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Uno dei luoghi che proprio non potevamo e volevamo perderci e di cui avevamo visto un sacco di foto e letto molto era la Monument Valley, una a dir poco straordinaria piana desertica al confine tra Utah e Arizona.
Le indicazioni per arrivarci le abbiamo trovate piuttosto scarse, ma il nostro navigatore (strumento a nostro avviso indispensabile per viaggiare tranquilli) sapeva per fortuna esattamente dove condurci.
Per ammirare queste incredibili formazioni rocciose chiamate "butte" occorre entrare nel Monument Valley Navajo Tribal Park (qualche info qui), aperto tutto l'anno e la cui entrata costa 5$ al giorno.

Monument Valley cosa fare e vedere viaggio USA fantastico - What to see and to do

All'interno del parco si può seguire un percorso non asfaltato e decisamente sconnesso di 17 miglia (circa 27 km). La velocità con cui lo si percorre è piuttosto bassa viste le condizioni della strada (tanto il limite è 15 mile/h) e numerose sono le soste proprio obbligatorie per potersi godere a pieno il paesaggio, per cui ci possono volere anche tre o quattro ore per girarlo con calma. Ovviamente se lo si desidera si può restare anche di più e addirittura campeggiare (prima informatevi bene però).


Non c'è che da sbizzarrirsi sulle fotografie, il posto è magnifico e davvero indimenticabile.
Il colore rosso delle pareti rocciose dovuto alla presenza di ossido di ferro nelle rocce è straordinario. Incredibile ma vero, queste butte sono praticamente arrugginite. :-)
Sono rocce fragilissime che paiono staccarsi da un momento all'altro tanto sono in equilibrio precario. Anche la terra al suolo è rossastra e molto fine e friabile.


Nonostante che fossimo appena stati al Grand Canyon e che quindi il nostro occhio avesse già visto la maestosità della natura, siamo rimasti comunque ammaliati anche dalla vastità di questo posto magico e incantato.
Ciò che avevamo visto in foto o nei film (per esempio dai Western a Ritorno al futuro) era davanti a noi, senza confini, senza limiti, semplicemente perdendosi all'orizzonte, regalandoci una delle esperienze più uniche e indimenticabili che ci possano essere.


Grazie alla mappa presa all'entrata del parco e ai cartelli che scandiscono il percorso è davvero facile identificare le formazioni rocciose e orientarsi. Ogni angolo, ogni butte, ogni mesa ha un nome. Eravamo consci di trovarci in un luogo unico al mondo le cui origini affondano nella più lontana storia della Terra.


All'interno del parco, lungo il tour si possono scorgere piccoli insediamenti di alcuni Navajo (pronunciato - ce lo siamo fatti spiegare bene - Nà-va-ho e non Na-và-ho come interpretavamo noi). I componenti di queste antiche tribù indiane sono gentilissimi e fieri, sia della loro cultura che nell'aspetto.


Non è difficile immaginarsi di stare in mezzo ad un film western, tra cavalli, polvere, pistoleri e carovane.
L'emozione che genera questo luogo è difficilmente descrivibile a parole e capiamo benissimo il perché venga gli attribuito un nome così altisonante e importante. Un luogo storico, immutato da anni, magico dove il tempo si è fermato, dove gli spazi sono infiniti, dove ci si sente un microscopico puntino nell'immensità e nonostante questo tremendamente e irreversibilmente legati alla natura.


Tutto il complesso del parco è gestito da indiani autoctoni della tribù appunto dei Navajo, compreso il View Hotel Visitor, di recente costruzione (2009) in cui sono presenti un museo, un giftshop, un bar/ristorante e ovviamente camere dove poter soggiornare. I prezzi non sono propriamente a buon mercato, soprattutto per quanto riguarda i gioielli prodotti direttamente dagli indiani locali. Alcuni manufatti li ho trovati veramente bellissimi con le loro pietre turchesi ritagliate in svariate forme.

Per chi ha tempo e soldi da spendere c'è la possibilità di fare anche dei tour guidati in jeep che possono portare anche in zone vietate ai veicoli privati. Sempre per informazioni vedere il link che ho riportato in alto.

E mi raccomando anche qui il binocolo è d'obbligo!

