Enjoy food, travels and life

Questa è una ricetta che ho trovato in una vecchia rivista di cucina di mia mamma. Se non sbaglio, perché ho solo il ritaglio, si tratta di "Cucina Moderna". Mi aspettava nel librone cartaceo delle ricette da provare da tempo e non vedevo l'ora di assaggiarla. L'occasione giusta è arrivata proprio in questi giorni con gli ultimi piccoli porri di stagione da smaltire.
Si tratta di un secondo light, povero quindi di grassi ma comunque ricco di gusto, insomma guilt free!

Clafoutis ai porri ricetta facile, veloce e light vegetariana - veggie leek cake

Clafoutis di porri

Preparazione: 15 min.Cottura: 40 min.Riposo: nessuno
Porzioni: 4 Kcal/porzione: 220 circa
Ingredienti:

  • 400 g di porri piuttosto piccoli
  • 3 uova
  • 40 g di farina 00
  • 150 ml di latte intero
  • 50 g di Parmigiano Reggiano
  • 1 litro di brodo vegetale (o in alternativa acqua)
  • Noce moscata a piacere
  • 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva
  • Sale q.b.
Preparazione:

  1. Pulire e lavare i porri. Privarli di gran parte della parte verde (o se preferite tutta), tagliarli a metà nel senso della lunghezza e sciacquarli ancora per sicurezza.
  2. Portare a ebollizione il brodo vegetale (in alternativa va benissimo anche solo acqua) e far cuocere i porri a fuoco moderato per 10 minuti.
  3. Nel frattempo in una ciotola mescolare al latte, la farina setacciata, il formaggio grattugiato e le uova ben sbattute.
  4. Unire poi un pizzico di noce moscata e il sale. Formare una pastella omogenea.
  5. Ungere poi una teglia con l’olio, adagiarvi sopra i porri ben scolati e poi coprire il tutto con la pastella preparata. Infornare in forno preriscaldato a 200 °C per 30 minuti.
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Prosegue la serie delle ricette che mi sono promessa di provare.
Questa volta però con una piccola difficoltà, ossia che non avevo la ricetta precisa.
Questi biscotti della famosa marca non hanno infatti la ricetta sul sito ufficiale come tutte le altre. Chissà perché.
Avevo già provato questi qua (gli ex preferiti di Massi) e come sapete non erano venuti uguali nonostante che avessi seguito alla lettera la ricetta.
Ho sperimentato così tante volte che alla fine ne ho trovata una (quella che indico per l'appunto) che a Massi piace ancora di più e adesso mangia praticamente solo quelli.
Ma va beh, dicevo...
La nota marca per questi biscottini ripieni di mele stavolta riporta solo l'elenco degli ingredienti senza la ricetta e così mi sono messa a sperimentare da sola per rifarla il più simile possibile a casa.
Negli ingredienti in particolare ho letto la magica parolina "aromi" che fa tanto "meglio che non te lo scrivo", ma io fiduciosa nel classico pensiero positivo ho ipotizzato che la nota marca volesse certamente dire "una bella grattatina di scorza di limone biologica o i semi di un baccello di vaniglia".
Fra gli ingredienti ho letto anche aceto di mele.
Avendo paura a dosarlo correttamente ho deciso di inserire qualcosa che mi desse comunque un tocco di acidità seppur nella sua dolcezza: la marmellata di arance (che ho preparato in casa ma che non ho ancora pubblicato - sarà per il prossimo anno ormai).
Inoltre nei miei vari tentativi ho sperimentato gli spessori della frolla per ottenere quella classica copertura con i buchetti da cui fuoriesce il ripieno.

Insomma ecco i miei cuor di mela piuttosto rodati, seppur non proprio identici, ma molto vicini a quelli che conosco.

