da un'ottima cena in compagnia di amici. Tante risate grazie ad amarcord di quando si era piccini, racconti di cose avute in comune anche se si è cresciuti lontani.
  4. Il tiramisù di Manuela: robe da bis. Ehm... mi sa che l'ho fatto. ;-)
  5. Una zonzolata con Massi a Trento e un pit stop a base di patatine fritte.
  6. Gli alberi in fiore, che meraviglia!
  7. Sapere che c'è qualcuno che è così legato alla propria Terra e alla Natura che è disposto a viverla sempre a piedi scalzi.
  8. Uscire dall'ufficio, vedere lo spuntare di un raggio di sole e decidere sul momento che una zonzolatina al lago non ce la poteva togliere nessuno.
  9. Gustarsi un gelatone come si deve in santa pace, al sole, senza tempo e senza pensieri. Il top!

Sbarchiamo in maggio con questa Serendipity Box n° 128:
  1. Sono abituata ai boschi di montagna, ma anche quelli verticali di città (Milano in questo caso) non sono poi male eh.
  2. Un pranzetto in solitaria. Un pranzetto che ho apprezzato tantissimo.
  3. Impastare a mano mentre qualcuno mi fa il video senza dirmelo. :-)
  4. Certo che se vado in giro, senza gelato non so proprio stare eh!
  5. Organizzare una serata di assaggio e valutazione di mozzarella e pomodoro da scegliere per una pizzeria. Son soddisfazioni.
  6. Gli errori grammaticali a caratteri cubitali. Il prezzo delle ciliegie non è un errore e non va in serendipity eh, mi raccomando! ;-)
  7. Chissà se il mio ironman sarà contento di vedersi in questa box. Beh, la soddisfazione di portare a termine una gara importante è sempre tanta, e io se lo vedo felice lo sono altrettanto. :-)
  8. Il cappuccino di una domenica mattina dopo una passeggiatina rigenerante.
  9. Il ritorno di Guzzanti in TV: non vedo l'ora.

E infine arriviamo a praticamente a ieri con questa Serendipity Box n° 129:
  1. La cucina dove dedico un po' del mio tempo in un momento di pieno regime. Tocco il cielo con un dito quando faccio queste esperienze.
  2. Le foto ricordo e i sorrisi di gruppo.
  3. Miodesopsia, una persona che ne parla online, un giro di informazioni e dare finalmente un nome a un difetto della mia vista che nessun medico mi aveva mai né trovato, né tantomeno spiegato. Potere del Web.
  4. Massi che dopo avermi vista praticamente distrutta ha deciso di risollevarmi mente e corpo con una bella serata. Non ricordo molto, se non che mi sono divertita un mondo e che la missione è stata perfettamente compiuta. Foto relativa alla prima parte della serata, il resto è un pochino appannato. ;-)
  5. Uova e asparagi: storia di un amore.
  6. Storie di cucine in fermento, di brigate all'opera, di iperattività e soddisfazioni.
  7. Le torte di compleanno fatte con amore che regalano sempre tante soddisfazioni, sia alla vista che al palato.
  8. Una quiche che era venuta di un buono esagerato. La foto da cotta non è pervenuta perché è sparita in un attimo.
  9. Una panchina, Massi al mio fianco, il panorama della piana del Lago di Garda circondato da fronde di ulivi, a seguire un gelato. Macché-vojo-deppiù?
  10. Ogni volta che li vedo in fiore e che ricoprono spontaneamente campi, pendii e giardini, la prima cosa che mi viene in mente è sempre e solo una: la mia mamma. :-)

L'aforisma degli ultimi giorni trascorsi è:
"Scegli un lavoro che ami, e non dovrai lavorare neppure un giorno in vita tua."
(Confucio)


Buone giornate a tutti! Godete di ogni momento eh! ;-)


I nostri silenzi sono eloquenti e la dicono lunga su un fatto ben preciso: di tempo per il blog ce n'è veramente poco.
Il motivo è piuttosto semplice, ho tanto lavoro (per fortuna). Anzi per la precisione tanti lavori. E qui non so se è solo fortuna o anche tanta voglia di fare, fatto sta che alla fine arrivano anche tante soddisfazioni.
L'inevitabile conseguenza è avere poco tempo per sé, per gli amici e ancora meno per il blog.
La mia cucina di ricette ne sta vedendo un bel po', ma di tempo per fare foto o per pubblicare proprio non se ne trova, per cui per adesso popolo solo il mio archivio mentale di tante cosine buone che prima o poi vi mostrerò.
In tutto questo puzzle di attività quotidiane per fortuna abbiamo trovato il tempo da dedicare anche a qualche zonzolata.
Una delle ultime che abbiamo fatto è stata nella mia amatissima terra, la Toscana e per la precisione a San Galgano.