P.S.: non lontano da questo bellissimo parco c'è un punto chiamato "Four Corners", ossia il punto di incontro fra quattro differenti Stati americani: Arizona, New Mexico, Utah e Colorado.

Immagine tratta dal Web

Se avete tempo e avete voglia di fare una foto davvero particolare per il fatto che contemporaneamente si possa essere in quattro Stati diversi (un dono virtuale dell'ubiquità) questo allora è il posto ideale. :-)


Ogni volta che c'è un contest o un giveaway la voglia di partecipare è sempre davvero tanta, ma raramente riesco a farcela. Vuoi perché la ricetta richiesta è troppo complessa o non ho gli ingredienti, vuoi perché non zonzolo fra i fornelli ma in giro, vuoi perché manca il tempo oppure semplicemente ho in programma altro, vuoi (e questo è peggio di tutto) che arrivo in ritardo.
Eh già, il più delle volte preparo la ricetta all'ultimo momento, faccio le foto e poi non ho il tempo di sistemarle o scrivere il post e così rimando e manco partecipo.

Stavolta però non è così! Per fortuna l'insieme di grovigli di occasioni che combinano la mia vita mi hanno permesso di partecipare a ben due giveaway (colpo grosso!), per altro per me importantissimi: due blogcompleanni! Sto parlando dei blogcompleanni di due blog che seguo sempre tanto tanto volentieri: quello di Valentina de "La ricetta che Vale" e di Claudia de "La cuisine très jolie di Tantocaruccia".

Entrambe avevano suggerito la preparazione di un lievitato e Vale in particolare (cito testualmente) "di un dolcino che vale la pena provare almeno una volta nella vita, il dolcino che preferite e che ritenete strabuono... che vale, insomma!"

Ecco per me questa torta di mele vale, vale proprio eccome.
E' una torta che mi ha accompagnata dall'infanzia, credo una delle prime che abbia mai preparato da sola e che rifaccio sempre molto volentieri. Per di più è molto leggera (non c'è burro, né olio, né grassi) e molto profumata grazie all'aroma del brandy che in cottura sfuma e regala solo quel sentore piacevole.

Ricetta torta di mele buonissima senza burro e senza grassi - apple sponge cake recipe light and fat free

Torta di mele

Preparazione: 20 min.Cottura: 50 min.Riposo: nessuno
Porzioni: 12 Kcal/porzione: 250 circa
Ingredienti:

  • 4 mele grandi o 5-6 piccole (vanno bene sia le Renette che le Golden)
  • 4 uova
  • 250 g di zucchero
  • ½ bicchiere di brandy
  • 350 g di farina 00
  • Scorza grattugiata di un limone biologico non trattato
  • 125 g di yogurt bianco
  • 16 g di lievito per dolci (1 bustina)
Preparazione:

  1. Lavare, sbucciare e affettare le mele con uno spessore di circa mezzo centimetro o poco meno.
  2. Fare macerare le mele nel brandy e 50 g di zucchero e nel frattempo preparare l'impasto.
  3. Montare a neve gli albumi e a parte sbattere i tuorli con il restante zucchero.
  4. Aggiungere poco alla volta la farina setacciata, il lievito e la scorza di limone, lo yogurt e gli albumi mescolando dal basso verso l'alto per non farli smontare. Infine unire parte delle mele macerate e il loro succo. Io di solito tengo le fette migliori per la decorazione in superficie.
  5. Accendere il forno a 180 °C, imburrare una teglia con ø 24 cm e infarinarla.
  6. Versare il composto e decorare con le fette tenute da parte.
  7. Infornare per 50-60 minuti in modalità ventilata.
  8. Controllare la cottura infilando uno stuzzicadenti al centro del dolce; se esce asciutto è pronta.
  9. Lasciarla raffreddare prima di consumarla e cospargere la superficie con zucchero a velo.
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Con questo post partecipo quindi al giveaway di La ricetta che Vale e di La cuisine très jolie di Tantocaruccia:



C'est avec le plus grand plaisir que aujourd'hui Flâner... en cuisine! va présenter une de ses soupes préférées, une de celles qu'on aime et qu'on ne peut pas arrêter de manger. On doit donc la présenter comme il faut.

Mesdames et Messieurs,

Flâner... en cuisine! a l'honneur de vous présenter la plus appréciée et célèbre des soupes françaises:
la soupe à l'oignon (gratinée)!