Biscotti cuor di mela ripieni ricetta per farli in casa - apple jam filled cookies recipe

Biscotti cuor di mela

Preparazione: 40 min.Cottura: 45 min.Riposo: nessuno
Porzioni: 30 biscotti Kcal/biscotto: 60 circa
Ingredienti:

Per la base:
  • 160 g di farina 00
  • 70 g di burro
  • 70 g di zucchero
  • 1 cucchiaio di latte intero
  • 1 uovo intero
  • Scorza di un quarto di limone biologico grattugiata
  • 1 pizzico di sale (ma piccolo viste le dosi!)
Per la farcitura:
  • 2 mele Renette o Golden piuttosto grosse (meglio se biologiche)
  • 2 cucchiai rasi di zucchero di canna
  • 1 cucchiaino colmo di marmellata di arance
  • 1 pizzico di cannella
Preparazione:

Per la frolla:
  1. Impastare a mano il burro ammorbidito con lo zucchero, il latte, la farina, la scorza di limone, l'uovo e il pizzichino di sale fino a ottenere una pasta morbida e liscia.¹
  2. Rivestirla con pellicola trasparente e farla riposare in frigo il tempo necessario per preparare il ripieno dei biscotti.
Per la farcitura:
  1. Lavare e sbucciare le mele, privarle del torsolo e affettarle sottilmente.
  2. In una casseruola far cuocere i pezzettini con lo zucchero e la marmellata di arance. Se non si ha quella di arance si può utilizzare anche un altro tipo di confettura.
  3. Durante la cottura i pezzettini di mela si ridurranno quasi ad una purea. Lasciar cuocere sino a che non si otterrà una bella confettura omogenea.
  4. Spegnere poi il fuoco e unire un pizzico di cannella. Mescolare bene il tutto e passare alla stesura della frolla.
  5. Accendere il forno a 180 °C in modalità ventilata.
Assemblaggio:
  1. Prendere la frolla dal frigo, dividerla in due parti per lavorarla meglio.
  2. Infarinare il tavolo e stendere con un matterello la frolla dello spessore di circa 1-2 mm.
  3. Con un coppapasta del diametro di 5 cm formare tanti cerchi sulla frolla. In metà dei cerchietti con un cucchiaino adagiare un pochino di ripieno.
  4. Prendere i cerchietti per la copertura. Questi dovendo coprire anche il ripieno dovranno essere tirati leggermente a mano per far combaciare i lembi dei due strati di pasta. In questo modo si formeranno delle piccole fessure nella pasta che daranno i caratteristici forellini da cui esce il ripieno che tutti conosciamo.
    Potete vederne un esempio qui in foto.
    La cosa bella è quindi che non occorre essere super precisi e accurati, anzi le imperfezioni renderanno i biscotti ancora più simili a quelli in commercio.
  5. Coprire con un foglio di carta forno una leccarda, disporre i biscotti leggermente distanziati fra di loro e infornare per 15 minuti circa, sino a che non avranno un bel colore dorato.
Note:

  1. Di solito mi avanza un po' di farina che utilizzo per la stesura. I 160 g sono quindi complessivi. La dose può comunque variare in funzione della grandezza dell'uovo e della farina stessa.
  • Se le mele saranno ben cotte e avranno perso molta della loro acqua, formando un ripieno compatto e denso, faranno sì che questi biscotti avranno una bassa tendenza ad ammorbidirsi nei giorni successivi, mentre se il contenuto d'acqua sarà rimasto alto allora potrebbero diventare mollicci.
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Sono ottimi con un bel bicchiere di latte e si conservano per qualche giorno in un recipiente ermetico.
Questi ultimi non sono sopravvissuti più di ventiquattro ore, pace all'anima loro e alla nostra. :-)


Betta ti piace questa ricetta? Puoi sostituire il burro con la margarina (o olio se preferisci) e omettere l'uovo e il latte. Mi dirai com'è. :-) Spero tanto che ti piaccia. Ti mando un abbraccio con tanto affetto e ti ringrazio di cuore per il premio che ci hai assegnato.

Chi è Betta? E' questa mattacchiona qua. ;-)
Una ragazza, (una donna!) che ne ha passate tante e che si è rialzata, che ha dato prova di voler combattere e continuare a vivere. Una ragazza con un grande senso di autoironia e una incredibile capacità di autolettura.