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Se ancora non lo conoscete beh, dovete sapere che questo posto oltre ad avere un fascino incredibile ha anche qualcosa di magico.
Sono andata più volte in questo posto, la prima per una gita di scuola e l'ultima volta per farlo vedere a Massi che invece non c'era mai stato.
Per San Galgano, che si trova in località Chiusdino a circa trenta chilometri a sud-ovest di Siena, generalmente si intende il complesso che comprende l'abbazia di San Galgano e l'eremo Rotonda di Montessiepi.
L'abbazia è famosissima in tutto il mondo e ospita spesso cerimonie, concerti ed altri eventi. La sua particolarità è che, essendo in rovina da secoli, manca completamente del tetto.
Forse è proprio questo dettaglio che l'ha resa famosa, accomunandola a tante altre abbazie cistercensi nel mondo, fra le quali una delle più belle e maestose che abbiamo visitato (e raccontato) è quella di Whitby in Inghilterra (che se avete occasione vale senz'altro la pena di essere visitata).


La storia di questo posto è davvero affascinante quanto unica.
Pare che Galgano, un cavaliere nato nel 1148, dopo una vita di peccato, crimini e trasgressione, il giorno di Natale del 1180 d.C., dopo una serie di sogni premonitori, si convertì sul colle di Montessiepi decidendo di cambiare vita e dedicarsi ad una vita fatta di isolamento, penitenza, ordine e dissolutezza.
La leggenda narra che al momento della conversione Galgano infisse la sua spada in una roccia che si ergeva dal terreno, in modo da trasformare l'arma in una croce cristiana e questa non solo vi trapassò, ma vi rimase infissa e impossibile da estrarre. Pare che questa storia sia poi stata di ispirazione anche per la leggenda de "La spada nella roccia" su Re Artù (che invece la estrasse).
Proprio per questo miracolo di Galgano, si diffuse la notizia delle sue doti e la gente iniziò a chiedergli miracoli e intercessioni. Pare che i miracoli a suo carico ammontino a diciannove.
Quel che si sa per certo di questa faccenda è che Galgano, poi divenuto Santo, morì nei pressi della capanna in cui viveva il 3 dicembre del 1181, data per la quale si festeggia la ricorrenza in questa località.
Per ricordare questo eremita convertitosi ad una vita morigerata e di penitenza il vescovo di Volterra Ugo Saladini decise di far costruire una cappella terminata intorno al 1185, dove si trova ancora oggi la tomba di San Galgano. Al centro del pavimento della cappella, fra le lastre di pavimento in cotto si trova sotto un rivestimento di plexiglas la spada infissa nella roccia.
Il vescovo che succedette a Saladini decise addirittura di erigere in sua memoria un monastero.
Il monastero negli anni accrebbe e attirò a sé numerosi discepoli i quali assieme decisero di fondare l'abbazia ai piedi dell'eremo (che tutt'oggi si erge su una piccola collinetta). I lavori di costruzione di questa struttura neogotica iniziarono nel 1218 e proseguirono spediti grazie a numerose donazioni e lasciti a favore dei monaci, fino al completamento dell'opera nel 1288, anno nel quale venne consacrata.
Quest'abbazia per il tempo era una vera opera imponente, che costituiva ricchezza e attraeva ricchezza tanto che il luogo era non solo centro di scambio economico, ma anche culturale, politico e sociale.


A seguito però di una serie di carestie (la prima nel 1328) e di epidemie (fra cui la terribile peste del 1348), il complesso fu soggetto a incuria, abbandono e saccheggi tanto che ben presto andò in rovina e rimasero ad abitarlo solo otto persone. Nel giro di poco tempo il monastero venne abbandonato e l'area cadde lentamente ma inesorabilmente in rovina. Già dal 1576 si hanno notizie sullo stato di rovina del luogo, abitato da una sola persona, privo di finestre, col tetto pericolante per via del fatto che il piombo con cui era stato edificato era stato venduto anni addietro e parte delle navate crollate.
Nonostante qualche tentativo di restauro, la struttura continuò la sua lenta decadenza fino ad arrivare così com'è ai giorni nostri dove alcuni restauri conservativi hanno fatto sì che la struttura non sia peggiorata ulteriormente.
L'abbazia venne sconsacrata nel 1789.


Per accedere all'abbazia occorre pagare un biglietto acquistabile proprio nei pressi dell'ingresso. I tariffari e gli orari di apertura sono consultabili a questo link qui.
All'eremo si può accedere invece gratuitamente.
Insomma, se avete voglia di visitare un luogo praticamente immobilizzato nel tempo, suggestivo, accessibile e magico, una bella zonzolata in questo posto va proprio fatta. E non dimenticate di fare scorpacciate della favolosa cucina toscana, ci sono un sacco di bei posti nella zona in cui mangiare e assaggiare piatti tipici deliziosi.


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