Soupe à l'oignon gratinée recette - Zuppa di cipolle gratinata ricetta - french onion soup recipe

Soupe à l'oignon gratinée (Zuppa di cipolle)

Preparazione: 20 min.Cottura: 70 min.Riposo: nessuno
Porzioni: 6 Kcal/porzione: 310 circa
Ingredienti:

  • 500 g di cipolle bianche mondate
  • 50 g di burro
  • 1-1,5 l di brodo vegetale (nella ricetta tradizionale francese va bene anche solo acqua)
  • 30 g di farina 00
  • 100 g di Gruyère
  • 250 g circa di pane tipo baguette
  • Sale q.b.
  • 1 bicchiere di vino bianco (facoltativo)
  • Prezzemolo per decorazione (facoltativo)
Preparazione:

  1. Affettare molto sottili le cipolle e metterle a soffriggere con gran parte del burro.
  2. Lasciare cuocere a coperchio chiuso per almeno 30 minuti, sino a che non saranno ben appassite.
  3. Aggiungere la farina (eventualmente il vino) e lasciare ritirare.
  4. Aggiungere il brodo e il burro rimanente e mescolare. Cuocere ancora per almeno 30 minuti. Regolare di sale e pepe.
  5. Intanto che la zuppa cuoce grattugiare il Gruyère grossolanamente e preparare i crostini tagliando la baguette a fette spesse circa 1–1,5 cm e mettendoli sotto il grill del forno. Farli tostare bene.
  6. Versare la zuppa di cipolle nelle coppe e coprirla fino a chiudere i bordi con i crostini; cospargere tutta la superficie con il Gruyère grattugiato. Eventualmente in mancanza delle coppe si può fare questa operazione direttamente nella pentola.
  7. Adagiare le coppe su una placca da forno e infornare a 150 °C in modalità grill sino a che il formaggio non si sarà fuso e avrà preso un colore dorato.
  8. Estrarre dal forno e cospargere la superficie con qualche fogliolina di prezzemolo (che può comunque essere omesso).
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Il colore bruno rossiccio caratteristico di questa zuppa è dovuto alla lunga cottura delle cipolle nel burro nella prima fase di preparazione.


Un'altra cosa che ci tengo a dire è che su Facebook un gruppo di amiche blogger sta organizzando una mega reunion a Roma e questo è il banner per pubblicizzare l'evento.


Sul blog di Vaty potrete trovare altre utili informazioni qui. :-) Affrettatevi perché il tempo è pochissimo!


Non un qualsiasi aggettivo, tantomeno un superlativo: solo una parolaccia. A dir la verità due.
Ben scandite, sillaba per sillaba e con gran enfasi.
Ecco cosa ci è uscito di bocca a tutti e due (all'unisono!) appena abbiamo visto il Grand Canyon.
E forse a volte una parolaccia è proprio quello che esprime al meglio lo stupore, ciò che non ci si aspetta nonostante che lo si sia immaginato, che si sia pronti a vederlo, nonostante che poco prima lo avessimo ammirato in fotografia.
Stupore nel vedere un luogo come una meraviglia.
E' in questi casi che un aggettivo non basta e una parolaccia supera il superlativo! Già, già. :-)

Il Grand Canyon supera il superlativo, toglie il fiato e regala l'immensità della natura con tutta la sua forza, il suo essere selvaggia e straordinariamente antica. Non a caso l'UNESCO ha inserito il parco tra i Patrimoni dell'umanità.

Ma andiamo un attimo per ordine: ci eravamo lasciati qui, a Phoenix.
Da Phoenix, sempre con la nostra auto noleggiata a San Diego, ci siamo diretti alla volta del Grand Canyon National Park.


Lungo l'itinerario, della durata di circa tre ore che segue come al solito una bella, desolata e larga strada, abbiamo deciso di fare una piccola deviazione verso Sedona.
Questa è una graziosa cittadina basata sul turismo e in cui fanno meta famiglie di turisti, camperisti e campeggiatori.
Qui consigliamo di fare una capatina alla Sedona Chapel che si trova su uno dei promontori della zona raggiungibile sia in macchina che a piedi. Da qui si gode di una bellissima vista sul paesaggio circostante, sulle limitrofe montagne rocciose rossissime e sulla piccola Sedona.
Il posto chiude alle 17 di sera (in gennaio quanto meno).
Guai a tardare perché il guardiano non ci penserà due volte a ricordarvi che è ora di chiusura e quindi di togliersi dalle scatole in tempi rapidi. La zona oltre l'ora di chiusura è sbarrata, per cui in auto è proprio impossibile accedervi.