Come tutti sapete io non sono una "da premio", ovviamente mi fa piacere riceverne, ma non sono brava nel riassegnarli. Di questo però vado proprio contenta. Grazie Betta e mi raccomando, continua così. :-)


I blog che seguo sono una marea e sono per la maggior parte di "food" (oltre quattrocento).
I blog che seguo sfornano periodicamente ricette con una media di una ricetta ogni tre giorni (beati loro!).
I blog che seguo fanno un sacco di belle ricette che talvolta segno o salvo. Poniamo di stare parchi posso stimarne una su venti, e ripeto che sto al ribasso.
I blog che seguo hanno una età media di due anni e mezzo e che ci crediate o no, più o meno me li sono spulciati tutti in lungo e in largo.
Ora senza stare a fare di conto che divento scema (ecco alla fine l'ho fatto, porcaccia mi son fritta il cervello lo sapevo io! 6083!) ho una quantità di ricette salvate da fare veramente paura.
E in più devo aggiungere libri, ricettari, riviste, consigli di amici, parenti eccetera.
Ma quanto ci metterei ad esaurirle se cucinassi un menù completo al giorno?
Oddio mi viene voglia di fare il conto e vedere. No, no, Elena... resisti!

Va beh, tutta questa premessa per dire:
credetemi quando vi dico che le salvo.
Credetemi quando dico che le proverò.
Credetemi quando dico che però non so quando succederà.

Ogni tanto da queste parti però succede di provarne qualcuna e quindi eccomi a parlare di una ricettina che giaceva in cartella da non so quanto tempo.
L'ho presa da una vera intenditrice di cucina, una donna dalle mille risorse che tra ricette furbissime, super veloci e col numero minimo di ingredienti con cui si possa definire una ricetta, sforna prelibatezze a gogò. L'avete già capito, è lei: è Stefania, l'Arabafelice in cucina.

Ho provato i suoi burger di tonno in scatola in un bel po' di occasioni, sia nella versione originale (che riporto fedelmente) che con qualche modifica talvolta per gusti, per abbinamenti o per disponibilità di ingredienti. In rosso quindi riporto le mie modifiche più gettonate.

Burger con tonno in scatola ricetta facile e veloce - canned tuna burger easy recipe

Burger di tonno in scatola

Preparazione: 15 min.Cottura: 10 min. (20 min. forno)Riposo: nessuno
Porzioni: 4 Kcal/porzione: 250 circa
Ingredienti:

Per i burger:
  • 300 g di tonno in scatola, peso da scolato (al naturale o sott'olio, è lo stesso)
  • 1 albume (1 uovo intero)
  • 2 cucchiai di succo di limone (io li ometto)
  • Scorza di mezzo limone
  • Abbondante prezzemolo tritato
  • 1 cucchiaio di maionese (oppure di yogurt greco) (io metto mezzo di entrambi)
  • 4 cucchiai circa di pangrattato
  • Olio extravergine di oliva q.b.
Per la salsina:
  • Yogurt greco
  • Poco sale
  • Scorza di limone grattugiata
  • (Erba cipollina sminuzzata)
Preparazione:

  1. Scolare il tonno e sminuzzarlo con una forchetta.
  2. Unire l'albume (l'uovo), il pangrattato, il prezzemolo tritato, lo yogurt o la maionese (io entrambi), il succo di limone e la scorza.
  3. Lavorare bene l'impasto con le mani come si fa con le polpette e se il composto non fosse abbastanza sodo aggiungere un poco di pangrattato.
  4. Assaggiare e valutare se serve un pochino di sale.
  5. Formare ora quattro burgers e passarli nel pangrattato, pressando un po' affinché aderisca bene.
  6. Con un pennellino ungerli con poco olio extravergine d'oliva e cuocerli su una griglia calda per 10 minuti, oppure passarli in forno a 190 °C per 20 minuti.
  7. Farli dorare per bene su entrambi i lati e servirli tiepidi con un po' di salsina.
Note:

  • I burgers ancora crudi possono essere surgelati. Scongelarli in frigo e procedere alla cottura come da ricetta.
Ricetta tratta e adattata dal blog: Arabafelice in cucina
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Ecco, lo sapevo che facevo il conto!
Ipotizziamo un menù completo di antipasto, primo, secondo, contorno e dolce (per i due pasti) più colazione e merenda.
Poniamo un totale di novemila ricette totali e di averne equamente distribuite per portate.
Dodici ricette al giorno da provare e fotografare (e smaltire!).
750 giorni (2,05 anni) di ricette completamente diverse, a cui però devo aggiungere quelle che nel frattempo continuerò a salvare in questo tempo. Oh my God!
Okay, i tempi di attesa saranno lunghi, moooolto lunghi. Eheheheh!

Ho sbagliato qualcosa? Torna tutto?
Ditemi eh!


Diciamoci la verità: un nome peggiore a questa ricetta (poveretta!) proprio non si poteva dare.
Eppure non se lo merita affatto perché ogni hummus che ho assaggiato non mi ha mai delusa (o quasi dai!).
Ogni volta invece che devo presentare questa ricetta e mi chiedono cosa è leggo nella faccia dei miei ospiti timore, circospezione, talvolta schifo e ancora più spesso un grande punto interrogativo che mi fa sempre rispondere prima che sorga la solita classica domanda: "No, hummus con due emme."
E tutti: "Ahhhhh!"
Ma mica che si fidano ancora.
Se poi alla parola hummus ci leghiamo anche fagioli neri, beh il timore raddoppia.
Poi assaggiano e si ricredono, andando a pulire col pane o coi crostini pure le pareti del recipiente.

Ma chi glielo ha dato il nome a sta salsa? Chi?
Beh, chiunque sia una cosa è certa: coi nomi non ci sapeva fare ma con la tahina sì.
Qui potete trovare la versione originale con i ceci.
Mentre qua sotto eccone una gustosa versione coi fagioli neri.

Humms di fagioli neri ricetta vegana - Vegan black bean hummus dip recipe

Hummus di fagioli neri

Preparazione: 10 min.Cottura: 90 minutiRiposo: 10 ore
Porzioni: 4 Kcal/porzione: 170 circa
Ingredienti:

  • 100 g di fagioli neri secchi biologici
  • 1 spicchio d'aglio piccolo
  • 1 cucchiaio di tahina¹ (circa 40 g)
  • 1 pizzico di paprika forte
  • Succo di mezzo limone
  • 10 g di olio extravergine di oliva
  • Prezzemolo o coriandolo a piacere
  • Sale q.b.
Preparazione:

  1. Mettere i fagioli neri secchi in ammollo per almeno 8 ore (io li lascio una notte), cambiare l'acqua ossia sciacquarli e ricoprirli nuovamente e poi cuocerli per un'ora, un'ora e mezza (il tempo dipende dai fagioli).
  2. Una volta pronti lasciarli raffreddare per un'oretta poi scolarli (ma non troppo, per cui lasciare un pochino di liquido di cottura) e metterli nel frullatore con il succo di limone, l’aglio, la tahina e il sale. Qualora l'hummus risultasse troppo secco aggiungere altra acqua di cottura.
  3. Una volta pronto il composto, far riposare in frigorifero per almeno un’ora, in modo tale che tutti i sapori si amalgamino.
  4. Condire con un filo d'olio extravergine di oliva e per chi vuole si può aggiungere anche qualche foglia di coriandolo o prezzemolo che io invece metto solo alla fine assieme a qualche fagiolo intero.
  5. Servire accompagnato da pane azzimo, pane arabo leggermente scaldato o crostini a piacere.
Note:

  1. Nel caso di persone intolleranti al glutine leggere attentamente l'etichetta del prodotto.
  • Ovviamente è solo l'hummus rivolto ai celiaci mentre il pane è da escludere se vi fossero presenti a tavola persone intolleranti al glutine.
  • E' ottimo come antipasto, o come salsa per aperitivi.
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Prendetevi un attimo e se non avete tempo rimandate la lettura di questo post perché se fino ad adesso vi abbiamo raccontato di posti indimenticabili, di orizzonti che si perdono a vista d'occhio, oggi vi vogliamo raccontare di un luogo che nel suo essere stretto e apparentemente opprimente, ci ha segnato nel profondo; vi parleremo del luogo che ricorderemo (ne siamo convinti entrambi) come l'esperienza più forte che abbiamo vissuto in questo viaggio USA: l'Antelope Canyon.