Lasciata Sedona ci siamo rimessi in macchina e abbiamo dormito nei pressi di Williams, una cittadina che si trova sulla famosissima Historic Route 66.

La mattina siamo arrivati freschi freschi in macchina al Grand Canyon National Park (entrata 25$ per auto). Fino al mese di aprile è possibile accedere al parco anche con mezzi privati, mentre nel periodo di alta stagione si può accedere solamente in autobus.
Non neghiamo che questa cosa non ci sia dispiaciuta affatto. L'essere autonomi per vedere questi luoghi non è niente male.
L'unica pecca dovuta al periodo è l'arietta fresca e pungente che in gennaio è praticamente d'obbligo beccare, anche se dobbiamo ammettere che tutto questo freddo noi non l'abbiamo poi patito tanto. Ovviamente eravamo ben equipaggiati, altrimenti sarebbe stata tutta un'altra storia, del resto siamo pur sempre oltre i duemila metri di quota.

Grand Canyon cosa fare e vedere viaggio USA panorama - what to see and do travel

Il Grand Canyon si può visitare su entrambi i lati. Il South Rim è quello più accessibile e turistico mentre il North Rim è più selvaggio e meno affollato. Nel periodo invernale la parte nord è chiusa ai visitatori quindi noi non abbiamo avuto bisogno di scegliere. Se qualcuno volesse visitare entrambe le sponde sappia che la distanza tra i due è di "appena" trecento chilometri.


Dopo quindi le due parolacce di fila all'unisono e uno straordinario stupore davanti a cotanta maestosità della natura, una volta ripresi dallo stupore, richiusa la bocca e essersi un minimo abituati, abbiamo deciso di compiere in macchina il giro che la mappa (che ci hanno dato all'ingresso) consigliava di fare. Potete trovare copia del materiale che ci hanno consegnato a questo indirizzo.


Ci sono diversi itinerari da compiere, in macchina e a piedi. In prima battuta abbiamo deciso di fare un giro di perlustrazione in macchina e poi eventualmente quello che ci ispirava di più da fare a piedi. Ogni tappa è stata meravigliosa, era impossibile non scattare foto a raffica.


Il maestoso canyon che ci ha offerto uno spettacolo di colori in continuo cambiamento, si snoda per circa 480 chilometri da un estremo all'altro, per una media di sedici chilometri in larghezza e 1800 metri in discesa fino al punto più profondo. A pensarci su, sono davvero cifre impressionanti considerando i tempi che ci possono essere voluti all'acqua per costruire questi paesaggi incredibili.
Il Grand Canyon infatti è un'immensa gola creata dal fiume Colorado nell'Arizona settentrionale. È lungo 446 chilometri circa con una larghezza variabile dai 500 metri ai 27 chilometri.


Con la luce forte della mattina non è stato facile fotografare e comunque le foto non riescono a rendere merito al posto; danno forse un'idea, ma è davvero difficile poter racchiudere in qualche pixel la bellezza di questo posto. Qualcosa di simile lo abbiamo provato anche qui, alle cascate di Iguaçu.


Il fiume Colorado in quasi due miliardi di anni (no, dico! 2.000.000.000!) grazie alla sua azione a quella dei suoi affluenti, hanno eroso strato dopo strato i sedimenti del gigantesco altipiano che si era formato a causa del sollevamento del Colorado Plateau. Pare però che non ci sia una teoria consolidata e autorevole sulla formazione del Grand Canyon. La sua grande profondità e in particolare l'altezza dei suoi strati (la maggior parte dei quali formata sotto il livello del mare) può essere attribuita all'innalzamento di 1500-3000 metri della placca del Colorado. (Fonte Wikipedia)


Terminato il giro in macchina abbiamo deciso, a causa del freddo e delle giornate corte invernali, di non intraprendere un itinerario a piedi e di farci un giro e rifocillarci nei villaggi del parco.