Antelope canyon dove si trova cosa vedere immagini esperienza favolosa what to see and do

Questo canyon, che si trova sulla terra dei Navajo (Nà-va-ho) a circa un quarto d'ora da Page (Arizona), è fra i più visitati degli Stati Uniti Sud-Occidentali.
Come la maggior parte dei canyon di quest'area anche l'Antelope Canyon si è formato a seguito di un processo erosivo sulla pietra arenaria da parte dell'acqua e del vento nel corso di milioni di anni.


Ma che ha di tanto speciale, direte voi, da segnare così tanto? E' un solco nel terreno, forse un po' particolare è vero, ma nulla più.
E invece non è così.
Questo luogo è magico! O almeno noi l'abbiamo vissuto così, probabilmente anche grazie ad un pizzico di fortuna che abbiamo avuto nel visitarlo e che nei nostri viaggi ogni tanto ci accompagna.


Arrivati a Page, una cittadina scarna fatta di costruzioni basse e rade e ricchissima di volti dai tratti indiani nativi americani (i classici pellerossa) siamo andati alla ricerca di un tour che ci potesse guidare in questo canyon, visitabile appunto solo con guide autorizzate.
Abbiamo consultato due o tre posti e verificato i prezzi e gli orari a noi più congeniali.
Per necessità di tempi abbiamo richiesto il primo tour del mattino, che in inverno abbiamo scoperto essere intorno alle 8-9 a seconda del negozio, probabilmente per non accavallare più gruppi di gite diversi all'interno dello stretto canyon. In estate, momento in cui fa giorno prima, si possono trovare dei tour già dalle 7-7:30.
Abbiamo deciso di prendere il tour delle 8:30, che per noi si traduceva in sufficiente luce, temperatura vivibile e tempo utile per proseguire il cammino in giornata.

Ma il nostro tour a febbraio - nel periodo di bassa stagione - in realtà non esisteva. Eravamo solo io e Massimiliano il "gruppo" di turisti, per cui ci siamo ritrovati da soli con la nostra guida: un omone dai tratti indiani alto quasi due metri di nome Leonard che ci ha invitato quindi (mentre faceva colazione con un mega burrito untissimo) a salire sul suo mezzo privato, dato che la super jeep da dodici persone era davvero troppo per un carico così modesto.


E così ci siamo ritrovati in tre: io schiacciata nel posto centrale davanti fra questi due bellimbusti di cui quello alla mia sinistra che mangiava voracemente con la sinistra, guidava con la destra e chiacchierava sputacchiando, e quello alla mia destra, il mio Massi, che si teneva stretto alla maniglia in alto per non sbalzare in giro per via di tutte le buche che stavamo prendendo.
Il tutto, nonostante che lo stomaco fosse un po' schifato dalle robe che volavano dalla bocca del mio vicino sul volante e che facessi su e giù per le buche, mi divertiva non poco. :-) Mai avrei immaginato di vivere una scena del genere.


Siamo entrati nel canyon accompagnati dalle chiacchiere del nostro amico, che si dichiarava "famoso" (abbiamo scoperto in seguito che era effettivamente così) e abbiamo ascoltato la sua voce che raccontava la storia della sua tribù e del canyon. Ci ha raccontato del saluto al Sole che faceva ogni mattina che prevedeva come offerta il lancio di un pugno di mais verso est; ci ha raccontato di come ringraziava ogni giorno che vive bello o brutto che sia; ci ha parlato del loro stile di vita completamente rispettoso della natura (o almeno era così in passato) e di come la vita della sua gente sia stata sconvolta dall'arrivo dei bianchi, con tradizioni e religione annessa. Sull'ultimo punto poi era alquanto critico.