Infine abbiamo completato il giro seguendo la strada denominata "Desert View" (circa quaranta chilometri) che porta ad uno dei migliori (secondo noi) punti panoramici: la Watchtower da dove si può godere delle luci del tramonto che calano piano piano su queste montagne; se già di per sé rosse, si tingono di ogni tonalità: dall'ocra, all'arancione, al rosso fino al viola. Anche questo luogo a gennaio resta chiuso dalle 17.


Nello scrivere questo post devo ammettere che ho ancora qualche piacevolissimo brividino nel ripercorrere il nostro cammino e rivedere questi posti così sconfinati, indimenticabili e straordinariamente magici.

P.S.: portatevi un binocolo! Ne vale veramente la pena. Frotte di turisti con noi sono morti d'invidia. ;-)


Ovvero l'ariosto di casa de no'artri per intenderci.
E due precisazioni:

1) lo so che non è di stagione, sarebbe stato meglio pubblicarlo a settembre o ottobre, ma i tempi del blog son questi, la ricetta aspettava da mesi e grazie ai poteri del Web uno se la può salvare e utilizzare nel periodo giusto. Tanto lei non scappa.

2) Mi sono arrovellata a pensare: "Ma come lo etichetto sto misto spezie? Non è una salsa, non è una confettura, può essere una conserva? Del resto la sua funzione è proprio quella di conservare le spezie primaverili ed estive il più a lungo possibile no? Okay, gli appiccico l'etichetta "Confetture e conserve", vada per questa opzione e poi nel caso si vedrà."

Misto spezie erbe essiccate per insaporire i cibi preparazione ricetta facile - Come fare in casa l'ariosto per cucinare - mixed herbs to cook recipe

Misto spezie di casa per insaporire

Preparazione: 60 min.Cottura: nessunaRiposo: 45 giorni
Porzioni: - Kcal/100 g: manco a chiederselo! FREE!
Ingredienti:

  • Rosmarino
  • Salvia
  • Alloro
  • Basilico
  • Maggiorana
  • Timo
Per la versione base sono quelli che ho appena elencato poi si può scegliere anche di aggiungere origano, ginepro e/o aglio.
Preparazione:

Semplicissima, non vi spaventate per la lunghezza del testo, cerco solo di spiegare bene.
Nel pieno della vegetazione delle piante, che siano in vaso o in terra, raccogliere generose quantità di tutte le spezie. Per pieno della vegetazione intendo nel momento più rigoglioso: se la pianta è troppo indietro non avrà ancora i profumi completi, se troppo avanti sarà troppo tardi. Il periodo in cui si raccolgono qua in montagna va all'incirca da agosto a settembre.

Le quantità sono piuttosto a occhio, in questo momento occorre metterne da parte il più possibile poiché durante la pulitura, essiccazione e ricontrollo potremmo perdere parte del materiale. Intanto raccogliamo e poi vediamo.

Lavare, pulire e asciugare accuratamente le foglie.
A questo punto ci sono due strade:
1) La prima è quella di dotarsi di un buon essiccatore, seguire le istruzioni ed essiccare il tutto.
2) La seconda è quella di appenderle in mazzi a testa all'ingiù o adagiarle su delle grate di plastica (tipo cassette) e lasciare seccare all'ombra, in un luogo secco e arioso. Per esempio una soffitta aerata, una veranda coperta (dove non tira vento altrimenti volano via) o una stanza vanno benissimo. Le spezie non vanno coperte. Più l'ambiente è secco meglio è ovviamente.
Controllare l'essiccazione ogni tanto e se ve ne fosse bisogno girare le foglie o agitare le cassette.

Una volta che è tutto secco (con la seconda strada può passare anche un mese e mezzo) controllare accuratamente le foglie e pulirle da eventuali rametti, parti annerite o danneggiate.
Per verificare l'essiccazione, con una mano provare a spezzare le foglie, se saranno ben secche tenderanno a sbriciolarsi senza praticamente opporre resistenza.
Il mazzetto di spezie che si vede dietro al barattolo per esempio è ancora molto indietro come essiccazione, anche se si vede che ha perso il caratteristico colore verde acceso delle foglie appena strappate.

Tritare tutto con un mixer o con un pestello.
Il grado di tritatura è a piacere, c'è chi preferisce vedere certi pezzettini interi e chi vuole proprio una polverina. Gusti.