Il suono della sua voce ci avvolgeva e rimbombava intorno. Ci ha fatto ascoltare cosa succedeva se emettevamo suoni mettendo la testa in anfratti delle rocce smussate: la testa veniva investita da rimbombi bassi e ripetuti.
Leonard conosceva questo canyon meglio delle sue tasche: ogni anfratto, ogni angolo, ogni piega delle rocce, ma soprattutto ogni sfumatura, ogni colore, ogni buco da cui filtra la luce in tutte le diverse ore del giorno. Ci ha spiegato che questo canyon è diverso in ogni momento della giornata, in ogni momento dell'anno. Mutevole sempre e comunque.


La luce disegnava in questo luogo forme e ombre incredibili. Ogni angolo poteva essere immaginato come un animale, il volto di un uomo, la visualizzazione di qualcosa che già conoscevamo e che la nostra mente automaticamente ricostruiva e riusciva a vedere. Riuscivamo a percepire il salire del Sole all'orizzonte grazie al cambiamento delle luci all'interno.


Leonard ci ha mostrato un'aquila in volo, il profilo del volto di Batman, un occhio, un cavallo, un cuore. Leonard poi mi ha insegnato i posti dove fare le migliori foto e dove prendere la luce al meglio. Ci voleva mano ferma e lui mi osservava attento, verificava le foto che facevo, mi dava consigli.


In alcuni punti si sdraiava per terra e faceva foto per noi, in altri punti giocava con la sabbia, la tirava sulla roccia e ci faceva vedere l'effetto che faceva.
Ci ha chiesto poi anche di metterci in posa e ci ha scattato foto ricordo a raffica. Ne eravamo felicissimi. In genere in una vacanza in coppia uno dei due viene sempre meno e in questo caso invece eravamo sempre insieme.


Vorrei ricordare tutto di ciò che ho visto, le righe nella roccia, i disegni di luce, le ombre, la sabbia sotto i nostri piedi, la luce che filtrava sopra le nostre teste. Non avevo la minima cognizione del tempo, non mi interessava il tempo, volevo solo ammirare e imprimere tutto ciò nella mia memoria.


E poi Leonard ad un certo punto ha fatto una cosa magica: da una lunga e sottile sacca di pelle ha estratto un flauto, ce lo ha mostrato, lo ha rigirato fra le mani, ci ha spiegato che non l'aveva fabbricato lui e che lo sapeva suonare senza che nessuno gli avesse mai insegnato, ci ha detto che la musica era inventata da lui e poi ha iniziato a suonare.


Suonava e le dita delle sue grandi mani scorrevano lente e decise. Mentre la melodia risuonava nel canyon l'aria si era caricata di un'atmosfera suggestiva. Leonard stava suonando solo per noi.


Tutto il canyon risuonava per noi. No, anzi... era tutto il canyon che era per noi. Ed è stato in quel preciso momento che ci siamo resi conto che quello era un posto magico. E' stato in quel momento che ci siamo resi conto di essere fortunatissimi per il fatto di aver potuto vivere quel momento con una splendida guida che ci facesse apprezzare ogni singolo punto di quel canyon e soprattutto di poter vivere quel momento con la persona che amavamo.
Sono stata avvolta da un'emozione indescrivibile, mi veniva da baciare la roccia... anzi credo proprio di averlo fatto.


Ecco ciò che ci ha suonato Leonard dentro al canyon:


E quello che ci ha suonato appena fuori: (entrambi i video sono caricati sul nostro account YouTube).


E mentre io venivo pervasa da una bellissima sensazione di serenità ecco cosa hanno visto i miei occhi. :-)


E poco dopo ecco una foto che Leonard ci ha scattato mentre io e Massi ci guardavamo dritti negli occhi sorridendoci. Non lo dimenticherò mai. :-)


N.d.R.: Leonard, Leonard Nez per la precisione, è effettivamente una delle guide più famose del posto. Con lui il National Geographic ha girato una puntata proprio su questo canyon.


Eccoci di ritorno dalle nostre zonzolate pasquali con tempo clemente e temperatura primaverile.
Felicissimi, rigenerati, rimpinguati di dolcetti e molto soddisfatti.
E a proposito di soddisfazioni ci sono cose che a volte ne regalano di grandissime, che rendono felici, che ti illuminano la giornata e la rendono davvero speciale.
Una di queste, che mi ha emozionata e coinvolta da subito, è una cosa che mi rende pure un pochetto orgogliosa, ossia la nascita di una nuova rivista Web che si chiama Threef (Food, Fancy, Frames) con cui ho l'onore di collaborare.
Quando mi hanno chiesto di partecipare a questo progetto non nego di esserne rimasta stupita (proprio io?), titubante (ce la farò?) ma soprattutto tanto felice (evvai!).
Il risultato del numero 0 è quello che trovate cliccando sull'immagine di copertina qua sotto. Andate a dare un'occhiata vi prego, secondo me è bellissimo! E non lo dico da co-mamma che ammira il proprio figlioletto condiviso, ma lo dico proprio perché ne sono soddisfatta.
Il gruppo secondo me ha fatto un lavoro splendido e non vi nego che quando ho visto l'anteprima qualche giorno fa mi sono emozionata, avevo i brividini addosso e un sorrisetto stampato in faccia.
La mia ricetta, una carbonara di asparagi selvatici che trovate anche qua sotto, è a pagina 88. :-)

Spaghetti alla carbonara di asparagi selvatici ricetta vegetariana - veggie asparagus pasta carbonara recipe

Spaghetti alla carbonara di asparagi selvatici

Preparazione: 15 min.Cottura: 30 min.Riposo: nessuno
Porzioni: 4 Kcal/porzione: 500 circa
Ingredienti:

  • 360 g di spaghetti
  • 300 g di asparagi selvatici
  • 80 g di pecorino romano stagionato
  • 4 tuorli (o 2 uova e 2 tuorli a seconda delle preferenze)
  • Sale e pepe q.b.
Preparazione:

  1. Pulire e lavare accuratamente gli asparagi. Tagliarli a pezzetti separando le punte dalle parti più legnose dei gambi.
  2. Immergere questi ultimi in una padella con un poco di acqua fredda non salata e farli cuocere per circa 5 minuti, dopodiché unire le punte. Una volta morbidi ed evaporata l’acqua lasciarli a raffreddare in padella.
  3. Salare moderatamente l’acqua di cottura della pasta, quindi mettere a cuocere gli spaghetti.
  4. Nel frattempo sbattere le uova (o solo i tuorli) in una ciotola capiente con un pizzico di sale, pepe e il formaggio grattugiato.
  5. Scolare la pasta dal fuoco una volta al dente tenendo da parte un mestolo di acqua di cottura qualora il piatto finale risultasse troppo asciutto.
  6. Versare immediatamente la pasta in padella (ormai tiepida e a fuoco spento) con gli asparagi e unire le uova mescolando velocemente. Le uova sbattute non dovrebbero mai essere unite alla pasta sul fuoco, per evitarne la cottura ottenendo un “effetto frittata”. Le uova devono infatti essere unite subito dopo la scolatura della pasta, cercando di evitare di farle entrare in contatto con le pentole troppo calde.
  7. Se risultasse troppo liquida, scaldare leggermente il tutto in padella. Se risultasse troppo asciutta aggiungere la poca acqua di cottura tenuta preventivamente da parte.
  8. Mescolare bene e servire immediatamente.
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Ringrazio tutto il team di Threef: Daniela, Alessandra, Silvia, Marina, Valeria, Benedetta, Marina, Valentina, Pips, Roberta, Valentina, Vatinee, Ilaria; e poi, Marco, Gianluca e Gian Ettore, i fotografi delle immagini trait d'union delle ricette, per questa opportunità e mi raccomando con i cari lettori di continuare a seguirci e a visitare la nostra rivista online e il relativo blog (eh sì, c'è pure quello!).

Enjoy! :-)



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