Si può anche decidere di aggiungere del sale al misto spezie per conservarlo ancora meglio. Noi non lo mettiamo.
Se ben fatto, ossia completamente disidratato, questo insaporitore dura a lungo, anche diversi mesi.

N.B.: è molto difficile indicare le dosi esatte soprattutto al momento del raccolto perché il risultato finale dipende dalla ricchezza di vegetazione della pianta, dal risultato dell'essiccazione e dalle parti eventualmente scartate. Posso sicuramente dire che se dovessi suggerire delle proporzioni direi:

Salvia 2: Rosmarino 2: Basilico 2: Alloro 1: Maggiorana 1: Timo 2

Non mettiamo né erba cipollina, né prezzemolo.
Sì invece ad aglio, origano e ginepro a seconda delle preparazioni.
Note:

Un consiglio: preparate diversi vasetti, sperimentate con differenti dosi di spezie e trovate quella che preferite anche a seconda delle pietanze in cui verrà impiegato il misto spezie per insaporire.
Questa versione è buona con patate arrosto, pollo, vellutate eccetera.
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Un sacchettino di cranberries secchi (all'apparenza veri e propri rubini) portati in Italia dal nostro viaggetto da almeno tre settimane mi guardavano e mi chiedevano come li avrei usati. Niente di più ovvio: cookies! Cookies con cioccolato bianco, mirtilli rossi secchi e noci.

Biscotti al cioccolato, noci e mirtilli ricetta buonissimi - White chocolate, cranberry and walnut cookies recipe

White chocolate, cranberry and walnut cookies

Preparazione: 15 min.Cottura: 15 min.Riposo: nessuno
Porzioni: 20 biscotti circa Kcal/biscotto: 120 circa
Ingredienti:

  • 75 g di burro
  • 50 g di zucchero semolato
  • 50 g di zucchero di canna
  • 150 g di farina 00
  • 1 uovo
  • 1 cucchiaino di estratto di vaniglia
  • 100 g di cranberries (mirtilli rossi) essiccati
  • 80 g di cioccolato bianco
  • 20 g di gherigli di noci
Preparazione:

  1. Una volta ammorbidito a temperatura ambiente il burro, mescolarlo con i due zuccheri sino ad ottenere una crema.
  2. Unire poi l'uovo e l'estratto di vaniglia continuando a mescolare.
  3. Setacciare la farina e unirla a poco a poco alla crema e infine aggiungere 80 g di cranberries, il cioccolato bianco sminuzzato col coltello a pezzetti (in alternativa le gocce di cioccolato bianco vanno benissimo) e poi le noci tritate grossolanamente.
  4. Accendere il forno a 180 °C in modalità ventilata.
  5. Prendere con un cucchiaio poco impasto alla volta e adagiarlo su una teglia rivestita con carta forno schiacciandolo leggermente. Cospargere i biscotti con i mirtilli rossi tenuti da parte.
  6. Infornare per 10-15 minuti sino a che non saranno dorati.
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Sono una goduria!
Non avrei mai smesso di mangiarli e nel latte freddo o con un buon cappuccino sono il massimo! :-)


E siccome sono stata di poche parole posso rubarvi altri tre secondi e consigliarvi di ascoltare questa canzone? Giusto il tempo di un clic, poi potete fare altro mentre la ascoltate. E' la canzone del viaggiatore, anzi dello zonzolone... niente di più azzeccato e bello. Io non riesco mai ad ascoltarla senza poi sentirmi piena di vita, fortunata e straordinariamente di buonumore.
Buon ascolto! :-)



Noleggiata una macchina a San Diego, lasciamo la California in direzione della nostra seconda tappa: Phoenix, capitale dell'Arizona.

L'Arizona è il sesto Stato degli Stati Uniti per estensione territoriale di cui ben l'85% è gestito dalla Pubblica Amministrazione racchiudendo parchi, deserti, foreste e gigantesche riserve.
Il territorio è davvero molto vario, si va da zone desertiche con dune di sabbia finissima, a distese saline, a foreste, montagne rocciose, infiniti altipiani e ancora deserti con arbusti e piante grasse.
Il clima è davvero cocente in estate, mentre gli inverni sono miti motivo per il quale le guide generalmente consigliano di visitare la zona proprio da gennaio a maggio.


Nel lungo tragitto da San Diego a Phoenix la strada è larga, straordinariamente larga e praticamente sempre dritta per chilometri e chilometri. Alla tremenda noia della guida immobile e invariata delle strade americane si contrappone il mutevole e stupendo paesaggio che attraversiamo: montagne rocciose, vere e proprie dune di sabbia, distese infinite di tratti desertici costellati di arbusti bassi e rinsecchiti.
Sul nostro lato destro costeggiamo il confine con il Messico. Un muro alto e scuro (non ne capiamo il materiale) segna chilometro dopo chilometro la linea di separazione fra questi due Stati.
I problemi di immigrazione e di traffici illeciti sono all'ordine del giorno, immaginiamo quindi che sia questo il motivo di questa lunghissima barriera.

La durata del viaggio è di circa sei ore.
Phoenix ci accoglie con una distesa di sprawling urbano beige davvero impressionante; una vastissima area è infatti ricoperta da basse casette (e ville nella maggior parte dei casi) circondate da giardini di piante grasse. Noi proseguiamo per il centro, ma a dire il vero la città è composta da più città per cui non si parla di Phoenix ma di Greater Phoenix, non si parla di "centro città" ma di "Downtown".

Dopo un viaggio in macchina del genere è sempre un piacere sgranchirsi le gambe passeggiando fra le strade della città. Lasciamo quindi le valigie in albergo, aggiustiamo l'orologio per il cambio di fuso orario che l'Arizona ha (inoltre attenzione: l'Arizona è l'unico Stato degli Stati Uniti continentali nel quale non si osserva l'ora legale) e partiamo alla scoperta di Phoenix.

Ecco qualche immagine sparsa della città:

Cosa fare e vedere a Phoenix in Arizona USA - Visit Phoenix what to see and to do

Per gli amanti dell'arte si può visitare il Phoenix Art Museum, il museo di arte moderna dove si trovano fra le tante opere anche quelle di Claude Monet e Diego Rivera. L'entrata è di 10 $ ma il mercoledì dalle 15 alle 21 c'è la possibilità di visitarlo gratuitamente.


E poi c'era questo aggeggio qua sotto. Sulla nostra guida non abbiamo trovato niente a riguardo. Qualcuno sa cosa è, a cosa serve, o cosa simboleggia?


Chi ama l'architettura poi non può non visitare il "Taliesin West", dimora e studio di Frank Lloyd Wright, architetto di fama mondiale famoso più che altro per la "Casa sulla cascata".
Per raggiungerla occorrono circa quaranta minuti di auto dal downtown di Phoenix.
Purtroppo non è possibile non solo entrare ma neanche visitare la zona che circonda il complesso se non si è muniti di biglietto. A dire il vero infatti non è possibile nemmeno avvicinarsi. Numerosi cartelli obbligano a rimanere ad una certa distanza dall'edificio; l'unica parte "visitabile" sono il negozio di gadget e la biglietteria. L'entrata costa 32 $ e il tour guidato dura circa novanta minuti.


Per chi ama conoscere o approfondire la storia dei nativi americani un interessante museo è lo Heard Museum, mentre se si è curiosi di vedere più da vicino la vegetazione tipica del deserto si può visitare il Desert Botanical Garden.

A proposito proprio di piante desertiche vale la pena spendere qualche parola sul cactus più famoso e particolare al mondo: il Cactus Saguaro, unico nel suo genere, rappresentato come il cactus per eccellenza nell'immaginario collettivo del Far West.
Questo cactus cresce esclusivamente nel deserto di Sonora (nel Nord America), nel Sud dell’Arizona e in Messico. E' semplicemente magnifico!


Alcuni versanti delle montagne limitrofe a Phoenix sono ricoperte da questi cactus che hanno la particolarità di avere una crescita lentissima. Basti pensare che per raggiungere la prima ramificazione occorrono più di settant'anni!
Alcuni esemplari sono davvero enormi e possono raggiungere anche oltre i dieci metri di altezza.
Questa pianta ha la capacità di trattenere grandi quantitativi di acqua che cadono durante le sporadiche piogge. Grazie alle sue radici superficiali riesce a captare acqua per un notevole raggio intorno a sé.
Proprio a causa della scarsità di acqua, della lenta crescita e del suo ridotto aerale di sviluppo questo cactus è considerato una specie a rischio di estinzione ed è quindi stato dichiarato specie protetta.


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